Bologna

Gramsci Gay dal 12 al 16 febbraio al Teatro delle Moline di Bologna

Gramsci gay 03 ph Luca Luperto

BOLOGNA – Dal 12 al 16 febbraio va in scena al Teatro delle Moline di Bologna lo spettacolo Gramsci Gay, dal testo del drammaturgo e giornalista Iacopo Gardelli, interpretato da Mauro Lamantia e con la regia di Matteo Gatta, una produzione di Accademia Perduta/Romagna Teatri.

Il progetto ha vinto la borsa teatrale Anna Pancirolli nel 2022 come migliore spettacolo inedito under 35, il bando “Teatro… Voce della società giovanile” 2022 e il Premio Nazionale Franco Enriquez 2025 – Città di Sirolo XXI edizione a Mauro Lamantia categoria Teatro Classico e Contemporaneo (sezione Migliore Interprete).

La notte del 10 novembre 2019 fu deturpato un murales raffigurante il volto di Antonio Gramsci sul muro del carcere di Turi, dove il filosofo e intellettuale trascorse cinque dei suoi dieci anni di prigionia scrivendo gran parte della sua opera più nota, Quaderni dal Carcere. Una mano anonima scrisse “GAY” sulla sua fronte con l’acrilico rosso.

A partire da questo fatto e dal confronto con l’eredità di Gramsci Iacopo Gardelli, Matteo Gatta e Mauro Lamantia creano un monologo in due quadri che riflette sull’attuale scollamento fra le generazioni più giovani e la politica.

La prima parte della pièce è ambientata nel 1920 e racconta di un giovane Gramsci alle prese con le arringhe rivolte agli operai torinesi, mentre il secondo quadro prende vita ai giorni nostri e vede protagonista Nino Russo, il vandalo del murales, colto in flagrante e condotto in commissariato per un interrogatorio molto diverso da quello che si aspetta. «Con Nino abbiamo fatto esplodere la lingua – scrive il drammaturgo – da quella misurata e aguzza di Gramsci, a quella imprecisa e colorata di Nino, impastata di dialetto, imprecazioni e luoghi comuni. Un’improvvisazione dopo l’altra, ho visto Nino nascere da Mauro, ho ascoltato e registrato la sua lingua, l’ho stimolata assieme a Matteo. L’abbiamo messa sotto pressione, usando lo stratagemma kafkiano dell’interrogatorio infinito».

«Questi due eventi – spiegano gli artisti – a cent’anni di distanza l’uno dall’altro, tessono fili invisibili sui significati di impegno e disillusione, fiducia e indifferenza, fuoco e cenere». Nello spettacolo la generazione dei millennials si interroga sul proprio rapporto con la politica a partire dalla profonda lontananza che gli under 35 sentono dalla “cosa pubblica”. In tal senso, la figura di Gramsci è trattata per ciò che ha rappresentato nella sua epoca e per la sua «capacità di parlare direttamente alle inquietudini delle coscienze».

«Gramsci come simbolo – proseguono gli autori – ha anche oggi un peso di rilevanza. Se da una parte però la sua icona è ancora vessillo di una sinistra che professa i valori dell’antifascismo e della lotta operaia, dall’altra viene da chiedersi se noi millennials, ovvero i prossimi adulti, i prossimi cittadini responsabili, ci riconosciamo veramente in quella fiducia cieca nella politica come strumento di emancipazione».

APPUNTI DI LAVORO

Note di drammaturgia di Iacopo Gardelli 

Perdura, in questo paese, un pregiudizio nei confronti della filosofia, alimentato e diffuso dai programmi ministeriali impartiti nei licei e dall’immagine mediatica di alcuni filosofi-opinionisti. Anche il linguaggio ci tradisce: durante una discussione accusiamo qualcuno di “far filosofia” quando, per mancanza di argomenti, si rintana in astrazioni, gerghi e citazioni, svicola in metafore, salta passaggi logici e si lambicca in oziosi etimologismi. Studiare il pensiero di Antonio Gramsci è un potente antidoto contro questo pregiudizio.

Potrà sembrare arrogante, ma è la verità: rendere “semplici”, ovvero fruibili anche al pubblico di uno spettacolo teatrale, le tesi gramsciane, non è stato affatto difficile. La lingua di Gramsci è concreta, precisa, trasparente. È un modello di stile dal punto di vista argomentativo: nessun passaggio è dato per scontato, nessun concetto viene introdotto senza una definizione chiara, ogni tesi è sorretta da fatti o esempi storici.

