Il Comune di Bologna e la Cineteca festeggiano Ferragosto con un doppio appuntamento in Piazza Maggiore, nell’ambito di bè bolognaestate 2016. Lunedì 15 agosto, la serata si aprirà alle ore 21, quando sul palco sotto lo schermo saliranno i musicisti e i ballerini di filuzzi; poi, alle ore 22.15, la proiezione del film “Straziami ma di baci saziami” di Dino Risi concluderà la stagione 2016 di Sotto le Stelle del Cinema.
“La notte della filuzzi” è il progetto curato da Oderso Rubini che vede sul palco di Piazza Maggiore i musicisti dell’Osteria del mandolino – Domenico Celiberti (voce, mandolino, violino), Federico Massarenti (ocarina di Budrio), Antonio Stragapede (mandolino, chitarra), Nicolò Scalabrin (chitarra), Peppe Aiello (contrabbasso) e Marco “Visita” Marcheselli (organino bolognese), con la partecipazione straordinaria di Guglielmo Pagnozzi dell’Orchestra Gradisca (ance). Un viaggio tra valzer, polka e mazurka della nostra terra, un’occasione unica per danzare sotto e stelle, nel cuore della nostra città.
A ballare, coinvolgendo il pubblico nelle danze saranno invece Antonio Clemente e Loris Bini (polka chinata), assieme alla coppia formata da Alex Sabbioni e Alessia Gabusi, più volte vincitori dei campionati italiani di liscio filuzziano.
Alle ore 22.15, ultima proiezione del cartellone di Sotto le stelle del cinema, che dal 18 giugno ha presentato i grandi capolavori cinema in Piazza Maggiore: in programma Straziami ma di baci saziami, realizzato nel 1968 da Dino Risi, interpretato da Nino Manfredi e Ugo Tognazzi, film che chiude l’omaggio della Cineteca al maestro della commedia all’italiana per il centenario della sua nascita.
Lunedì 15 agosto, Piazza Maggiore
Musicisti
Osteria del mandolino
Domenico Celiberti (voce, mandolino, violino)
Federico Massarenti (ocarina di Budrio)
Antonio Stragapede (mandolino, chitarra)
Nicolò Scalabrin (chitarra)
Peppe Aiello (contrabbasso)
Marco “Visita” Marcheselli (organino bolognese)
con la partecipazione straordinaria di Guglielmo Pagnozzi dell’Orchestra “La Gradisca” (ance)
Ballerini
Antonio Clemente e Loris Bini (polka chinata)
Alex Sabbioni e Alessia Gabusi (liscio filuzziano)
in collaborazione con Gabusi Scuola di Ballo
La Filuzzi, musica essenzialmente strumentale, è l’interpretazione in chiave bolognese del ballo liscio, e si caratterizza per l’uso
Vanta alcuni grandi interpreti delle origini come Leonildo Marcheselli, Nino Bonora, Gino Atti, Il Quartetto Bolognese dell’Allegria e successivamente i giovani Romano Merighi, Ruggero Passarini, Raffaele Ramponi, Andrea Scala, Carlo Venturi e Marco “Visita” Marcheselli, figlio di Leonildo e conduttore da oltre 40 anni di uno dei programmi più longevi della radiofonia italiana, Il Ricciolone su Radio San Luchino.
Stiamo assistendo da un po’ di tempo al recupero culturale delle nostre tradizioni, e sembra che sia arrivato anche il momento della filuzzi, con la nascita di nuovi gruppi (Extra Liscio, L’Osteria del Mandolino, Orchestra La Gradisca, Mr. Zombie Orchestra) e la passione di giovani che vogliono imparare a ballare, ritrovando anche le proprie radici.
Da qualche anno bravissimi musicisti si stanno dedicando con passione al recupero delle nostre tradizioni popolari. L’intento non è quello del revival, ma piuttosto nasce dal desiderio di rivalutare e ricostruire un enorme patrimonio culturale (quello della musica ascoltabile e ballabile dalla seconda metà dell’Ottocento) cercando di innovarlo e modernizzarlo attraverso la composizione di brani originali e un attento uso degli strumenti, per cercare di coinvolgere e intrigare anche un pubblico nuovo: quello giovane.
(Oderso Rubini)
Si ballavano i “moderni”, sull’onda della moda portata dagli americani e, ovviamente, si ballava “alla filuzzi”.
Nelle sale da ballo si seguivano sequenze precise: tre pezzi e poi una pausa. Il “riposino” permetteva a suonatori e ballerini di rifiatare un attimo, e ai camerieri di servire qualche consumazione. Poi altri tre pezzi e un’altra pausa… e così via. I pezzi erano in sintonia tra di loro: tre valzer, tre mazurche e tre polche, poi si passava di solito al tango, che fa parte in qualche maniera del mondo della filuzzi.
Quando si parla di “filuzzi”, di solito si fa riferimento ai tempi del valzer, della mazurka e della polka. Ma i filuzziani inventarono anche una maniera propria di ballare il tango (La Cumparsita è il tango di riferimento per i filuzziani): questa maniera prevede di chiudere in battuta (unendo i piedi) alla fine della parte (quando ci sono le due note del casché). Il ballerino filuzziano ama le quadrature e fa di tutto per rispettarle o inventarle quando non ci sono.
