Piacenza

“In viaggio con Adele”, opera prima di Capitani al Bobbio Film Festival

Il regista: “Così abbiamo indagato il tema della diversità”

BOBBIO (PC) – Una commedia dolce, intelligente e divertente, sul tema della diversità: è stato “In viaggio con Adele” il film protagonista della decima serata, lunedì 5 agosto, del Bobbio Film Festival. Ospiti il regista Alessandro Capitani e la protagonista Sara Serraiocco che, nel dibattito conclusivo moderato da Anton Giulio Mancino, hanno portato alla luce, stimolati dalle domande del pubblico, aspetti particolari e curiosità sulla pellicola. La storia è quella di Adele, una ragazza non come le altre. Niente tabù o inibizioni. Veste con un pigiama rosa e orecchie da coniglio. Ed è sempre con il suo gatto immaginario. In giro sparge post-it con i nomi di quel che vede attorno. Aldo (interpretato da Alessadro Haber), un attore teatrale cinico e sul viale del tramonto, scopra all’improvviso di essere suo padre. Dirglielo o liberarsi della ragazza?

“Il mio primo colloquio per questo film? In collegamento con Alessandro via Skype da Los Angeles, in pigiama – ha raccontato Sara. “Quando l’ho vista, è stata una specie di ‘epifania’ – ha poi sottolineato il regista, alla sua opera prima con questa pellicola – Avevamo proprio pensato al pigiama e vederla così mi ha fatto pensare: secondo me è lei la nostra Adele. Poi tornata in Italia ha fatto il provino vero e proprio: è stata bravissima, e così l’abbiamo scelta”. La pellicola indaga il particolare rapporto tra padre e figlia ma, come accennato, anche il tema della diversità. “Per Adele ci siamo ispirati alla sindrome di Asperger, coinvolgendo ragazzi, quelli che avete visto nella casa famiglia, che hanno veramente questa sindrome – ha spiegato Capitani – “Abbiamo indagato il mondo della diversità e soprattutto della percezione del ‘diverso’, capovolgendo ad un certo punto ciò che è considerato normale. Aldo, alias Haber, il padre di Adele, diventa quello ‘strano’, mentre Adele, apparentemente quella più stramba, senza peli sulla lingua, ci appare alla fine come una figura che dice delle verità eccezionali, ‘sane’. La normalità è insomma una percezione, una questione di schemi”.

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Pubblicato da
Roberto Di Biase

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