Un piccolo aneddoto: in un passaggio dello spettacolo era necessario esplicitare meglio il rapporto marxiano fra struttura e sovra-struttura. Ho cercato a lungo, inutilmente, una metafora efficace che potesse aiutare lo spettatore a seguire il filo del discorso. Fidandomi di Gramsci, ho ripercorso buona parte dei Quaderni in cerca di aiuto – e l’ho trovato. È lui stesso che, in una noterella sulla filosofia di Benedetto Croce, appunta questa immagine: la struttura sta allo scheletro di un individuo come la sovra-struttura alla sua pelle. Una similitudine perfetta, “didattica” nel senso più alto del termine.

Così, la difficoltà drammaturgica, per la prima parte dello spettacolo, non è stata tanto nella traduzione “bassa” di concetti “alti”, quando piuttosto nella scelta e nel montaggio dei brani gramsciani da inserire. Volevamo un testo coeso, lontano dal frammentarismo tardo-novecentesco che spesso, furbescamente, lascia fare il lavoro sporco allo spettatore. Il montaggio era inevitabile, ma doveva restare invisibile. Dagli Scritti giovanili, alle Lettere, ai Quaderni, passando per gli articoli di giornale e le recensioni teatrali, ho setacciato la produzione gramsciana in cerca di quei concetti e di quei nessi logici che ci potevano servire per organizzare il suo discorso agli operai.

Fin qui tutto bene. Il grande problema era però un altro. La lingua di Gramsci è sì concreta, afferrabile, ma è risolta. Rimane una lingua di filosofo, inesorabile e completa in se stessa. Lo spettacolo, se si fosse fermato qui, si sarebbe risolto in un’insopportabile lezioncina ex cathedra. Sarebbe stato un monologo politico, sì, ma in senso deteriore: con la pretesa di educare, migliorare, e dunque conformare il pubblico, dall’alto di non si sa quale ipotetica superiorità morale dell’artista. Tante risposte, poche domande.

È nato così, in modo dialettico, o forse inconsciamente eversivo e iconoclasta, il personaggio di Nino Russo, il ragazzo che imbratta il murales. Con Nino abbiamo fatto esplodere la lingua: da quella misurata e aguzza di Gramsci, a quella imprecisa e colorata di Nino, impastata di dialetto, imprecazioni e luoghi comuni. Un’improvvisazione dopo l’altra, ho visto Nino nascere da Mauro, ho ascoltato e registrato la sua lingua, l’ho stimolata assieme a Matteo. L’abbiamo messa sotto pressione, usando lo stratagemma kafkiano dell’interrogatorio infinito. Ho cercato di darle profondità drammaturgica, con la scelta di lasciare la vita di Nino più allusa che raccontata, proprio come accadrebbe in una questura di provincia. 

BIOGRAFIE

Iacopo Gardelli – drammaturgo

Classe 1990, dopo una laurea in filosofia a Milano con Giulio Giorello, si è dedicato alla scrittura, al teatro, al giornalismo e all’insegnamento. Collabora con giornali locali e riviste, tra cui «Snaporaz», «Una città» e «La Falena». Nel 2018 vince il premio di critica teatrale Lettera 22 come miglior critico italiano under 30. Tra le sue pubblicazioni, la raccolta di racconti Tre dialoghi (Sbc, 2010), La città sfinge. Rilettura in tre atti della novella di Nastagio (Edizioni del Girasole, 2014) e il romanzo L’Alsìr (Fernandel, 2023). Nel 2015 comincia a scrivere per il teatro, in collaborazione con Lorenzo Carpinelli, assieme al quale, nel 2020, fonda la compagnia teatrale e culturale Studio Doiz. Fra i suoi testi per il teatro: Santa Europa Defensora (2016), L’ultimo primitivo. Vita orifica di Dino Campana, scritto con Elia Tazzari (2017); Vite da niente. Cronache dell’economia digitale (2019); La stradona, monologo finalista al bando regionale RADAR di ERT (2021); Gramsci Gay (2022), per la regìa di Matteo Gatta, con Mauro Lamantia, monologo vincitore del bando teatrale Anna Pancirolli 2022 e Abbandono (2023), per la regìa di Roberto Magnani. Ha collaborato, come aiuto regìa con Michele Di Giacomo per la produzione Io sono mia moglie (ERT, 2020-2021); e come consulente drammaturgico con Matthew Lenton per Metamorfosi (ERT-Vanishing Point, 2021) e con Roberto Magnani per Siamo tutti cannibali. Sinfonia per l’abisso (Teatro delle Albe, 2021). Dal 2022 è ideatore e co-direttore artistico del festival teatrale e musicale Manualetto, che si tiene con cadenza annuale a Ravenna.

