LA SCHEDA (a cura degli organizzatori)
“… Dicer del sangue e de le piaghe…”
Questo canto potrebbe agevolmente essere rubricato come “trionfo della morte”, vista la rassegna di mozzati e deformi, quasi una dilatazione, nella dimensione dell’eterno, di quelle famigerate “corti dei miracoli” dove venivano relegati storpi, ciechi, malati inguaribili e derelitti d’ogni specie. A dominare, quindi, un’estetica dell’orrido ai limiti dell’osceno, un “gusto” studiatissimo per il dettaglio intriso di una fisicità orripilante e degradata, una sorta di “macello” ove, con la crudezza di una perizia necroscopica, sfilano, smembrati, personaggi inquietanti. La scelta retorica, fin dall’esordio del canto, del topos dell’indicibile (Chi porìa mai pur con parole sciolte / dicer del sangue e de le piaghe a pieno / ch’i’ora vidi, per narrar più volte?) innesca una sorta di ricerca del “chi?”sarebbe in grado di dar conto di questo spettacolo della morte. A ciò il Nostro aggiunge l’inopia linguistica e la limitata attitudine della mente umana ad abbracciare così vasta quantità e varietà di elementi (Ogne lingua per certo verria meno / per lo nostro sermone e per la mente / c’hanno a tanto comprender poco seno). Va da sé che protasi e apodosi irreali che seguono (S’el s’aunasse ancor tutta la gente […]d’aequar sarebbe nulla / il modo della nona bolgia sozzo), scegliendo l’iperbole delle più spaventose carneficine belliche, fanno sì ch’essa funzioni quale modello “minore”rispetto a quanto sfila alla vista di Dante e che l’ “auctor” vuole venga rappresentato al lettore, quasi prolessi, in attesa di contemplare inorridito il sangue grondare copioso dalle piaghe del male. Siamo dunque nel territorio situato a metà fra tragico e macabro. La stretta associazione delle divisioni cittadine alle pene infernali si manifesta pienamente qui, nella bolgia dei seminatori di discordia. A questa sezione dell’Inferno sono dedicati l’intero canto XXVIII, che si apre sul tema del “sangue” e delle “piaghe”, e il primo terzo del canto successivo. Coloro che hanno diviso (Dante usa il verbo scommettere, da intendersi nel senso etimologico di “disunire”) sono loro stessi divisi, amputati. A due riprese, il senso del contrappasso è precisato dal rapporto stabilito fra le amputazioni sanguinose e le divisioni, inoculate come un veleno, in una comunità familiare, cittadina, religiosa.
Per il ciclo “DANTE 700”, in collaborazione con il Servizio Biblioteche e Archivi
Scarica il programma completo DANTE 700 Programma completo al link: https://cronacacomune.musvc2.net/e/t?q=3%3d2e0T7d%26p%3dQ%26o%3dV5X4d%26s%3dS7X%26y%3d8uOtI_svWp_46_vqTu_66_svWp_3AeHdCm2j7p9p.8sCvIi.6f.Dx_HRxT_RgHs4vGiI_svWp_3AgEs0_vqTu_661b6emDf_HRxT_Rg9.t8q_MUsQ_Xj3_svWp_49rFwqX%264%3dnPwLdW.r5u%26Dw%3dQ5dCW&mupckp=mupAtu4m8OiX0wt
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