Modena

La Macchina Modenese di Aldo Rossi (1931-1997)

Fino al 19 aprile al Laboratorio urbano aperto di Modena

MODENA – La Macchina Modenese di Aldo Rossi (1931-1997) torna nella città in cui e per cui è stata ideata e creata.

Fino al 19 aprile 2019, il Laboratorio urbano aperto all’ex Centrale AEM di Modena ospita l’iniziativa, a cura di Fausto Ferri, promossa dal Comune di Modena in collaborazione con Fondazione Cassa di Risparmio di Modena, Fondazione Modena Arti Visive – Galleria Civica e Laboratorio Aperto di Modena, che presenta l’imponente struttura progettata dall’architetto milanese, realizzata nel 1983 nell’ambito della mostra Aldo Rossi, opere recenti, allestita alla Palazzina dei Giardini.

L’opera “effimera”, l’unica di cui si ha notizia, ancora conservata, viene esposta, con l’allestimento di Giorgio Tavernari, negli spazi di viale Buon Pastore 43, dopo un intervento di manutenzione.

“Un’opera unica di grande interesse dai giacimenti culturali cittadini – sottolinea Gianpietro Cavazza, vicesindaco e assessore alla Cultura – viene riproposta all’attenzione e allo sguardo dei modenesi e di chi verrà a vederla”.

In occasione della mostra del 1983, che presentava una selezione di disegni, oli e acquarelli riguardanti il concorso per il Nuovo Cimitero di San Cataldo di Modena, vinto da Aldo Rossi e Gianni Braghieri nel 1971, prese corpo, all’interno della cupola seicentesca della Palazzina, una costruzione alta sette metri, realizzata per volontà dello stesso Aldo Rossi in legname da cantiere dipinto, che potesse restituire in modo chiaro il significato della sua architettura.

Accanto alla Macchina Modenese si può ammirare la gigantografia del disegno che servì per impostarne la costruzione, conservato nella Raccolta del disegno contemporaneo della Galleria Civica di Modena, oggi in Fondazione Modena Arti Visive.

La Macchina Modenese di Aldo Rossi si costituisce come una somma di elementi sovrapposti che attingono alla storia dell’architettura rivisitata da Rossi e alla memoria dei suoi progetti precedenti. “Nella planimetria – afferma l’architetto Gianni Braghieri nel testo introduttivo alla rassegna – si rileggono le tipologie a corte delle scuole di Fagnano Olona e Broni. La corte delle scuole diventa il grande edificio cubico scoperchiato che riprende e unisce i singoli setti che, in diversa e progressiva altezza e lunghezza, sono l’elemento centrale del nuovo cimitero di Modena. Alla fine della successione di questi elementi, una torre telescopica sostituisce il tronco di cono della ciminiera e diventa un omaggio alle pitture metafisiche delle piazze d’Italia di Giorgio de Chirico”.

Per Aldo Rossi, come sostengono tanti storici della disciplina, i monumenti romani, i palazzi del Rinascimento, i castelli, le cattedrali gotiche, possono infatti essere intesi come elementi dell’architettura. Si possono distruggere e ricostruire, ridisegnare o inventare, ma restano comunque “frammenti di una realtà sicura”.

Nella Macchina Modenese l’architettura della storia entra come parte sostanziale nella composizione dell’insieme progettuale, e le parti dell’edificio sembrano comporsi tra loro come parti autonome di uno stesso “coro”, in dialogo con gli avvicendamenti della storia.

Per l’occasione, Olivo Barbieri ha realizzato un reportage fotografico sulla Macchina Modenese, nel quale si evidenzia tutto il senso del modo di progettare l’architettura da parte di Aldo Rossi. Olivo Barbieri, isolando la “Macchina” dal contesto, ne restituisce plasticamente la valenza di tavole architettoniche attraverso la serie di immagini che la avvolgono e la attraversano. “Una costruzione di queste proporzioni – sostiene Olivo Barbieri – sembra esistere per essere osservata, studiata. Anche se però è lei che ci guarda, pone delle domande, interroga”.

LA MACCHINA MODENESE DI ALDO ROSSI

Ex Centrale AEM – Laboratorio urbano aperto

Viale Buon Pastore, 43 – Modena

Fino al 19 aprile 2019

Orari: dal lunedì al sabato, dalle 9.30 alle 18.00; domenica e festivi, 9.00-13.00

Ingresso: libero

Informazioni: tel. 329.6508154

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Pubblicato da
Roberto Di Biase

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