Si tratta di prestazioni non retribuite, svolta in favore della collettività tramite lavori di pubblica utilità presso uffici come il Settore servizi al cittadino, l’Ufficio relazioni con il pubblico, l’Ufficio tributi, il Piano Strategico, il Liceo Lettimi, i Musei Comunali o in alcune aree dei Lavori pubblici.
“Un’esperienza che in questi anni ha dato risultati più che positivi e che ci ha spinto a rinnovare per i prossimi tre anni la convenzione con il Tribunale di Rimini – dichiara l’Amministrazione comunale – ritenendo che la compartecipazione a lavori di pubblica utilità sia importante affinché la condanna non venga vista solo nel suo aspetto punitivo ma soprattutto in quello riabilitativo. Le attività svolte infatti hanno permesso di potenziare alcuni servizi valorizzando nel contempo le competenze dei singoli che hanno avuto la possibilità di conoscere dall’interno le peculiarità del lavoro pubblico sia da un punto di vista professionale che umano.”
Il rapporto inizia mediante un colloquio preliminare nel quale vengono valutate le capacità, le esperienze maturate, la formazione professionale e la disponibilità del condannato. Successivamente, definite le idoneità ed orari di lavoro presenti nei vari uffici comunali, avviene il rilascio della Dichiarazione di disponibilità dell’Ente all’accoglimento della domanda ad essere ammesso ai lavori di pubblica utilità.
In seguito all’emanazione della sentenza, nella quale il giudice stabilisce il periodo di condanna, viene redatto un piano di lavoro relativo alla destinazione e orario di impiego del condannato. Durante l’esecuzione dei lavori gli uffici verificano che le attività siano svolte in modo corretto e puntuale nonché siano raggiunti i risultati concordati.
Nel corso del 2016 sono state 14 le persone che hanno usufruito delle possibilità prevista dalla legge, mentre a tutt’oggi sono 7 le disponibilità rilasciate dagli uffici in attesa della sentenza. Per due persone è stato effettuato il colloquio preliminare.
La possibilità di svolgere la pena del lavoro di pubblica utilità, consistente in una prestazione di attività non retribuita in favore della collettività da svolgere presso lo Stato, le Regioni, le Province, i Comuni o presso enti o organizzazioni di assistenza sociale e volontariato che il giudice di pace può applicare su richiesta dell’imputato, è stata introdotta dall’art. 54 del D.L.vo 28 agosto 2000, n.274
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