Tutti qui gli esponenti di una banda che per sette anni e mezzo ha insanguinato due regioni italiane? ‘. E’ in quel ‘tutti qui’ che si nasconde un tarlo che ormai ha scavato tunnel infiniti nei cuori e nelle coscienze di tante persone in tutto il mondo. E se le fake news, le teorie del complotto, non sono solo del nostro tempo (basti pensare a che tragici esiti sono approdati veri e propri falsi come ‘I protocolli dei Savi di Sion’) va detto che questa cosa dei misteri d’Italia, in cui pare che non sia mai chiuso nulla e in cui le sentenze si perdono come lacrime nella pioggia, ha prodotto un evidente danno culturale, incrementando la diffidenza culturale, quasi antropologica, del cittadino nei confronti dello Stato ‘che occulta tutto’. E’ una sfiducia profonda, collettiva, che diventa un’arma da brandire da una politica senza scrupoli (si pensi al caso Bibbiano), e in cui la giustizia si deve inchinare ai tempi molto più rapidi del pregiudizio.
E’ confortante che i 25 anni di una delle storie più tragiche d’Italia siano ricordati e celebrati attraverso un convegno che vuole solo e semplicemente ripercorrere la realtà dei fatti. Non si annunciano ‘nuove rivelazioni’, anche se paradossalmente proprio la verità nella sua semplicità, fatta di uomini che con perizia e coscienza risalgono ai colpevoli basandosi su fatti e riscontri, sarà per molti una incredibile scoperta.
Voglio rimarcare un fatto. Questo convegno sulla ‘verità vera’ dei fatti si svolge in un teatro, a Rimini. Non è un caso. Un teatro è un motore di civiltà, un luogo che offre chiavi di lettura, non si ferma alla superficie. In questa 2 giorni di Novembre si discute di verità dei fatti, in un Paese che sta frantumando quotidianamente il senso di parole che hanno un significato profondo e verità è una di queste, facendo esplodere odio e rancore. Abbiamo bisogno di verità e di profondità. Se nel dibattito non si chiudono mai vicende che hanno avuto conclusione certa come la tragica storia della Uno bianca, si alimenta il clima di opacità e soprattutto si incrementa pericolosamente la sfiducia dei cittadini verso le Istituzioni. Con questo evento si vogliono rimettere al centro cose che purtroppo al centro non sono più, a partire dalla realtà dei fatti accertati. E tutto ciò avviene in un luogo che produce arte, cultura, relazioni. Non l’algoritmo della ‘bestia’. La verità.
Voglio, in questa occasione, ancora una volta ricordare le vittime della Uno bianca e i loro famigliari, alcuni dei quali ancora vivono nella nostra città. E ringraziare Daniele Paci, un grande magistrato, un grande riminese.
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