Sono arrivato a Bologna a 16 anni per frequentare il Tanari e lì ho scoperto la mia vena artistica, grazie al professor Farinelli che è stata una figura molto importante per me. Il teatro, poi i primi dischi, il primo gruppo e il primo concerto.
Ci sono tornato adesso, è ancora là, uguale, splendida come testimone di nuove avventure.
Piazza Maggiore, suggestiva di notte e deserta, vuota, si è trasformata nel mio palcoscenico virtuale, speciale e set cinematografico magico per la scena di un film, il mio nuovo film che parte con ‘Una canzone d’amore buttata via’”.
Dopo il conferimento del Nettuno d’Oro, Vasco Rossi ha lasciato la sua firma sul Libro d’Onore degli Ospiti illustri della città.
Il Nettuno d’Oro è la più alta onorificenza conferita dal Sindaco del Comune di Bologna a partire dal 1974 a cittadini, istituzioni, aziende e associazioni che hanno onorato con la propria attività professionale e pubblica la città di Bologna. Il premio, assegnato con decreto del Sindaco, consiste in una riproduzione della statua del Nettuno posta sull’omonima fontana, uno dei simboli della città.
Di seguito le motivazioni del conferimento.
“Vasco Rossi nasce a Zocca, in provincia di Modena, il 7 febbraio 1952.
Scopre la musica da bambino, incoraggiato dalla madre Novella Corsi che lo iscrive a scuola di canto. Sulla musica del maestro Bononcini e le parole di Marengo, nel 1965, all’età di 13 anni, vince il concorso canoro “L’Usignolo d’oro” con la canzone “Come nelle fiabe”, commentando quella che potremmo definire la prima di una lunga serie di vittorie con la frase: “Mi sembra di sognare”. E la musica continuerà a farlo sognare anche nell’adolescenza, portandolo a fondare la sua prima band, i “Killer”, poi divenuti “Little Boys”.
Nel frattempo, già dall’adolescenza, inizia il suo legame con Bologna, quando dice no al collegio e si rifugia a casa di una zia, compiendo la scelta che nel tempo si rivelerà determinante per la sua carriera artistica.
Bologna lo accoglie, lo protegge e lo ispira.
Le persone che qui incontra accenderanno l’ultima miccia, quella che fa prendere il volo, fa esplodere il talento. Succede sui banchi dell’Istituto Tanari, dove Vasco Rossi arriva ogni mattina da Zocca: l’ora di italiano con il professor Italo Farinelli è ossigeno per aprirsi al mondo, acquisire capacità critica, non accettare ciò che viene imposto. Come Vasco Rossi dirà molti anni dopo, è quello “l’incontro più importante della mia vita”. Il 9 che il professor Farinelli dà al suo “Tema libero”, che contesta a suo modo la stessa idea di un tema senza un titolo, gli dà la conferma che con una penna in mano e la musica ad accompagnarlo, può fare magie.
Agli albori del successo c’è anche Punto Radio, che Vasco Rossi fonda con alcuni amici nel settembre del 1975: l’emittente è tra le prime private in Italia e la prima radio libera a ottenere una sentenza che abbatte il monopolio statale della radio di Stato. Nell’estate dell’anno successivo in Italia si contano circa 150 emittenti e lui ne rappresenta una controcorrente, i cui microfoni scendono per strada ad ascoltare le opinioni delle persone e dalle cui frequenze si cementa la passione per la musica italiana.
Anche stavolta Bologna fa la differenza perché è proprio all’ombra delle Due Torri che Vasco Rossi incontra le persone determinanti e i luoghi simbolo degli esordi della sua carriera: il suo primo produttore, Gaetano Curreri, col quale nello storico Studio A di Fonoprint nel 1977 registra il suo primo 45 giri (“Jenny”/“Silvia”), seguito dai suoi primi due album (“…Ma cosa vuoi che sia una canzone…”, nel 1978, e “Non siamo mica gli americani!”, nel 1979); Guido Elmi che da Colpa d’Alfredo rimarrà al suo fianco fino alla fine; le ore passate; Bibi Ballandi che organizza il suo primo concerto nel cuore di Bologna, in Piazza Maggiore, nel 1979. E le osterie: quarant’anni dopo, la fotografia di una serata a tavola con Gianni Morandi e Lucio Dalla è un cimelio inestimabile.
La pubblicazione nel 1981 del suo quarto album, “Siamo solo noi”, ritenuto un vero e proprio inno generazionale, lo consacrerà icona del rock italiano o (come lui stesso si è definito) “provocautore”.
Oggi come allora, la risposta del pubblico è straripante: in Vasco Rossi le persone trovano un portavoce capace di riportare stati d’animo condivisi, interpretandoli in prima persona sul palcoscenico o scrivendoli per altri artisti (un esempio fra tutti “…E dimmi che non vuoi morire”, che riceverà il premio della critica al Festival di Sanremo di quell’anno, il 1997).
La sua carriera è costellata di traguardi importanti (come i 10 dischi di platino per “Gli spari sopra” o il Premio “Tenco” per il miglior album dell’anno nel ‘98, “Canzoni per me”), di record di vendite e date puntualmente da tutto esaurito, che hanno segnato la storia della musica rock contemporanea e riempito gli stadi, fino al record mondiale di oltre 225.000 spettatori paganti in una unica data, al Modena Park nel 2017.
Essere la colonna sonora della vita di una persona è una capacità rara: Vasco Rossi lo è per milioni di persone e di diverse generazioni. Un artista infatti entra nella quotidianità di ognuno di noi diventandoci amico, talvolta una via di svago o di fuga. Questa forse è la dote che maggiormente contraddistingue Vasco Rossi: mostrarci quanta forza possa celarsi nelle parole che ci sono familiari, raccontando senza filtri ma con semplicità scenari di ogni giorno in cui le persone si riconoscono. Essere come tutti, distinguendosi fra i tanti.
Vasco Rossi a Bologna è di casa. Il suo legame con la città, dove ha scelto di vivere e dove ha sede il suo studio, non si è mai interrotto. La sua musica è tornata nel cuore di Bologna proprio poche settimane fa, alla fine del 2020, quando ha deciso di girare in Piazza Maggiore il video della nuova canzone in uscita il primo gennaio del 2021.
Crediti: Foto di Giorgio Bianchi per il Comune di Bologna
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