RIMINI – Amarcord, Cagnina, trebbo: i significati di queste tre parole dialettali, disegnati sui marciapiedi della città. Definizioni tratte dal celebre vocabolario della lingua italiana Zingarelli, edito da Zanichelli.
Dal 24 agosto sono visibili sui marciapiedi del lungomare e delle principali strade riminesi
(guarda la mappa).
Con questa iniziativa Zanichelli realizza una campagna di sensibilizzazione sulla lingua italiana che porta direttamente sulle strade, in forma di graffiti urbani, occasioni di riflessione sulle nostre capacità di espressione e sull’origine delle parole. L’editore, storicamente punto di riferimento per l’italiano e le altre lingue, conferma con questa azione di “didattica urbana” il proprio ruolo di educatore e divulgatore.
La tecnica è quella dei green graffiti, che utilizza una miscela completamente naturale per realizzare i graffiti sull’asfalto. Quando la campagna è finita, i messaggi vengono cancellati usando soltanto acqua. I residui del graffito che finiscono nel sistema di scarico sono totalmente innocui per l’ambiente.
Perché il dialetto? Nel corso dei secoli e anche in anni recenti, molti termini di derivazione dialettale sono stati via via inseriti nel vocabolario Zingarelli.
In alcuni casi si tratta di casi stabilmente usati nella lingua italiana da molto tempo, che oggi difficilmente sono percepiti come tali: per esempio, tra i più recenti, il napoletano inciucio (pettegolezzo; poi accordo sottobanco, pateracchio), il milanese schiscetta (contenitore per alimenti), il calabrese ‘nduja (salume spalmabile), il sardo launeddas (strumento a fiato), il romanesco pischello (ragazzino, pivello).
Per quale motivo alcuni termini, come quelli citati, entrano nel vocabolario e molti altri no? La risposta sta nella loro presenza consolidata in testi italiani, che può essere verificata nella loro circolazione in organi di stampa (quotidiani o periodici nazionali), in testi letterari o di saggistica, in pubblicazioni settoriali (per esempio una guida gastronomica), in testi istituzionali, e più in generale nell’uso delle persone colte e informate.
Abbiamo scelto Amarcord, cagnina e trebbo per sottolineare le parole romagnole più interessanti entrate a far parte stabilmente della lingua italiana.
amarcord [ vc. del dial. romagnolo, propr. ‘io mi ricordo’, dal titolo omonimo di un film del 1973 di F. Fellini 1974 ]
s. m. inv.
Ricordo, rievocazione nostalgica di fatti, situazioni, luoghi appartenenti al passato.
Federico Fellini è presente in altri lemmi dello Zingarelli come: dolcevita, paparazzo e vitellone.
Cagnina [l’origine forse da cagna con passaggio figurativo poco chiaro 1905]
S. f.
1) nelle Marche e in Romagna, denominazione del vitigno Canaiolo
2) vino rosso da dessert, prodotto in Romagna dal vitigno omonimo; ha colore rosato carico, profumo vinoso, fruttato e sapore di uva matura su piacevole fondo acidulo
Il termine che circola già da oltre un secolo, deriva dal vitigno ‘Canaiolo’ (che entra nella preparazione del Chianti) e forse la possibile origine da cagna, per il sapore acidulo.
trebbo [in origine, adattamento del romagnolo trébb, dal latino trîvium ‘trivio’, ma anche ‘luogo d’incontro, di riunione’ 1452, data che si riferisce a una Cronica riminese]
S.m.
1) incrocio, crocicchio
2) in Romagna, riunione serale d’amici: andare a un trebbo; stare a trebbo,
trebbo poetico, riunione, incontro organizzato in piazza o in luogo apposito, per ridestare e rinnovare con letture espressive il gusto e l’amore per la poesia.