RIMINI – L’Amministrazione comunale si unisce al cordoglio del mondo della cultura italiano per la scomparsa di Ettore Scola, maestro e gran signore del cinema del nostro Paese, che ha saputo raccontare con ironia e lucidità la nostra storia recente. Prima attraverso i film sceneggiati (“I mostri” e “Il sorpasso”, entrambi di Dino Risi, “Io la conoscevo bene” di Antonio Pietrangeli) e poi attraverso quelli diretti (“C’eravamo tanto amati”, “Brutti sporchi e cattivi”, “Una giornata particolare”, “La famiglia”, “Concorrenza sleale”), solo per citarne alcuni, Scola ha composto la biografia collettiva del paese, ha ritratto, a volte con feroce sarcasmo a volte con malinconica indulgenza, le virtù ma soprattutto i vizi di una generazione travolta e tramortita dalla modernizzazione.
Come in una di quelle sceneggiature sapientemente scritte dove amarezza e ironia si mescolano, il saluto della città ad Ettore Scola arriva nel giorno in cui Rimini celebra il 96esimo anniversario della nascita di Federico Fellini, suo grande amico fin dai tempi del settimanale satirico il “Marc’Aurelio” e le cui vite e carriere si intrecciarono ripetutamente. Uniti anche dal legame, a volte contrastato, con la nostra città, che oggi si stringe attorno alle figlie, Paola e Silvia, ricordando ancora con gratitudine l’impegno del padre come presidente della Fondazione Fellini tra il 2001 e il 2003. Una vicenda che ebbe anche risvolti amari, ma che non ha mai cambiato i sentimenti di amicizia che hanno legato il Maestro campano a questa città, dove fu ospite nel 2013 in occasione della festa per i 90 anni di Sergio Zavoli. Vi partecipò, con la solita straordinaria generosità, con parole di affetto per una città che ha sempre amato e con cui allora si riconciliava, presentando il suo ultimo film, “Che strano chiamarsi Federico”.
Il suo ultimo film, un omaggio all’amico riminese e a una certa idea di cinema, ha regalato al numeroso pubblico accorso al Teatro degli Atti alcuni momenti di commozione indimenticabile. Emozione che torna prepotente oggi, consapevoli che l’amarcord all’amico-Maestro rappresenta anche una sorta di suo straordinario testamento.