A Macfrut si è parlato delle opportunità di investimento nei mercati arabi

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Nella seconda giornata di Macfrut (giovedì 15 settembre) si è parlato anche di digitalizzazione e innovazione nell’agroalimentare, l’Agroinnovation tour, il convegno sulla sostenibilità, l’asparago, i workshop dell’Informatore Agrario, il summit di Arefhl, Apofruit

generiche-1-macfrut 2016RIMINI – Quali opportunità di mercato e quali caratteristiche per entrare nei mercati arabi? Nella seconda giornata di Macfrut (giovedì 15 settembre) è stata presentata la certificazione halal per la filiera agroalimentare necessaria per conoscere le tendenze e le abitudini alimentari dei paesi di cultura musulmana.
Il mercato dei paesi arabi è importante: la crescita dell’economia dal 2004 al 2014 è stata del +188% per l’Arabia Saudita, +174% per gli Emirati Arabi Uniti, +552% per l’Iraq, +561 % per il Qatar, solo per citarne alcuni.
Investire nei paesi arabi significa favorire un potenziale scambio commerciale in almeno 22 paesi geograficamente poco distanti dall’Italia e va considerata la tendenza demografica della popolazione di fede musulmana che, secondo l’Onu, incrementerà fino a diventare un terzo della popolazione mondiale nel 2025. Al momento sono 164 milioni in India, 20 milioni in Cina, 20 milioni in Russia e quasi 2 milioni in Italia.
Chi considera di espandersi in quest’area o avviare degli accordi commerciali, deve però tener conto degli eventuali accordi dell’Italia con i paesi dell’ara del Golfo e con quelli dell’area Euromed, della doppia imposizione fiscale previsti in alcuni paesi, delle condizioni socio-politiche, della fede e cultura araba e delle prescrizioni islamiche alimentari, secondo cui vi è una distinzione tra cibi leciti, non leciti e sospetti e in questo ultimo caso va osservato il digiuno, oltre ad altre prescrizioni e distinzioni.
Le tendenze mostrano che i consumatori che richiedono il cibo con certificazione halal (che tradotto in italiano significa lecito) sono aumentati del +7 per cento nel 2016 a fronte di un + 1 per cento del 2013.
L’halal è in aumento anche in Europa per via della tendenza vegetariana, e quindi l’internazionalizzazione deve tener conto anche delle caratteristiche dei consumatori i quali sono sempre più attenti, soprattutto quelli di fascia di età inferiore ai 30 anni, e tener conto della riscoperta della fede nelle pratiche alimentari e delle persone che praticano la fede musulmana che vivono in altre aree geografiche del mondo.
All’halal si aggiunge un’altra certificazione, Toyyibalan, che deve tener conto ed essere garante di: buono, pulito puro e etico.
I dati sono stati forniti da Raimondo Schiavone per la Camera di Commercio Italo Araba, e da Annamaria Aisha Tiozzo per Whad, World Halal Development, che si occupa della diffusione, commercializzazione e distribuzione della certifcazione per il cibo di cultura islamica per i paesi arabi e nel mondo.

Agroinnovation Tour: Il nuovo ruolo del consulente tra innovazione e digitale
L’82% dei consulenti (tecnici, agronomi, agrotecnici, periti agrari) quotidianamente utilizza internet per la propria attività, il 32% usa i social media (25,7% Facebook e 16,5% LinkedIn) a supporto dell’attività di consulenza. Sono questi i risultati della seconda edizione della ricerca Image Line – Nomisma Agroinnovation Tour – Il nuovo ruolo del consulente tra innovazione e digitale, presentata oggi al Macfrut: ne emerge un profondo cambiamento del modo di lavorare del consulente che diventa una figura sempre più digitalizzata.
I consulenti utilizzano il web (80,5% computer; 13,9% smartphone e 5,6% tablet) principalmente per consultare siti internet, banche dati e per scambiare informazioni con i colleghi. Tra le informazioni più ricercate ci sono gli aggiornamenti normativi e di settore e ancora informazioni su tecniche colturali, nuove varietà e trattamenti, mentre le App più scaricate sono quelle che riguardano meteo e segnalazioni normative.
Questa indagine, condotta nel periodo luglio-agosto 2016 su un campione di 728 consulenti in agricoltura sull’intero territorio nazionale (appartenenti alla community Image Line o raggiunti tramite i loro ordini professionali), conferma come i consulenti ritengano la tecnologia un alleato fondamentale per l’aumento delle proprie conoscenze professionali.

