Abbiamo intervistato la cantante che ci ha parlato nel dettaglio di questo progetto discografico che contiene otto brani dal repertorio jazzistico appartenti a nomi illustri come Arthur Altman, Herbert Martin, George e Ira Gershwin, Billy Strayhorn, Paul Quinichette, Thelonious Monk e Duke Ellington.
Come è nato il progetto I’m all Smiles?
“I’m all smiles è nato da un concerto fatto per Donne in Blues, una rassegna che si svolge in Romagna da parecchi anni e che vede sul palco molti progetti al femminile. Io, Fabio Petretti e Daniele Santimone concordammo un repertorio che affrontasse le varie declinazioni del blues e per la prima volta ci siamo esibiti insieme. Da lì è nata la collaborazione che ha portato all’incisione del disco”.
Hai lavorato con molta cura sull’arrangiamento dei brani: quali sono stati i punti che hai cercato di mettere in evidenza nei vari brani?
“Lavorare con la tradizione jazzistica americana per me significa studiarla con rispetto ma anche cercare di sviluppare nell’arrangiamento gli elementi che i brani stessi possono offrire. Ogni brano ha una sua anima e ho cercato di metterla in luce attraverso l’arrangiamento. Tutto questo si traduce in scelte musicali che dipendono dai gusti e dal background di un musicista, da come sente e vive quel determinato brano e anche da quei dettagli impalpabili che si creano all’interno di un gruppo, suonando e risuonando i temi, forti delle influenze reciproche che nascono dall’improvvisazione. Ho cercato di usare questi elementi in maniera pragmatica: li ho lasciati respirare e, al tempo stesso, ho voluto dare una direzione al lavoro che abbiamo operato sui singoli brani”.
Una formazione del genere mette di sicuro in risalto la melodia: come mai hai scelto di lavorare con un trio senza ritmica? e come hai utilizzato le potenzialità del trio con sassofono e chitarra?
Nel tuo percorso musicale, è molto presente anche l’aspetto divulgativo, penso ad esempio al progetto Vi racconto una Song che condividi con il pianista Michele Francesconi: questa attitudine si riflette anche nella rilettura degli standard che hai fatto per I’m all Smiles?
“Anche se condividiamo lo stesso repertorio – o, meglio, la stessa provenienza dei brani – in realtà il trio con Petretti e Santimone crea un’atmosfera un po’ diversa da quella del duo con Michele Francesconi. In entrambi i casi c’è una grande cura per l’arrangiamento, ma nel trio le voci sono tre e quindi ci sono forse più possibilità espressive. L’aspetto divulgativo entra in gioco quando io e Michele portiamo sul palco “Vi racconto una song”, una lezione concerto in cui siamo chiamati non solo a suonare e cantare ma anche a spiegare e raccontare la genesi di dieci canzoni. Lì è molto importante stabilire un contatto con il pubblico, che vuole conoscere i retroscena di quelle song. Dalla lezione concerto abbiamo poi estratto i brani che faranno presto parte di un disco e, in quel caso, predomina l’aspetto performativo. In generale, ritengo comunque importante stabilire un filo che unisca il performer al pubblico, questo filo può avere varie declinazioni. Ci sono artisti che non hanno bisogno di parole per spiegare la propria musica e altri che amano farlo. Dipende anche dalla musica e dal contesto”.
Come ultima domanda, uno sguardo al futuro. Il primo disco è un traguardo importante ed è allo stesso tempo un punto di partenza: quali sono i progetti che ti vedranno impegnata nel 2017?
“Prima di tutto, voglio promuovere I’m all smiles: vorrei portare questo progetto, sempre insieme a Fabio Petretti e Daniele Santimone, anche in regioni dove non ho mai suonato. Inoltre in primavera, come accennavo prima, uscirà anche il disco in duo con Michele Francesconi: l’abbiamo inciso e mixato a Milano e ne siamo molto contenti. Ho in cantiere anche un lavoro su Burt Bacharach, dove sono impegnata con un sestetto con tre fiati e ritmica. Naturalmente continuerò ad insegnare. E, proprio sul fronte della didattica, mi dedicherò anche ad un progetto insieme a Gianna Montecalvo, ma non posso dirvi di più al momento”.
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