Matteo Gatta – regista

Classe 1996, nel 2014 viene ammesso da Luca Ronconi alla Scuola per Attori del Piccolo Teatro di Milano. Si diploma nel 2017 con lo spettacolo Uomini e no per la regia di Carmelo Rifici. Recita in Il mercante di Venezia (2017) e nel Sogno di una notte di mezza estate (2018) per la regia di Filippo Renda. Nel 2018 la sua prima drammaturgia Amore vince il bando #pillolediteatro2019 di Teatro Studio Uno e Progetto Goldstein: lo spettacolo segna la nascita della compagnia Tristeza Ensemble insieme a Viola Marietti. Sempre per Tristeza, nel 2021, firma la co-regia di A.L.D.S.T. di e con Marietti. Nel 2019 è Oderisi da Gubbio nel Purgatorio del Teatro delle Albe. Nel 2021 viene selezionato per sostituire Elio Germano nel recital La vita nuova di Nicola Piovani all’Auditorium di Madrid. Recita ancora in Racconti della foresta di Arden per ERT, Il mercato della carne per il Teatro Nazionale di Genova e Non siamo niente, saremo tutto per Zona K. Nel 2021 scrive il libretto d’opera per Storia di un figlio cattivo, Ravenna Festival, di cui è regista e voce recitante. Nel 2020 esce il film EST-Dittatura Last Minute di cui è protagonista, per il quale vince il Nastro d’Argento come “Miglior Attore Esordiente” (Premio Biraghi 2021). È inoltre anche nel sequel Tornando a EST (2025). Sempre per Genoma Films recita in Benelli su Benelli (2021) e Wata wa Ajabu – Gente Strana (2022). Nel 2025 è attore, assieme a Lodo Guenzi, Eleonora Giovanardi e Giovanni Anzaldo, di Toccando il Vuoto, per la regia di Silvio Peroni.

Mauro Lamantia – interprete

Classe 1990, si diploma nel 2011 alla Scuola del Piccolo Teatro di Milano, diretta allora da Luca Ronconi. Nel 2012 vince il Premio Hystrio alla Vocazione. Nel 2015 viene candidato come “Miglior attore emergente” al Premio Le Maschere del Teatro Italiano per La morte della bellezza di Giuseppe Patroni Griffi, regia di Benedetto Sicca. Ha collaborato con la compagnia teatrale Idiot Savant. Lavora con diversi teatri italiani, tra cui il Teatro della Tosse, il Teatro Mercadante di Napoli, il Teatro Biondo di Palermo e il Teatro Elfo Puccini. Per quest’ultimo recita negli spettacoli Edipo Re – una favola nera e Re Lear, entrambi per la regia di Bruni/Frongia. È uno dei protagonisti di Notti magiche, film di Paolo Virzì; ha partecipato ad House of Gucci di Ridley Scott e Astolfo di Gianni di Gregorio. Nel 2020 inizia un sodalizio artistico col musicista Beercock, mettendo in scena Petra, spettacolo che attraversa i linguaggi della musica, del teatro popolare, della performance e della rappresentazione sacra. Nel 2022 vince la Borsa Teatrale “Anna Pancirolli” insieme a Matteo Gatta e Iacopo Gardelli per il progetto Gramsci Gay, un’indagine sul rapporto fra le giovani generazioni e la politica. Scrive versi fin dall’adolescenza e Fiore è una sua performance poetica. Nel 2025 riceve il Premio Nazionale Franco Enriquez – Città di Sirolo XXI edizione, categoria Teatro Classico e Contemporaneo (sez. Migliore Interprete). 

Prossime date:

4 dicembre 2024 – Giallo Mare Minimal Teatro, Empoli

15 e 16 dicembre 2024 – Pimoff, Milano

9 – 11 gennaio 2025 – A.M.A. Factory, Torino

17 gennaio 2025 – Teatro Manzoni, Calenzano (FI)

22 marzo 2025 – Teatro Massimo Troisi, Nonantola (MO)

Teatro Arena del Sole, via Indipendenza 44 – Bologna

Prezzi dei biglietti: da 7 € a 15 € esclusa prevendita

Biglietteria: dal martedì al sabato dalle ore 11.00 alle 14.00 e dalle 16.30 alle 19.00 presso il Teatro Arena del Sole; biglietti disponibili anche presso il Teatro delle Moline da 30 minuti prima l’inizio dello spettacolo. Tel. 051 2910910 – biglietteria@arenadelsole.it | bologna.emiliaromagnateatro.com

Teatro delle Moline

Via delle Moline, 1/b, Bologna

dal 12 al 16 febbraio 2025

mercoledì ore 19.00 | giovedì, venerdì e sabato ore 21.00 | domenica ore 18.30 

Gramsci Gay

di Iacopo Gardelli

con Mauro Lamantia

regia Matteo Gatta

scene e costumi Gaia Crespi

voce e tecnica Mattia Sartoni

produzione Accademia Perduta/Romagna Teatri

durata 55 minuti

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Pubblicato da
Roberto Di Biase

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