Ma la sostenibilità dell’ortofrutta si può misurare?
Ma la sostenibilità si può misurare? Cosa si intende per prodotto sostenibile e come lo percepisce il consumatore? A queste domande ha offerto una panoramica di possibili risposte e di strumenti di analisi, il convegno organizzato da CCPB, presentando una serie di strategie atte a certificare la sostenibilità del prodotto. In primo luogo l’LCA (Life Cycle Assessment), metodo internazionale già affermatosi da anni, per valutare il ciclo di vita di un prodotto. La variabile tempo – è stato più volte sottolineato – è fondamentale nella valutazione di cibo sostenibile. Inoltre la percezione di sostenibilità per l’industria differisce spesso significativamente da quella del consumatore e questo è un elemento che deve aiutare l’azienda nella scelta di strategie comunicative efficaci.
Al consumatore non bastano più qualità e prezzo, esiste un nuovo parametro al quale un segmento del mercato si sta dimostrando sempre più attento: la sostenibilità, che diventa un driver sempre più fondamentale per l’acquisto di un prodotto. Di qui l’importanza di poterla certificare. L’EPD dichiarazione ambientale di prodotto valuta diversi indicatori di impatto ambientale come l’emissione di gas serra, il consumo di acqua, tossicità del suolo e dell’acqua.
Il carbon footprint e il water footprint, ovvero l’impronta della Co2 e quella idrica sono due strumenti che forniscono informazioni e possono essere utilizzati nella comunicazione verso il consumatore. Lo studio della biodiversità del suolo e la misurazione del carbonio accumulato nel suolo possono costituire altre strade interessanti per raggiungere un buon livello di sostenibilità, aiutando le aziende a migliorare le proprie performance ambientali.

generiche-2-macfrut-2016Digitalizzazione e innovazione 4.0: come cambia l’orizzonte dell’agroalimentare
Oggi più del 65% degli acquisti avviene online e le opportunità del web continuano a crescere: perché non applicarle anche all’ortofrutta? Se ne è parlato nel convegno Digitalizzazione e innovazione 4.0 – Come cambia l’orizzonte dell’agroalimentare dove è stato presentato il progetto Agro Food Chain, sviluppato dalle aziende cesenati Onit, CRPV (Centro ricerche produzione vegetali) e Linxs. Si parte con un rilevamento dei dati tecnici dei terreni che vengono successivamente studiati tramite software specifici: in questo modo si ottengono soluzioni e processi studiati ad hoc per ogni impresa. L’obiettivo è quello di creare un’industria 4.0 caratterizzata da una produzione automatizzata e connessa che aiuti a ridurre i costi ed aumentare produttività e qualità dei prodotti.
“Sostenere l’innovazione tecnologica è fondamentale – ha detto Alvaro Crociani, responsabile CRPV – ma ricordiamoci di ragionare con un approccio di sistema che valuti nuove figure lavorative e tecnologie all’interno del sistema produttivo. Solo in questo modo possiamo abbattere gli ostacoli di cultura e linguaggio che ci impediscono di utilizzare al meglio il web”.

L’asparago chiede spazio
L’asparago ha ampi margini di crescita, però gli serve più visibilità. Occorre farlo diventare di moda. In Italia se ne consumano solo 2,3 kg pro-capite all’anno, pari allo 0,52% degli acquisti annuali di ortaggi delle famiglie. L’esperto Luciano Trentini ha affrontato questi temi a Macfrut durante un convegno dedicato a questa referenza.
“In Italia si coltivano 5500 ettari – ha aggiunto Trentini – e siamo al 9° posto al mondo nella classifica dove il podio è costituito da Cina, Perù e Messico. In Europa siamo al terzo posto dopo Germania e Spagna. Il 50% della produzione nazionale è in Puglia, specialmente nella provincia di Foggia, poi in Veneto e Campania. Nel 2016 le rese sono state inferiori alla media quindi i prezzi sono aumentati. Al livello mondiale assistiamo a una produzione che, dopo alcuni anni di crescita, nell’ultimo biennio si è assestata”.
Oltre agli aspetti commerciali sono stati affrontati alcun aspetti tecnici, come quelli del diserbo. L’uso dei diserbanti non è ammesso durante la fase di raccolta dei turioni, che si protrae per molte settimane. L’alternativa è data dal trattamento tecnico di pirodiserbo presentato dall’azienda Mingozzi. I risultati delle prove sperimentali hanno dato ottimi risultati, fornendo una buona soluzione anche in caso di coltura biologica.

