Lettera congiunta di CONI, CIP, Enti di Promozione Sportiva dell’Emilia-Romagna

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Una road map per lo Sport. «La ripresa tenga conto dello sport come strumento di benessere psicofisico e nella sua valenza economica per il territorio»

BOLOGNA – È una lettera congiunta, a firma del CONI, del Centro Italiano Paralimpico e dei principali Enti di Promozione Sportiva della Regione Emilia-Romagna (Aics, CSI, Endas, PGS, UsAcli e Uisp), quella indirizzata a Stefano Bonaccini, che ha tenuto per sé, anche per il secondo mandato, la delega allo Sport, segno di particolare attenzione al tema.

«Partiamo dall’assunto, purtroppo spiacevole, per cui nel nostro Paese non trova ancora pienamente diritto di cittadinanza la visione dello sport come fattore non solo di integrazione sociale, ma anche come fattore di creazione di salute e sani stili di vita», si legge nella lettera. Un pensiero confermato dalla gogna popolare e mediatica cui, in questi mesi, sono stati sottoposti gli sportivi di tutti i livelli, additati «come irresponsabili mossi dalla volontà di attentare alla salute pubblica».

Invece, secondo il CONI, il CIP e gli EPS, ora più che mai è necessario vedere lo sport come strumento di prevenzione, addirittura di cura di alcune patologie, che non cessano di esistere, nonostante la presenza del Covid-19. Si pensi al diabete, all’ipertensione, all’obesità, tra l’altro fattori che aumentano il rischio di contagio. Il pericolo è quello di trascurarle e trascurarsi, portando ad un peggioramento dello stato di salute generale della popolazione.

Senza trascurare gli aspetti psicologici e sociali: quella dei firmatari della lettera è una «forte una richiesta di normalità», in un dibattito dove la voce dello sport manca. «Si discute di ripartenza di Serie A, Giro d’Italia, Formula Uno. Tutto legittimo: ma dobbiamo anche iniziare a considerare le ragioni dei bambini, dei ragazzi, dei disabili, degli amatori, dei dilettanti, dei professionisti e degli appassionati che fanno sport per la propria salute e per il bene della comunità. Pensiamo in particolare ai più giovani, a cui sono state sottratte in un colpo le relazioni scolastiche, le opportunità sportive, culturali, sociali, e pensiamo che questi ragazzi non hanno voci corali o rappresentanze associative in grado di far pesare le loro ragioni sui tavoli nazionali di trattativa», dicono i promotori della missiva. Che disegnano una road map in 7 punti per la ripresa:

1. In merito all’attuale regime di limitazioni in vigore, emanare FAQ o circolari interpretative, che aiutino a togliere dall’ambiguità le persone che provino a mantenersi in salute, pur volendo rispettare in toto le disposizioni vigenti (in particolare magari con una definizione più chiara di attività motoria permessa e del concetto di prossimità all’abitazione). In questo senso rimaniamo sempre dell’idea che lo sport solitario, lontano dai parchi e nel rispetto del distanziamento sociale e della eventuale necessità di DPI, dovrebbe avere in ogni caso diritto di cittadinanza (anche solo per evitare un sovraccarico fra un anno del sistema sanitario e territoriale per l’eccesso di sedentarietà della popolazione oggi).

2. In merito invece alla fase due, proponiamo che, nella riapertura delle attività, non si facciano discriminazioni fra discipline sportive in quanto tali, ma che si permetta a tutti gli sport di trovare forme e modi di allenamento e pratica, nel rispetto di norme generali che verranno emanate a livello nazionale, quali possono essere appunto il distanziamento sociale, il divieto di uso di spogliatoi, la sanificazione dei locali, l’uso di spazi all’aperto o altre misure che si riterrà importante implementare. (…)

3. In merito a quella che potrà essere chiamata “fase 3”, l’auspicio è che al più presto sia ripristinata la normalità per tutte le attività sportive: uso di impianti e spogliatoi, libertà di gioco e contatto fisico. A nostro avviso, in caso di nuove risalite dei contagi da covid-19, bisognerà concepire provvedimenti mirati, eventualmente su base geografica o per tipologia di attività o di utenza, ma che rivestano il carattere dell’eccezione, senza criteri universalistici di nuovo lockdown generalizzato.

4. Centri estivi, problema famiglie e accudimento dei figli in attesa della ripresa della scuola: occorre trovare la formula tecnica, organizzativa, normativa e di sicurezza igienico sanitaria adeguata a proporre soluzioni idonee. Il terzo settore tutto – con particolare riferimento al mondo sportivo – è in grado di contribuire ad eventuali tavoli di progettazione, nonché di gestione di nuove forme di servizio alle famiglie presso scuole, aziende, parchi, centri sportivi

5. Il problema delle idoneità medico sportive agonistiche: in questi mesi di stop la maggioranza delle certificazioni sarà scaduta e l’assenza della idoneità, unita alla lunga lista di attesa per ottenere una visita, renderà impossibile per molti atleti, giovani ma non solo, riprendere l’attività. Chiediamo di studiare fin da ora provvedimenti normativi od organizzativi che permettano di anticipare ed evitare il problema: in caso la proroga di tutti i certificati per decreto sia esclusa, sarà necessario trovare forme di mobilitazione di nuove risorse o strutture pubbliche e private da coinvolgere. Occorrerà prevedere la possibilità di avere la visita gratuita anche presso centri privati convenzionati, oppure ancora considerare l’ipotesi di rafforzare il personale interno dei centri di medicina dello sport pubblici.

6. Regole per vacanze sportive ed eventi: anche per questo tema, non chiedendo una riapertura tanto incondizionata quanto rischiosa, chiediamo che si possano avere regole molto chiare, tempi precisi, che si possa tenere in considerazione anche le ragioni di questa parte specifica dello sport, che impatta su turismo e settore alberghiero.

7. In merito ad altre misure che potrebbero essere sollecitate alle autorità nazionali, pensiamo che sarà opportuno fare sistema e cercare di evitare il più possibile il frazionamento delle risorse, con Ministero Sport, CONI e Sport e Salute che possono coordinare un tavolo di lavoro di tutti i soggetti che finanziano lo sport di base e sociale in Italia: massimizzando le risorse disponibili, con meno sovrapposizioni sulle medesime azioni.

L’occasione sarebbe del tutto propizia anche per ridefinire il ruolo dell’associazionismo sportivo mettendo mano e concludendo a breve l’iter parlamentare di riforma del sistema sportivo. Sarebbe poi interessante sul piano finanziario costituire con leva ICS e fondi a garanzia dello stato, plafond di finanza a tasso zero per esigenze di liquidità corrente e gestionale (non finalizzata a costruire nuovi progetti o nuovi impianti). Vediamo, infine, come necessaria una grande chiarezza e semplicità delle nuove norme nazionali, per evitare eccessi di burocrazia, distorsioni applicative sovraccarico di responsabilità indebite nella complessa fase di ripartenza del post emergenza.

L’auspicio del CONI, del CIP e degli EPS emiliano romagnoli è, dunque, che la Regione tenga in considerazione «le ragioni dello sport, che è anche motore economico ad alto impatto sociale, capace di produrre risorse che garantiscono occupazione a centinaia di migliaia di giovani, far girare un significativo indotto di servizi, nonché rappresenta un fattore fondamentale di coesione sociale, formazione giovanile, promozione di sani stili di vita e in ultima analisi quindi, di salute».