Paolo Roversi nasce a Ravenna nel 1947. Si innamora della fotografia all’età di 17 anni durante una vacanza di famiglia in Spagna, dove scatta immagini con la Leica prestatagli dallo zio. Al suo ritorno allestisce nella cantina di casa, una camera oscura dove passa intere notti a sviluppare i suoi primi scatti in bianco e nero. La passione per la fotografia cresce di giorno in giorno e ogni pomeriggio, dopo scuola, Roversi fugge nello studio del fotografo locale Nevio Natali, grazie al quale apprende i fondamenti della fotografia.
Prezioso sarà l’incontro con Peter Knapp, al tempo art director di Elle, il quale dopo aver visionato alcuni dei suoi scatti gli suggerirà di trasferirsi a Parigi. Detto fatto nel 1973 Roversi inizia la sua esperienza parigina, che si rivelerà fondamentale per la sua carriera artistica. Nella ville lumière inizia a muovere i primi passi nell’ambito della fotografia di moda, realizzando still-life di oggetti ed accessori e collaborando con le riviste Elle, Marie Claire, Depeche Mode … Tuttavia l’esperienza che gli permetterà al meglio di affacciarsi alla futura professione di fotografo di moda, è il ruolo da assistente, che ricopre per 9 mesi presso lo studio di Laurence Sackman. La consacrazione definitiva di Paolo Roversi, all’interno del fashion system, avviene nel 1980 quando firma una campagna pubblicitaria per Dior. Lo stesso anno scopre la pellicola Polaroid 8×10’’ (20×25 cm): Roversi è il primo fotografo di moda ad utilizzare questo particolare formato che definirà il suo inconfondibile tratto fotografico. Nel 1981 grazie all’affermazione professionale raggiunta trasferisce il suo studio fotografico all’interno di una palazzina situata su Rue Paul Fort nel XIV Arrondissement a Parigi, città dove vive e lavora ancora oggi.
Studio Luce, il nome dell’atelier fotografico, incarna la poetica di Roversi che trae la principale fonte di ispirazione dall’essenzialità delle opere del pittore Morandi, dal séntiment de la lumière di Nadar e dal “Libro d’ombra” di Tanizaki. Nella sua fotografia la narrazione è tra vuoto e pieno, buio e luce, opposti che sono sempre mantenuti su una linea sottile di ambiguità, giocata su contrasti irrisolti. La sua poetica è proprio l’arte della sfumatura, il riuscire a catturare la complessità di quello che ha davanti mantenendone le molteplici sfaccettature. Non si tratta di una fotografia che semplifica e dà risposte, al contrario la fotografia di Roversi lascia aperte le porte a molteplici interpretazioni e suggestioni. Nelle sue opere si fondono passato e presente rendendo ogni scatto eterno. La luce caleidoscopica che sembra colpire in modo casuale i soggetti rappresentati, è l’intenzionale pennellata dell’artista che traccia sfumature di una luce semplice, intensa, morbida, penetrante della sua memoria, frutto di echi e risonanze dell’infanzia trascorsa nella sua Ravenna. La fascinazione della linea sottile tra reale ed immaginato, è la linea di luce che separa il cielo dal mare e apre spazi ed orizzonti alla forza creativa dell’opera di Roversi.
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