Workshop Informatore Agrario: cimice asiatica e moniliosi
Nello spazio Meeting curato da L’Informatore Agrario, si è fatto il punto sulla lotta alla cimice asiatica. Dopo un 2015 con forti attacchi, replicati nel 2016, non si può parlare di una sola soluzione, ma di una strategia integrata di lotta. Fra queste, il parassita Trissolcus halymorphae, già introdotto con un certo successo negli Stati Uniti e Svizzera. Ad affrontare il tema è stato Pier Paolo Bortolotti del Consorzio fitosanitario di Modena, il quale ha sottolineato che l’elevata polifagia della cimice asiatica (Halyomorpha halys) la rende una tra le specie aliene più difficile da contenere. Non esiste un’unica soluzione, è stato ribadito; occorre integrare lotta biologica a quella chimica e soprattutto a azioni di prevenzione, all’uso di piante esca e di reti monofilare.

Gianni Ceredi, tecnico di Apofruit, è intervenuto sulla prevenzione della moniliosi delle drupacee. “Negli ultimi anni – ha detto Ceredi – i monitoraggi hanno evidenziato la presenza sempre più preponderante di Monilia fructicola rispetto a Monilia laxa e Monilia fructigena. Le azioni di lotta e prevenzione dovrebbero tenere in considerazione di questi cambiamenti, debitamente supportate dalla ricerca e dalla sperimentazione”.
Sempre validi i consigli di togliere dalle piante le “mummie” (in gergo i frutti ammuffiti) e gestire la potatura in modo da non lasciare nella pianta zone d’ombra con microclimi umidi. Sul fronte chimico, esistono miriadi di composti più o meno efficaci ma, se si potesse eliminare o almeno limitarne l’uso, gli agricoltori sarebbero più contenti. Se non altro per un problema di costi, nonché di salubrità.

Il summit di Areflh
Allargamento della rendicontazione delle spese per il personale alle società aderenti alle Op (Organizzazioni di produttori) che non hanno la veste giuridica di cooperativa; possibilità da parte delle Aop (Associazioni di organizzazioni di produttori) di costituire un fondo di esercizio e predisporre un programma operativo alla stregua delle singole Op; innalzamento dall’attuale 0,5% all’1% della percentuale del fondo di esercizio destinata al finanziamento dei ritiri di mercato per la distribuzione gratuita di ortofrutta agli indigenti. Sono alcune delle richieste di modifica alle norme applicative dell’Ocm (Organizzazione comune di mercato) ortofrutta emerse oggi nell’incontro organizzato al Macfrut di Rimini da Areflh, l’organismo al quale aderiscono 21 tra le più importanti regioni produttrici e 19 tra Aop e Op di sei Paesi europei, presieduto dal giugno scorso dall’assessore regionale all’Agricoltura dell’Emilia-Romagna, Simona Caselli. Oltre all’Italia, rappresentata sul versante istituzionale appunto da Emilia-Romagna, Piemonte, Basilicata e Provincia autonoma di Trento, della “rete” europea fanno parte importanti realtà associative di Francia, Spagna, Belgio, Portogallo e Grecia.

Apofruit: specializzare la gamma
Il ‘prossimo futuro’ per Apofruit, che ha dato appuntamento a Macfrut a soci, clienti e fornitori, è già adesso e ha il nome di specializzazione. Il convegno ha focalizzato l’attenzione sui percorsi di aggregazione e di specializzazione intrapresi dal Gruppo e sui recenti progetti innovativi. Acquisire specializzazione su tutta la gamma di prodotti presenti nel paniere di Apofruit consente di creare valore in ortofrutta – è stato sottolineato – obiettivo per Apofruit perseguibile attraverso l’eccellenza qualitativa, la politica di marca, l’innovazione e la segmentazione, oltre allo stretto legame con il territorio.
Tra gli esempi illustrati quello del progetto fragola, un prodotto che dopo anni di crisi ha riconquistato una prospettiva interessante, il progetto Uva senza semi, il progetto piccoli frutti, ultima novità del Gruppo nonché sfida avvincente anche per la delicatezza del prodotto.
“La specializzazione non ha limiti – ha dichiarato il direttore generale di Apofruit Ilenio Bastoni – e uno dei nostri obiettivi è quello di svilupparla costantemente, sia nel biologico, dove abbiamo raggiunto un alto livello di specializzazione, sia in tutti i nostri progetti innovativi”.

Info Macfrut
Macfrut è organizzato da Cesena Fiera e si svolgerà a Rimini Fiera nelle giornate 14-15-16 settembre 2016, orario 9.30-18.00.
Info: www.macfrut.com