BOLOGNA – Con l’intatto fascino di scrigno d’arte tra i più preziosi che la città di Bologna possa vantare, sabato 30 maggio 2020 il Museo Civico d’Arte Industriale e Galleria Davia Bargellini raggiunge il traguardo del primo secolo di storia.
Ritornare alle origini della fondazione di questo luogo, incastonato nel seicentesco palazzo appartenuto alla celebre famiglia senatoria Bargellini che con il suo profilo monumentale scolpisce l’incrocio tra Piazza Aldrovandi e Strada Maggiore nel cuore del centro cittadino, significa ripercorrere un tracciato museografico lineare, che nel corso di cento anni non ha conosciuto significativi mutamenti di intenzioni dalla volontà del suo demiurgo, l’archivista e museologo Francesco Malaguzzi Valeri (Reggio Emilia, 1867 – Bologna, 1928). Ancora oggi, infatti, il visitatore che si aggiri per le sale espositive può fruire in gran parte dell’allestimento primigenio che l’ideatore aveva impresso ai due distinti nuclei patrimoniali che compongono il museo – la raccolta d’arti applicate e la celebre Quadreria Davia Bargellini – con l’illusione di visitare un sontuoso appartamento arredato del Settecento bolognese.
Studioso votato alla ricostruzione storica di opere e monumenti, impegnato nella salvaguardia e nella tutela del patrimonio artistico come funzionario di musei e soprintendenze, Malaguzzi Valeri fu tra i primi, nel panorama italiano tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento, ad avvertire il profondo nesso tra storia della cultura e storia dell’arte. Nel 1916 inizia a elaborare l’idea di istituire un “museo a sé delle arti decorative”, il primo con tale connotazione a Bologna, sull’esempio delle raccolte museali di arti industriali o arti applicate sorte in Europa nei decenni precedenti, come il Kensington Museum di Londra (1851), l’Österreichisches Museum für Kunst und Industrie di Vienna (1864) e, in Italia, il Museo Artistico Municipale Industriale di Milano (1878).
Fin da subito l’intento del fondatore si rivolge verso la raccolta in unico contenitore di prodotti che si sono salvati da continue dispersioni. Prende così avvio un’intensa attività di ricerca che lo porta a scegliere e raccogliere in prima persona gli oggetti di alta qualità da esporre in un nuovo progetto museografico fruibile almeno da un pubblico di conoscitori d’arte.
Nella fase di elaborazione del progetto, Malaguzzi Valeri è guidato da un principio metodologico che identifica i musei di arti decorative come luoghi deputati all’apprendimento del gusto e delle tecniche artigianali e artistiche, utili soprattutto per gli artisti decoratori, i maestri artigiani e gli allievi delle scuole professionali che lamentano scarsità di modelli e repertori d’invenzione a cui ispirarsi. Spazi quindi di raccolta delle testimonianze prodotte in questo settore lungo l’arco della storia, da ordinare senza tuttavia dover ottemperare al rigore esaustivo di un allestimento cronologico o per tipologia.
Il complesso di materiali che egli riesce ad aggregare per rappresentare l’arredo delle case della ricca borghesia e della nobiltà bolognese di un tempo – dal mobilio ai metalli, dai vetri alle ceramiche, dai tessuti ai legni lavorati, dai cuoi alle terrecotte – confluisce all’interno di quattro sale del Civico Museo d’Arte Industriale che viene inaugurato il 30 maggio 1920 al secondo piano di Palazzo Davia Bargellini, oggi come allora proprietà dell’omonima Opera Pia.
Avverrà nel 1924 il definitivo trasferimento in otto sale situate al piano terreno dell’edificio, dove oltre alla raccolta d’arte applicata sono accolti all’interno di un unico allestimento rievocativo “d’ambiente” i dipinti della prestigiosa Quadreria Davia Bargellini, in quella peculiare configurazione dei due nuclei patrimoniali originari fusi senza soluzione di continuità che, ancora oggi, contraddistingue il museo.
La raccolta eterogenea di materiale si schiude allo sguardo dello spettatore come un’unica, vastissima, antologia di arti decorative: ferri battuti; rami; bronzi ornamentali; cuoi impressi; chiavi; finimenti; maniglie per mobili; significative raccolte di vetri ceramiche; porcellane delle più importanti manifatture europee (Meissen, Ludwigsburg, Frankenthal, Hochst); un nucleo di cere di altissima qualità; campionari di carta da parati e da libri; stoffe e ricami; ventagli; argenti; ritratti in miniatura; tabacchiere; orologi smaltati; chiavette e quadranti a smalto di orologi dipinti a figurette (secoli XVIII-XIX); una serie di modellini per mobili e sedie in miniatura (secoli XVIII-XIX); statuaria in miniatura da presepe dei secoli XVIII-XIX. Ai nuclei appena citati, si può aggiungere un’ingente raccolta di preziose cornici intagliate e dorate (XVI-XIX secolo), molte ancora nell’assetto d’origine, con i corrispettivi dipinti.
Informazioni
Museo Civico d’Arte Industriale e Galleria Davia Bargellini
Strada Maggiore 44 | 40125 Bologna
tel. +39 051 236708
museiarteantica@comune.bologna.it
www.museibologna.it/arteantica
Facebook: Musei Civici d’Arte Antica
Twitter: @MuseiCiviciBolo
Informazioni su nuove modalità di accesso e misure di sicurezza per il contenimento della diffusione del COVID-19
http://www.museibologna.it/arteantica/documenti/102119
Orari di apertura
lunedì, mercoledì, giovedì chiuso
martedì, venerdì h 9.00-14.00
sabato, domenica h 10.00-18.30
martedì 2 giugno 2020 (Festa della Repubblica) h 10.00-18.30
Ingresso
gratuito
Istituzione Bologna Musei
www.museibologna.it
Instagram @bolognamusei
Civico Museo d’Arte Industriale Davia Bargellini, allestimento della prima sala, 1919 | Archivio Fotografico Musei Civici d’Arte Antica, Bologna
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