PIACENZA – E’ rientrato martedì, dal viaggio in Bosnia vissuto insieme all’operatore della Caritas diocesana Alberto Rossi. Ma i pensieri e le emozioni di Lorenzo Basile, tra i partecipanti all’edizione 2016 di Kamlalaf, sono stati messi nero su bianco a Belgrado, a metà del percorso. Segue il suo racconto.
“Siamo giunti a Belgrado, la caotica capitale della Repubblica Serba. Dopo 8 giorni di viaggi e incontri il nostro contachilometri del Volkswagen 70 segna i 1665 km percorsi. Durante le varie tappe tra Croazia e Bosnia Erzegovina abbiamo avuto il privilegio di ascoltare testimonianze, conoscere progetti, visitare luoghi della complessa storia balcanica.
La nostra carovana ha potuto sostare presso l’orfanotrofio Dom Podorica di Zenica, non lontano dalla capitale Sarajevo. L’istituto, legato anche al territorio piacentino per il sostegno dato sia dall’associazione Fiorenzuola Oltre I Confini sia dalla Caritas diocesana, accoglie circa un centinaio di persone, tra bambini e adolescenti. Qui l’incontro lungo le vie di Zenica con i ragazzi e le donne, ci ha dato l’opportunità di cogliere come sia presente in loro il mito dell’altro. Estremamente consapevoli delle difficoltà ambientali, sociali e lavorative del loro territorio, gli occhi dei giovani si illuminano pensando all’Italia e più in generale all’Europa.
“Qui tutto va male” dice un diciasettenne. “Zenica è piena di fabbriche che avvelenano l’aria con fumi cancerogeni, chi investe qui pensa solo al proprio tornaconto personale e non alla collettività e non ci sono reali prospettive di cambiamento”. Questa visione pessimistica del presente e del futuro ci colpisce profondamente. “Ma perchè non fate qualcosa voi che siete consapevoli di queste difficolta?” prova a chiedere qualcuno istintivamente. “E’ inutile. Tanto qui non cambierà mai niente e allora tanto vale andarsene”. Con questo ragionamento umano e legittimo si allontanano dalla Bosnia forze giovani e menti vigorose. Questa rassegnazione si scontra con la capacità davvero rara per queste terre di saper vivere una vita normale di mescolanza e integrazione. Nella perdita degli affetti più cari, questi adolescenti hanno saputo costruire rapporti di amicizia e fiducia andando oltre le provenienze etniche o religiose.
Se i ragazzi di Zenica sognano per ora l’altrove, chi ha scelto di restare e rimboccarsi le maniche è la signora Ivanka. Tra i monti che circondano il paese di Fojnica, Ivanka produce latte e formaggi di qualità nel suo piccolo ma attrezzato laboratorio. “Durante la guerra degli anni ’90 e anche nei periodi successivi molte persone sono emigrate dalla Bosnia. La montagna e l’ambiente rurale sono stati gli spazi maggiormente colpiti, anche perché in questi luoghi è ancora più complicato trovare un lavoro e un sostentamento”. Ci spiegano Daniela e Kristina, operatrici tuttofare di Caritas Bosnia: “Grazie a vari contributi delle Caritas europee, siamo riusciti a sviluppare progetti di formazione, know-how, professionalizzazione che riguardano le attività agricole di questa zona. La signora Ivanka e altri abitanti della zona hanno scelto di partecipare e con dedizione e sacrificio portano avanti le loro microimprese”. Da queste parti non mancano certo luoghi naturalistici affascinanti. Il nostro gruppo ha potuto godere di alcuni giorni immersi nel verde, ospitati dalla comunità di Obojak. Anche tra i Balcani stanno nascendo alcuni progetti di turismo sostenibile e comunitario che valorizzano gli abitanti del luogo ospitante, dando loro un sostentamento ulteriore e la possibilità di guardare al turismo come fonte di sviluppo. Anche in questo caso meticoloso è il lavoro di Caritas Bosnia che tenta di scuotere queste terre in difficoltà.”