RIMINI – Sono state 87 le misure cautelari disposte dal Giudice per le Indagini Preliminari Sonia Pasini a conclusione delle indagini, condotte dagli operatori della Polizia municipale di Rimini e coordinate dalla Procura della Repubblica, sullo spaccio di sostanze stupefacenti in alcune zone della città.
L’operazione, che dalle prime ore di martedì mattina ha visto impegnati 115 operatori tra ufficiali e agenti di Pm, ha portato al fermo di quasi tutti gli indiziati sottoposti al provvedimento portando alla completa esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare e costituisce la naturale prosecuzione dell’operazione conclusa sempre dalla Polizia municipale di Rimini nel dicembre 2013 denominata “Kebab connection”. Allora furono 53 le persone che furono arrestate per spaccio di sostanze stupefacenti al termine d’un’intensa attività investigativa, caratterizzata dall’uso delle telecamere posizionate in città per la videosorveglianza.
Un’attività c
E’ stato proprio grazie a questa attività d’indagine diretta sul campo che è emerso un quadro inedito dello spaccio nella città dove emergevano nuovi soggetti dediti allo stesso tipo di reati che agivano, spesso in complicità, con gli indagati della prima operazione “Kebab”. Anche il territorio su cui svolgevano la propria attività criminale non riguardava più solo una zona della città ma si estendeva nel territorio comunale, suddiviso in aree d’influenza a seconda della regione d’origine del paese di provenienza della banda di spacciatori.
Mentre una zona di spaccio andava dal centro città fino al quartiere di Bellariva ed era prevalentemente sotto il controllo di stranieri provenienti dalla città di Tunisi, quella dal quartiere di Bellariva fino a Miramare, era prevalentemente presidiata da stranieri provenienti dalla regione tunisina di Sfax, così come una terza zona – quella di San Giuliano, Rivabella e Viserba – era territorio di spaccio di nord africani di varia provenienza. Tre gruppi quindi che, pur agendo in maniera autonoma, mantenevano comunque tra loro dei rapporti di scambio della sostanza stupefacente o degli stessi acquirenti, ed erano stati in grado di allargare l’attività di spaccio anche alle provincie di Ravenna e Forlì – Cesena.
Lo scambio di sostanze stupefacenti avveniva per lo più all’interno dei parchi cittadini o, per le zone più periferiche, tra le cabine della zona a mare. Luoghi più facili da indicare ed essere raggiunti dagli acquirenti che in molti casi giungevano da altre località. Un intenso commercio avveniva anche nei pressi della stazione ferroviaria e nei giardini prossimi alle vie e piazze più centrali. Un’azione criminosa in cui gli indagati erano supportati anche dalle proprie compagne-conviventi italiane.
L’attività investigativa ha anche consentito di individuare nel Bar Arcobaleno di Corso d’Augusto – oggi chiuso – un ulteriore luogo di incontro e di spaccio. All’interno del locale, nel piano superiore, alcuni clienti utilizzavano tale spazio sia per la preparazione dello stupefacente da cedere, sia per le transazione dello stesso.
I servizi di pedinamento hanno documentato che i soggetti sottoposti a indagine o usufruivano della dimora delle compagne o, per la maggior parte, di strutture ricettive quali residence e alberghi che periodicamente cambiavano al fine di rendere più difficoltoso il proprio rintraccio. Anche strutture abbandonate, come ex colonie o ex alberghi, sono stati utilizzati dagli spacciatori come ricovero.
Tutta l’attività d’indagine, che ha visto 69 linee intercettate con oltre 50.000 conversazioni telefoniche raccolte, 60.000 ore di registrazione audio, 3.000 ore di registrazione con video telecamere, 3.000 ore ascolto audio, 14 sequestri amministrativi, 10 arresti in flagranza, si è svolta sotto il coordinamento del Procuratore della Repubblica Dr. Paolo Giovagnoli e Dr. Marino Cerioni, Sostituto Procuratore della Repubblica.
L’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari Sonia Pasini compendia in oltre 1.500 pagine le motivazioni che hanno indotto a disporre le misure cautelari nei confronti degli indagati.
