Alle ore 11.15, nel giardino dedicato alle “Vittime delle Foibe”, alla presenza delle autorità civili, militari e religiose e delle associazioni d’arma, il Prefetto Corona ha tenuto un breve intervento, e a seguire il sindaco Paolo Lucchi ha deposto una corona d’alloro ai piedi della targa che indica l’intitolazione ai tanti italiani uccisi nei massacri avvenuti al confine istriano fra il 1943 e il 1947.
“Questa ricorrenza – sottolinea il Sindaco Paolo Lucchi – richiama alla nostra mente una tragedia immensa, che si consumò con ferocia disumana e che per troppo tempo ha rischiato di essere cancellata dal silenzio e dalla disattenzione. E invece necessario ricordare, conoscere, riflettere, è doveroso affinché gli orrori del passato non si ripetano più. Su questo ha ragione il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella: che ha dichiarato “Celebrare la giornata del Ricordo significa rivivere una grande tragedia italiana, vissuta allo snodo del passaggio tra la seconda guerra mondiale e l’inizio della guerra fredda. Un capitolo buio della storia nazionale e internazionale, che causò lutti, sofferenza e spargimento di sangue innocente. Mentre, infatti, sul territorio italiano la conclusione del conflitto contro i nazifascisti sanciva la fine dell’oppressione e il graduale ritorno alla libertà e alla democrazia, un destino di ulteriore sofferenza attendeva gli Italiani nelle zone occupate dalle truppe jugoslave. Dopo le stragi nelle Foibe i circa duecentocinquantamila mila profughi, che tutto avevano perduto, e che guardavano alla madrepatria con speranza e fiducia non sempre trovarono in Italia la comprensione e il sostegno dovuti. Ci furono, è vero, grandi atti di solidarietà. Ma la macchina dell’accoglienza e dell’assistenza si mise in moto con lentezza, specialmente durante i primi anni, provocando agli esuli disagi e privazioni. Molti di loro presero la via dell’emigrazione, verso continenti lontani. L’ideale di Europa è nata tra le tragiche macerie della guerra, tra le stragi e le persecuzioni, tra i fili spinati dei campi della morte. Si è sviluppata in un continente diviso in blocchi contrapposti, nel costante pericolo di conflitti armati: per dire mai più guerra, mai più fanatismi nazionalistici, mai più volontà di dominio e di sopraffazione. E, a questo proposito, anche nel Giorno del Ricordo valgono come monito le parole di Primo Levi, che, riferendosi alla Shoa, ha scritto ‘è avvenuto, quindi può accadere di nuovo’. Tocca a noi, tutti noi, ribadire con fermezza che ‘non deve accadere’.”.
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