Si ballava dappertutto, in locali dal nome spesso bellissimo: in periferia si ballava al “Cigno bianco” in via della Pietra, al “Drago verde” nei pressi della Ducati sulla via Emilia Ponente, al “Florida” (che era il CRAL dei tranvieri) in via del Saliceto, al famoso “Gatto nero” sotto il cavalcavia di San Donato, al “Quarto di luna” alla Pescarola, al “Verde luna” in via della Guardia sul fiume Reno, al “Vallereno” in Santa Viola, al “Ronzani” in via delle Lame, alle “Fonti” di Corticella, all’“Arizona” in via Mondo, al “Castello d’argento” in via Massarenti, al “Re di quadri” in via Agucchi, poi c’erano le “Colonnine” in via delle Scuole a Borgo Panigale, il “Pino solitario” di fronte all’Ospedale Maggiore, il “Tre di cuori” in via Speranza, il “Sandalo d’argento”. In via della Birra c’era l’“Ala Azzurra”, presso il Circolo Lorenzoni: questa sala esiste ancora, e ospita qualche scuola di ballo una delle quali ripropone aggi la filuzzi. In collina sorsero la “Fontanina” e la “Capannina” fuori San Mamolo e “Le fonti di Casaglia” a Casaglia. Una balera all’aperto in via Galletti era “La lucciola”, che ebbe grande successo. Ci furono “La cicala”, “Il pappagallo”, “La casina delle rose” gestita da Nino Lambertini. Vicino al Parco verde si ballava alla “Cricca”, mentre in via del Lino, presso lo stadio, si ballava al CRAL “Bastia”. Nei pressi dell’ippodromo, all’Arcoveggio, si ballava al “Poliski” e non si possono non citare la sala “Sirenella”, lo chalet dei Giardini Margherita, l’“Arsenale” a porta Castiglione… e la lista è tutt’altro che completa!
In centro si ballava al “Garden” di Gino Pardera a porta San Donato, dove oggi opera un autolavaggio che ha conservato il pavimento della sala; si ballava al “Settimo cielo”, in un palazzetto all’interno dei giardini della Montagnola. Il “Belletti”, appena fuori porta San Mamolo, fu uno dei primi locali che riaprirono le danze dopo la guerra. Si ballava all’“Oasi” in Strada Maggiore, al “Trocadero” in via Maggia, nel locale che oggi ospita la palestra del liceo Minghetti. Sotto al cinema Manzoni c’era il “Vallechiara”, particolare per avere una colonna al centro ed il pavimento in pendenza, così che fare il frullone (soprattutto quando si doveva fare in salita) creava problemi anche ai ballerini esperti; in piazza Malpighi c’era la “Terrazza Paradiso” (oggi è rimasta la terrazza, di fronte al portico di San Francesco, ma naturalmente non si balla più). Si ballava in sale dentro a palazzi (ad esempio Bentivoglio). Si ballava sopra al Cinema Ronzani, si ballava in via Rizzoli al “Migliorini”, in vicolo Broglio alla “Lanterna verde”, in via Altabella alla “Tavernetta”, in via Caduti di Cefalonia all’“Otto B”. Famosa era anche la “Tana del lupo” in via Santa Caterina, dove si è continuato a ballare alla Filuzzi fino agli anni Settanta.
(informazioni tratte dal sito lisciobolognese.it)
Ore 22.15
Straziami ma di baci saziami (Italia/1968) di Dino Risi (122’)
Il film è nato da una mia vecchia idea di fare un film sugli sciocchi cioè sul grande amore degli stupidi, di quelli che vivono citando i versi, non di Leopardi, ma di Mogol e Pallavicini, i grandi parolieri delle canzonette italiane. Il film era disegnato molto bene, con un finale straordinario. C’era anche la parodia del Dottor Zivago, della scena della slitta. Bello era anche il suicidio dei due innamorati quando vogliono morire sui binari della ferrovia. Era una storia d’amore vissuta da due poverini. Era un tipo di comicità diversa dal solito, più filtrata, meno evidente, meno volgare. Lo straordinario di questo film era che si poteva leggere in due modi diversi, infatti il pubblico sofisticato si divertiva alla deformazione consapevole che noi avevamo fatto; il pubblico semplice invece prendeva la storia per buona, si commuoveva e piangeva.
(Dino Risi)
Trovai questa volta, come sempre con Age e Scarpelli, una sceneggiatura perfetta, bellissima. Anche Risi credeva molto in questo film. Ho potuto dare molto di me stesso perché ritirai fuori, in un certo senso, un umorismo di stampo paesano. Poi c’era questo ambiente delle canzonette, che mi piaceva molto e che conoscevo bene. Fui anche una specie di consulente. Il film ottenne un grande successo di pubblico, e inaugurò un genere, ispirò delle imitazioni come Romazo popolare di Mario Monicelli e Dramma della gelosia: tutti i particolari in cronaca di Ettore Scola.
(Nino Manfredi)
In origine mi volevano affidare il ruolo interpretato da Manfredi, ma quando ho sentito parlare del sordomuto, ho detto che avrei fatto il film solo se avessi interpretato quella parte: era così divertente. La difficoltà consisteva nel dare al mio volto un carattere di maggiore ingenuità, qualcosa che in fin dei conti io non ho per niente. Allora abbiamo pensato a quella parrucca rossa che mi allargava il volto e gli dava un aspetto ingenuo: molte volte l’acconciatura aiuta a costruire un personaggio.
(Ugo Tognazzi)
Sotto le stelle del cinema
18 giugno – 15 agosto
Bologna, Piazza Maggiore
Sotto le stelle del cinema è una manifestazione promossa dalla Cineteca di Bologna nell’ambito di bè bolognaestate 2016
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