Tre mesi senza stipendio lavorando nella Scuola Pubblica: una lettera per il Ministro dell’Istruzione
Egregio Ministro,
il Natale è passato e io quest’anno non ho potuto comprare regali per nessuno. Mancano pochi giorni alla fine del 2023 e le scrivo questa lettera per condividere con lei una riflessione. Ho 30 anni compiuti da poco, sono una supplente assistente amministrativa, il mio è un incarico a tempo pieno, 5 giorni su 7, iniziato ai primi giorni di ottobre. Oggi è il 28 dicembre, sono passati quasi 3 mesi, e io non so quando prenderò lo stipendio. Né io, ne’ tutte le persone che come me hanno contratti “brevi e saltuari” ma che di fatto possono proseguire per settimane e mesi.
Ad oggi non ho percepito un centesimo e la prossima rata che vedrò accreditata (a Gennaio?) sarà relativa alle competenze di ottobre 2023. E le altre mensilità? Non si sa. Di questo passo probabilmente a Febbraio/Marzo vedrò liquidate le mensilità di novembre e dicembre. Per di più il portale che noi dipendenti utilizziamo per consultare lo stato di pagamento delle rate è inaccessibile da settimane perché in manutenzione a causa (così si legge) dei continui accessi di chi come me spera ogni giorno di veder scomparire la frase “Risorse in corso di assegnazione dal MIUR”. Risorse in corso di assegnazione dal Ministero dell’ Istruzione e del Merito. E ricopro un incarico pubblico, per la Scuola pubblica, per lo Stato. Ci tengo a precisare che non si tratta di una responsabilità della Segreteria e della Dirigenza che, in linea con i propri adempimenti, autorizzano le rate nei tempi giusti.
Nel frattempo, io continuo a lavorare, a prestare servizio. E dopo il lavoro a scuola devo fare altro per permettermi di mangiare, pagare le bollette. Esco dall’ufficio alle 15:30 per incominciare un’altra attività dalle 16:00 alle 19:00. Passo i giorni a ripetermi di tenere duro, che questo servirà a qualcosa. Ma poi mi dico anche che non è giusto, che questa non è “gavetta”. Questo è un sistema indegno. La cosa peggiore è il fatto che quanto sta accadendo a me e a migliaia di persone non è una novità, viene considerata una cosa normale, una parte da accettare del sistema scolastico. I sindacati rispondono “E’ così. Non possiamo farci niente”. Gli stessi colleghi che ora sono ‘stabili’ dicono “porta pazienza”, “ci siamo passati tutti, non ti preoccupare” e invece mi fa solo provare un grande senso di frustrazione, rabbia e tristezza e – pur sapendo che non è lei Ministro la causa diretta di questa enorme falla – mi chiedo, anzi Le chiedo, ma PERCHÈ???
Ho trent’anni, una laurea, lavoro da quando ne avevo 20 e mi sono sempre impegnata in tutti i lavori che ho fatto adattandomi ad orari e mansioni diverse in settori diversi. Conosco il sacrificio. L’esperienza nel mondo della scuola l’ho intrapresa per scelta, perché mi piace quello che faccio e lo ritengo un buon lavoro per il mio futuro. Io non voglio rinunciare a un lavoro che ho scelto di fare, che nonostante tutto continuo a fare con interesse e serietà. Chiedo solo di essere retribuita regolarmente. E come me tante altre persone, giovani che sono o perlomeno dovrebbero essere risorse per questo Paese.
Ho trent’anni, ho progetti e desideri da realizzare e come tutti ho delle necessità, primarie, ma non solo. Quando mi sento dire di non preoccuparmi, che tanto gli stipendi prima o poi arriveranno, vorrei rispondere ‘ok, allora ci pensa lei, Ministro, e glielo chiedo con tono educato, a dire che per tutti i periodi di non retribuzione sono autorizzata a non pagare le bollette, ad usufruire gratuitamente del carburante per andare sul posto di lavoro e tornare a casa? Ci pensa lei a fare un permesso straordinario per permettermi di fare la spesa senza passare dalla cassa?’ Se fosse così allora sicuramente mi preoccuperei meno. Ma non sarebbe comunque giusto.
Le ricordo, ma non dovrei farlo, cosa cita la nostra Costituzione. L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.
So bene che il sistema difficilmente cambia e per questo sono amareggiata. Ma vorrei accendere un faro su questa situazione.
Giulia
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