RIMINI – Le difficoltà dei ragazzi, il bullismo e il cyberbullismo, i contraccolpi della pandemia sulle relazioni e l’impatto del mondo virtuale sui rapporti reali. Sono solo alcuni degli aspetti di quell’universo complesso che si tende a racchiudere nella definizione di “disagio giovanile”, tema attorno al quale ruota l’importante convegno in programma lunedì 13 marzo alla Sala Manzoni (via IV novembre), nato su iniziativa del gruppo giovani musulmani di Rimini e organizzato insieme all’assessorato per le politiche giovanili del Comune di Rimini.
Un appuntamento che nasce con l’obiettivo di parlare con gli adulti di oggi degli adulti di domani, attraverso il contributo di autorità, esperti locali e nazionali, operatori, amministratori. L’iniziativa è quindi una particolare opportunità per insegnanti ed educatori attivi nelle varie realtà dell’associazionismo, per capire meglio come approcciarsi ai giovani, saper leggere i segnali, trovare le chiavi più efficaci per comunicare e per essere di supporto ai soggetti più vulnerabili.
Il programma del convegno
Il convegno si aprirà alle 17 con i saluti delle massime istituzioni del territorio: il sindaco di Rimini e presidente della Provincia Jamil Sadegholvaad, il Vescovo di Rimini Nicolò Anselmi, la presidente dell’assemblea legislativa della Regione Emilia Romagna Emma Petitti, il Questore di Rimini Rosanna Lavezzaro, il Prefetto di Rimini Rosa Maria Padovano e infine Yassine Lafram, presidente dell’Unione delle Comunità islamiche d’Italia Ucoii.
Il primo panel sarà dedicato agli interventi di chi quotidianamente tocca con mano le espressioni più forti del disagio che possono sfociare nella criminalità, a partire dalle cosiddette ‘babygang’. A parlarne nell’ottica di prevenzione e contrasto saranno infatti il Prefetto Direttore centrale anticrimine della Polizia di Stato Francesco Messina, la presidente del Tribunale per i minorenni dell’Emilia Romagna Gabriella Tomai, con il contributo di Stefania Crocitti, docente e ricercatrice del dipartimento di scienze giuridiche dell’Università di Bologna.
Si proseguirà poi parlando di “seconda generazione tra inclusione e marginalità”, incentrato quindi sulle difficoltà e sulle prospettive per ragazze e ragazzi figli di stranieri ma nati e cresciuti in Italia. Il tema sarà affrontato da Hassan Defilippis, del coordinamento nazionale Nuove Generazioni Italiane, Abdelhakim Bouchraa, ex responsabile nazionale dei giovani musulmani di Italia Gmi e l’assessora Francesca Mattei.
“Educazione e dialogo intergenerazionale: una via per l’integrazione” è invece il titolo del terzo e ultimo panel che vedrà gli interventi di Andrea Bilotto, presidente dell’associazione italiana per la prevenzione dal cyber bullismo e dal sexting, Andrea Tullini del reparto di Neuropsichiatria per l’infanzia e l’adolescenza dell’Ausl di Rimini, Manuel Mussoni, professore dell’Istituto tecnico Molari e presidente Azione Cattolica Rimini e Sandra Villa, vicesindaca con delega alle politiche educative e giovanili del Comune di Riccione.
Il fenomeno delle ‘baby gang’
Il quadro emerge dalla ricerca ”Le Gang Giovanili in Italia” (realizzato da Transcrime – Centro di ricerca interuniversitario sulla criminalità transnazionale dell’Università cattolica del Sacro Cuore, dell’Alma Mater Studiorum Università di Bologna e dell’Università degli Studi di Perugia) pubblicata nell’ottobre 2022 in collaborazione con Ministero dell’Interno e Ministero della Giustizia. Dai risultati della ricerca, che vuole tratteggiare alcune caratteristiche del fenomeno, emerge come le gang giovanili siano presenti nella maggior parte delle regioni italiane, in aumento nell’ultimo triennio in maniera diffusa nel paese, con una leggera prevalenza del Centro Nord rispetto al Sud del paese. Le gang giovanili rilevate sono principalmente composte da ragazzi di età tra i 15 e i 17 anni e nella maggior parte dei casi sono italiani, mentre gruppi formati in maggioranza da stranieri sono meno frequenti. I crimini più spesso attribuiti alle gang giovanili sono risse, percosse e lesioni, atti di bullismo, atti vandalici. La ricerca individua anche i fattori che spingono i giovani ad aderire ad una gang: rapporti problematici con le famiglie, con i pari o con il sistema scolastico, difficoltà relazionali o di inclusione nel tessuto sociale, il ritrovarsi in un contesto di disagio sociale o economico. Influente è anche l’uso dei social network come strumento per rafforzare le identità di gruppo e generare processi di emulazione o autoassolvimento.
“Il senso di questo convegno sta nell’approcciare problemi complessi, spesso inediti o scarsamente conosciuti soprattutto nelle cause piuttosto che negli effetti, da un punto di vista scientifico, e cioè affrontato da esperti ‘sul campo’ delle diverse componenti che compongono il quadro generale. – è il commento dell’assessora alle politiche giovanili Francesca Mattei – Non si tratta solo, quindi, di accostarsi al tema con l’emozione (o l’emergenza) del momento o del singolo episodio; semmai cercare di mettere in piedi una sinergia tra tutti gli attori che fanno prevenzione e contrasto, partendo però da un’analisi razionale delle questioni sollevate.
Anche gli enti locali possono dare il loro contributo nel creare una città a misura di giovani, città cioè capaci di offrire opportunità di incontro, socializzazione e di espressione di sé. Agire dunque affinché si allontanino quelle condizioni che favoriscono l’isolamento e la marginalità, che alimentano il disagio. A questo scopo vogliamo potenziare anche a Rimini la pratica di ‘educativa di strada’, che va intercettare gruppi spontanei di adolescenti e di giovani nei loro luoghi di ritrovo, per proporre iniziative che possano far nascere relazioni, far emergere idee e bisogni. Da qualche settimana inoltre abbiamo attivato il ‘tavolo giovani’, uno strumento di co-programmazione che vede il Comune stringere una collaborazione ancora più stretta con le associazioni e il terzo settore per condividere priorità e stimolare la partecipazione nella comunità.
Azioni – conclude l’assessora Mattei – dunque che viaggiano in parallelo e che si integrano con la preziosa e indispensabile attività degli organi di controllo e delle forze dell’ordine, con cui la collaborazione è fondamentale per svolgere un ruolo di prevenzione oltre che di contrasto delle espressioni più gravi del disagio giovanile”.
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