Modena

“Metti l’autunno”: li chiamavano “Gli amanti di Modena”

Domenica 20 ottobre alle 17 al terzo piano di Palazzo dei Musei incontro pubblico con i ricercatori che hanno svelato il sesso dei due scheletri sepolti a Modena mano nella mano

MODENA – Gli autori delle ricerche che hanno determinato il sesso (maschile) dei due scheletri sepolti mano nella mano ritrovati dieci anni fa a Modena, racconteranno il loro lavoro in un incontro che si svolgerà domenica 20 ottobre alle 17 al terzo piano di Palazzo dei Musei. Federico Lugli, dell’Università di Modena e Reggio Emilia, con Antonino Vazzana e Stefano Benazzi dell’Università di Bologna, presenteranno gli esiti delle loro ricerche pubblicate su importanti riviste scientifiche, che hanno avuto grande risonanza internazionale. L’appuntamento è a partecipazione libera e gratuita.

La tomba della coppia di scheletri sepolti mano nella mano fu ritrovata a Modena nel 2009 tra viale Ciro Menotti e via Bellini, parte di una necropoli di età tardoantica (V-VII sec. d.C.). Il cattivo stato di conservazione dei resti non aveva reso possibile determinare il sesso dei defunti e, in relazione alla loro esposizione nell’ambito del festival filosofia del 2013 sul tema “Amare” furono detti “Gli amanti di Modena”.

Nel Dicembre 2017 la pubblicazione di una ricerca coordinata dall’Università di Brighton (UK) ha rivelato la possibilità di determinare il sesso di resti scheletrici utilizzando una metodologia, alternativa al Dna, basata sull’analisi di una proteina presente nello smalto dentale. Nei laboratori di Scienze Chimiche e Geologiche di Unimore e del Dipartimento Beni Culturali dell’Università di Bologna, i ricercatori hanno riprodotto e perfezionato il metodo applicandolo a campioni dentali dei cosiddetti “Amanti di Modena”.

Sepolture doppie di uomini sono documentate dalla preistoria all’età moderna. Generalmente si tratta di guerrieri deposti con le loro armi, ma talvolta la connotazione militare è assente e pertanto risulta difficile comprendere il legame tra i defunti. Nel tardoantico e nell’alto medioevo, seppur raramente attestate, sono note tombe di due defunti di sesso maschile composti con i corpi a contatto (fianco a fianco, le braccia incrociate, le teste inclinate in modo che gli sguardi si incrociassero) Questo rituale, di cui non sono ancora state chiarite le origini e le motivazioni profonde, è diffuso soprattutto tra VI e VII secolo in ambito merovingio dell’Europa Centrale e Settentrionale e corrisponde alla presenza di vincoli famigliari o di gruppo sociale stretti, anche se diversificati (congiunti, guerriero-scudiero).

L’importanza del ritrovamento della sepoltura modenese con i due scheletri spinse Soprintendenza e Musei civici di Modena ad avviare un progetto di restauro e valorizzazione della sepoltura. Nel 2013 in occasione del festival filosofia sull’Amare, al Laboratorio di Antropologia e Dna antico dell’Università di Bologna si eseguì la ricomposizione dei frammenti ossei e l’integrazione di parti mancanti. Dal 2014 la tomba è esposta ai Musei civici al terzo piano di Palazzo dei Musei in largo Sant’Agostino a Modena.

Per favorire la corretta divulgazione delle ultime scoperte, sono già stati organizzati, su input del Servizio comunale Promozione della città e turismo, incontri di approfondimento con guide e operatori turistici, curati da Silvia Pellegrini, archeologa dei Musei, e con ricercatori di Unimore e Università di Bologna.

Programma e informazioni sui Musei sono online (www.museicivici.modena.it).

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Pubblicato da
Roberto Di Biase

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