In particolare col provvedimento è stata disposta la custodia cautelare in carcere per 45 indagati (36 tunisini, 6 marocchini, 1 italiano, 1 palestinese, 1 albanese; in maggioranza già destinatari dello stesso provvedimento due anni fa); l’obbligo di dimora e divieto di uscire dalla abitazione nelle ore serali e notturne per 14 indagati (11 italiani, di cui 4 donne , e 3 albanesi); il divieto di dimora nel territorio provinciale per 27 indagati (in prevalenza marocchini e tunisini), l’obbligo di firma presso la Stazione Carabinieri per una indagata (italiana). 13 inoltre le denunce a piede libero e un minore deferito alla Procura della Repubblica per i minorenni, che portano così a 101 i soggetti complessivamente coinvolti dall’operazione “Kebab 2”.
“Queste sono quelle azioni – ha commentato il Sindaco di Rimini Andrea Gnassi nel corso della conferenza stampa a cui, oltre al Comandante della Polizia municipale di Rimini Fabio Mazzotti e al Commissario Maria Carla Tavella, che ha coordinato dal suo nascere l’operazione “Kebab 2”, hanno voluto essere presenti anche il Procuratore della Repubblica Dr. Paolo Giovagnoli e accompagnato dal suo Sostituto Dr. Marino Cerioni – in cui si dimostra che c’è uno Stato, che c’è un Paese che funziona. Per questo mi sento di rivolgere, a nome dell’intera collettività riminese, un encomio alla Polizia Municipale di Rimini: avete dato una dimostrazione di professionalità e di cosa è in grado di fare la Polizia Municipale. Oltre cento agenti uniti, motivati, che hanno dimostrando uno spirito di corpo straordinario. Vi ringrazio per quello che avete fatto e che state continuando a fare. Non solo per l’operazione di oggi ma per l’attività multiforme che portate avanti tutti i giorni a servizio della città.
Il tema della sicurezza e della protezione – ha proseguito il sindaco – coinvolge tutta la comunità e riguarda tutta la comunità. Ed è per questo che non sopporto quando lo stesso tempo diventa terreno di strumentalità di qualsiasi tipo. Le preoccupazioni degli italiani e dei cittadini riminesi sono molte rispetto a una criminalità aggressiva, organizzata, che si evolve e muta pelle più rapidamente di quanto riescono a fare i controllori. Ma la risposta non può essere solo quella degli inquirenti ma di una società intera se si pensa, cinicamente, che il fenomeno dello spaccio di droga continua a essere fiorente a causa di una domanda abnorme.
“Il traffico di sostanze stupefacenti è una piaga enorme, gestita da organizzazioni articolate contro le quali non basta più ‘l’eroe solitario’ ma serve un sistema di intelligence sinergico tra tutte le forze inquirenti, con il supporto delle tecnologie più avanzate. Come nel 2013, un ruolo decisivo nelle indagini lo hanno avuto i supporti tecnologici che hanno permesso di annodare i mille fili sparsi di una rete criminale che va oltre una zona della città ma si allarga a un territorio più vasto con ‘clienti’ provenienti da ogni parte della provincia. Kebab Connection è un intreccio di legami che ha nodi in diversi luoghi della città e del territorio riminese. Il fatto che la collaborazione tra Polizia Municipale, Polizia Giudiziaria e Procura di Rimini, al termine di un lavoro certosino e massacrante, sia stata la chiave per determinare questi risultati vuol dire semplicemente che solo l’accordo e la collaborazione tra istituzioni possono contrastare con efficacia una criminalità che ha tentacoli, mezzi e relazioni, e si muove su piani complessi.”
Parole riprese dal Comandante Mazzotti, che ha evidenziato come l’operazione “Kebab 2” sia stata svolta nel tracciato dei ruoli e dei compiti che la Polizia municipale deve avere e a cui “abbiamo dedicato risorse importanti, magari a scapito di altre ma perché abbiamo voluto far delle scelte. E queste scelte sono state premiate da questi risultati che ci riempiono di soddisfazione”.
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