“Il tema delle demenze, che nella nostra regione interessa circa 74mila persone, e oltre 100mila se si considerano anche i familiari che se ne prendono cura, è sicuramente uno degli ambiti nel quale sviluppare ancora di più l’integrazione socio-sanitaria- ricorda l’assessore alle Politiche per la salute, Sergio Venturi-, come prevede il nuovo Progetto regionale demenze. L’obiettivo è consolidare la rete, diffondere le buone pratiche e assicurare la migliore qualità della vita possibile: ai malati e ai familiari”.
I servizi per le demenze senili in Emilia-Romagna (dati 2015)
Sono state complessivamente 11.416 le persone a cui, nel 2015, è stata diagnosticata una forma di demenza senile (11.513 nel 2014); per altre 5.133 persone sono emerse condizioni di rischio, non necessariamente destinate a evolvere in demenza. In costante aumento le prime visite specialistiche: 23.090 lo scorso anno (+ 8% rispetto al 2014); 14.500 le consulenze specialistiche rivolte ai familiari delle persone colpite (tra psicologiche, assistenziali, legali e ambientali). Le terapie farmacologiche hanno riguardato 12.140 persone (2.281 in più rispetto al 2014).
Da Piacenza a Rimini sono 61 i Centri per i disturbi cognitivi e demenze delle Aziende sanitarie (nuova denominazione stabilita con delibera di luglio 2016), presenti in tutti e 38 i distretti sanitari. Sempre lo scorso anno, sono state organizzate 16 iniziative formative che hanno coinvolto 738 medici di famiglia. Complessivamente, sono state 67 le attività formative in tutta la regione, cui hanno partecipato 1938 operatori.
Cinquantacinque i “Caffè Alzheimer” (frequentati da circa 2.200 persone all’anno) che offrono stimoli cognitivi e occasioni di socializzazione; 356 le iniziative formative e informative che hanno coinvolto 5.800 familiari. Cinquantadue i gruppi di sostegno e di auto-aiuto attivi in Emilia-Romagna.
Il nuovo Progetto regionale demenze: interventi omogenei e più integrazione
La rete di assistenza in Emilia-Romagna è consolidata e articolata su un modello caratterizzato da una forte integrazione socio-sanitaria (in estrema sintesi, le Aziende sanitarie lavorano in collegamento con enti locali, volontariato, familiari): un’esperienza, questa, nella presa in carico della persona e nell’aiuto alle famiglie, che ha rappresentato un contributo importante nella stesura del primo Piano nazionale demenze.
L’impegno, ora, è di andare verso una sempre maggiore integrazione tra i servizi e tra i professionisti, per dare più omogeneità agli interventi su tutto il territorio: è quanto prevede il nuovo Progetto regionale demenze. Il ruolo chiave è quello del medico di famiglia, primo riferimento per riconoscere i primi segnali della malattia e intercettare le situazioni a rischio, con una particolare attenzione anche alla comunicazione della diagnosi, nel rispetto dei bisogni – e delle fragilità – della persona.
Nel nuovo Progetto regionale viene definita inoltre la composizione minima dell’équipe dei Centri per i disturbi cognitivi e demenze: medico (geriatra e/o neurologo), infermiere, psicologo, che devono assicurare il collegamento con l’assistente sociale e con la rete dei servizi distrettuale, comprese le associazioni dei familiari. I Centri garantiscono una diagnosi approfondita, interventi farmacologici che possono ritardare la progressione dei deficit cognitivi, consulenze specialistiche e, in collaborazione con enti locali e associazioni, iniziative formative, attività di informazione e socializzazione.
Il Piano dà inoltre grande enfasi agli interventi psico-sociali (non farmacologici) sia per i pazienti che per i famigliari o cargiver (le persone che si prendono cura dei pazienti), e agli interventi “a bassa soglia” nelle fasi iniziali della malattia: per contenere e ritardare il più possibile le conseguenze della malattia e per insegnare ad affrontarla, la Regione sta incentivando l’avvio di Centri di incontro (meeting center), al momento sperimentati a Bologna, Rimini, Riccione.
Per favorire, infine, una maggiore integrazione tra i servizi e i professionisti, i Centri per i disturbi cognitivi e demenze potranno avere sede anche all’interno delle Case della salute, punto di riferimento del territorio per l’accesso alle cure primarie.
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