“Il Fenomeno Laplante” 16 e 17 novembre a Reggio Emilia

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REGGIO EMILIAQuando nel 1909 Filippo Tommaso Marinetti diede alla luce il primo Manifesto del Futurismo, l’Italia si lasciò travolgere dalla sua ventata di freschezza, perché cavalcava i cambiamenti che già erano in atto nella società, declamava il mito della velocità e del dinamismo e soprattutto perché soffiava come un’opportunità. Poco importa che quasi tutti gli esponenti del movimento si arruolarono volontariamente durante la prima guerra mondiale: la guerra era uno strumento della modernità per rompere con il passato, e come ogni rottura doveva essere forte, audace. E veloce. Quando nel 1924 Edgar Laplante, in “arte” Cervo Bianco, sbarcò a Trieste, l’Italia si lasciò contagiare dalla sua personalità istrionica, dai suoi racconti epici e dalle sue cene sontuose, come se fosse un mago che la potesse guarire dalla mediocrità del suo presente. Poco importa che l’onorevole Matteotti fosse stato rapito e che sul regime fascista gravassero pesanti accuse di coinvolgimento nel fatto: il riscatto degli indiani d’America era anche il riscatto di una parte dell’Italia, che voleva uscire della paura e dimenticare un presente di incertezza e povertà in favore di una ricchezza effimera ma così vicina da potersi illudere di toccarla.
Il fenomeno Laplante – Lo strano caso del capo indiano fascista sarà in scena sabato 16, alle 21, e domenica 17 novembre, alle 19, presso le Officine Creative Reggiane in Via Gioia 4 (ingresso da Via Tonale). Lo spettacolo, prodotto da Fondazione Luzzati – Teatro della Tosse, è stato scritto da Maurizio Patella (finalista al premio “Shakespeare is now 2021” e al Premio Riccione per il teatro ‘21) e vedrà sul palco Luca Mammoli, Enrico Pittaluga e Graziano Sirressi del collettivo Generazione Disagio guidati dalla regia di Emanuele Conte che firma anche le scene insieme a Luigi Ferrando. I costumi sono di Danièle Sulewic, il disegno luci di Matteo Selis, le musiche originali di FiloQ e le coreografie di Giovanni Di Cicco.

Lo spettacolo racconta un episodio poco conosciuto della storia Italiana: siamo nella tarda primavera del 1924 e l’Italia sta sprofondando nell’anarchia dopo che il deputato socialista Giacomo Matteotti è stato rapito a Roma mentre si recava alla Biblioteca della Camera e le più alte gerarchie fasciste sono coinvolte in una serie di scandali e accuse. In questa situazione esplosiva, giunge inaspettata la visita di un importantissimo capo tribù dei nativi americani: Cervo Bianco (White Elk) della Nazione Irochese, venuto in Europa per portare le rivendicazioni del suo popolo presso la Società delle Nazioni. Ma chi è Cervo Bianco? Di lui non si sa quasi niente. Solo che è un personaggio bizzarro, carismatico, pirotecnico, e che, a quanto pare, vuole stabilire una sacra alleanza tra il suo popolo e quello italiano. Vuole vestire i suoi “pellerossa” in camicia nera!
Nella forma accattivante di un cabaret futurista elettronico, lo spettacolo offre un affresco irriverente di un’Italia immersa in un nazionalismo da operetta contraddittoria e crudele. Vittima di se stessa. Come scrive Patella nel testo, “Tanto, tempo 3 mesi, e finisce questa buffonata”. Ma la storia ci insegna che non è andata così. E che da quel momento l’Italia non sarà più come prima.

INFO E PRENOTAZIONI

Biglietto mecenate: €20, per contribuire con una piccola donazione alle attività del MaMiMò

Biglietto intero €15, biglietto ridotto €13, promo 18-30 anni €11, soci MaMiMò €10.

Per informazioni e prenotazioni: https://LAPLANTE.eventbrite.it, biglietteria@mamimo.it oppure telefonando allo 0522-383178, dal lunedì al venerdì dalle 9.30 alle 13.30 e dalle 14.30 alle 18.30 e nei giorni di spettacolo.

Il secondo appuntamento della stagione VARIAZIONI del Centro Teatrale MaMiMò è previsto per  sabato 16, alle 21, e domenica 17 novembre, alle 19, alle Officine Creative Reggiane

IL FENOMENO LAPLANTE – Lo strano caso del capo indiano fascista

L’ironia e la forza trasgressiva di un improbabile cabaret futurista sono gli occhiali attraverso cui guardare una Italia che non c’è più. O che forse non se n’è mai andata.