REGGIO EMILIA – “Ridiamo di Faust, ma siamo Faust” (Enrico Pastore, Pane Acqua Culture). Sulla scia di questa lapidaria consapevolezza, il personaggio intramontabile e universale del dottore, creato dalla penna di Christopher Marlowe, bussa alla porta del nostro mondo, ponendosi come interlocutore sincero, profondo e diabolico (è il caso di dirlo) di una certa inquietudine che pervade l’identità del singolo e dell’intera bulimica società occidentale.
“Quali sono i tuoi desideri più profondi?”. Nella risposta a un simile quesito, inevitabilmente personale e decisiva, si gioca il destino dell’everyman Faust, nello spettacolo La tragica storia del dottor Faust, liberamente tratto dall’opera di Marlowe, prodotto da Fondazione Luzzati – Teatro della Tosse, che Giovanni Ortoleva (autore e regista, due volte invitato alla Biennale di Venezia) porta in scena sabato 14 gennaio alle ore 21 e domenica 15 gennaio alle ore 17 al Teatro Piccolo Orologio.
Una rivisitazione della storia dell’uomo che vendette l’anima al diavolo con Francesca Mazza, due volte premio Ubu come attrice, nel ruolo di Faust ed Edoardo Sorgente, giovane promessa del teatro italiano, in quello di Mefistofele. Scene e i costumi sono di Marta Solari, con l’assistenza di Maria Giulia Rossi; le musiche sono curate da Pietro Guarracino, le luci da Davide Bellavia, i movimenti di scena da Americo Musi.
La potenza inossidabile di questo personaggio “collettivo”, insieme alla fascinazione multiforme che da sempre esso esercita sulle arti e sulla letteratura (in una immaginaria linea senza soluzione di continuità che, dal teatro elisabettiano, attraversa i secoli, fino ai capolavori di Goethe e Mann e oltre), scardina i limiti angusti dello spazio e del tempo, parlando direttamente alla complessità del nostro oggi che, come all’epoca del celebre drammaturgo inglese, si misura con la portata e le conseguenze della sua stessa sete di vita e di potere.
La vicenda è celebre. Stufo della sua cristallizzata vita da studioso, il dottor Faust firma un patto col diavolo: se per ventiquattro anni Mefistofele esaudirà i suoi desideri, l’anima di Faust apparterrà per l’eternità a Lucifero. Ma che cosa vuole chi può avere tutto? E quali sono le conseguenze che lo attendono, alla fine del tempo? Lo scandaloso testo di Marlowe, rimasto incompiuto forse proprio a causa dell’accusa di profanità, si muove sul confine sottile tra due modi di intendere il teatro e il suo ruolo: da una parte la morality play medievale, e dall’altra il nascente teatro elisabettiano, dove costume e sottotesto filosofico divengono pretesto e strumento per mettere a nudo e interrogarsi sulla natura umana e ciò che la rende tale, senza tralasciarne le gloriose vette né le rovinose cadute.
Faust è un (anti)eroe ribelle, a suo modo, come ci ricorda il regista della pièce, Giovanni Ortoleva, che ha scelto di ricalcare questa non convenzionalità a partire dalla scelta dell’interprete di Faust, Francesca Mazza che, con la sua intensa interpretazione, libera questo personaggio sui generis dalle identificazioni statiche, consentendo al pubblico e agli artisti di “interrogare insieme l’identità di questo eroe fallico e amorale”. La visione che sottende l’opera si avvale poi della presenza scenica molteplice e sfaccettata di Edoardo Sorgente, nel sottile e umoristico ruolo di un “disincantato” Mefistofele.
Secondo Ortoleva, la consistenza tragica della vicenda umana di Faust sta nell’incapacità di rileggere la propria esperienza e prenderne le distanze: “Ho trovato una risonanza immediata con questo testo, probabilmente dovuta all’epoca in cui Marlowe lo iniziò a scrivere: un’epoca segnata come la nostra da cambiamenti profondi e strutturali, in cui qualcosa finisce e ci si interroga su cosa stia per iniziare. Faust è vittima di un inganno, convinto di poter diventare padrone degli elementi, e la sua vera colpa non è tanto di aver venduto l’anima, quanto il non riuscire a pentirsi del suo tragico errore, non riuscire a tornare indietro. Questi due aspetti del testo risuonano in modo forse anche troppo evidente nel mondo occidentale contemporaneo, intrappolato in un sogno di onnipotenza da cui non riesce a recedere”.
Ecco che l’opera abbatte i suoi stessi confini e si fa profondamente “politica”, come sottolinea nella sua recensione Raffaella Grassi (Secolo XIX), che parla di “humor nero, che provoca e destabilizza”. Il risultato è uno spettacolo “denso e profondo, una drammaturgia fatta di scritture diverse, poste e contrapposte, l’una dentro l’altra, e ciascuna capace di svelare dell’altra, come eco e specchio, un significato profondo e altrimenti sconosciuto” (Maria Dolores Pesce, Rumorscena).
INFO E PRENOTAZIONI
Biglietto mecenate: €20, per contribuire con una piccola donazione alle attività del MaMiMò
Biglietto intero €15, biglietto ridotto €13, soci MaMiMò €10
Per informazioni e prenotazioni: www.mamimo.eventbrite.it, biglietteria@teatropiccolorologio.com, www.mamimo.it, 0522-383178, dal lunedì al venerdì, 9:30-13:30 e 14:30-18:30 e nei giorni di spettacolo.
In scena sabato 14 gennaio alle ore 21 e domenica 15 gennaio alle ore 17 al Teatro Piccolo Orologio, in via Massenet 23 a Reggio Emilia
La tragica storia del dottor Faust, eterno specchio della nostra insaziabile sete di vita, tra ingannevoli sogni di onnipotenza
Uno spettacolo liberamente tratto dal genio di Christopher Marlowe, che, tra indagini su tensioni morali e quesiti eternamente attuali, porta in scena uno spaccato della nostra società occidentale, allora come oggi sospesa in un momento di passaggio e trasformazione identitaria.