Bologna

Giuseppe in Italia

Torna in libreria Giuseppe Raimondi

BOLOGNA – Novità Pendragon in uscita, febbraio 2021

Un libro che da troppo tempo non circola più tra i lettori e che può offrire un’immagine un po’ meno schematica della narrativa italiana del secondo dopoguerra.

GIUSEPPE RAIMONDI
Giuseppe in Italia

pp. 150, € 15,00, isbn 978-88-3364-142-3

Con un’essenziale introduzione di Nicolò Maldina, ripubblichiamo nei “chiodi”, la collana diretta da Matteo Marchesini, il volume di Giuseppe Raimondi che uscì per Mondadori nel 1949, con una prefazione di Remo Cantoni che vide subito nelle sue pagine un prezioso documento sulle vicende umane e intellettuali di un’intera generazione, quella nata tra Otto e Novecento e condannata a sentirsi sempre in anticipo o in ritardo sugli eventi della storia patria.

Raimondi la rappresenta con uno stile stenografico ma pensoso, ritagliando tra le pause dei punti e virgola una serie di chiusi tableaux. La sua parsimonia artigiana, unita all’apprendistato della prosa d’arte, gli vieta di comporre i ricordi nel continuum di un romanzo; eppure sotto il titolo insieme umile e superbo, questo figlio della piccola borghesia operaia sa davvero restituirci un denso scorcio della storia bolognese e nazionale dal 1898 della sua nascita alla Liberazione, dagli anarco-socialisti umbertini che esaltano l’Ideale nei caffè dietro Piazza Maggiore alle bandiere polacche issate su Palazzo d’Accursio. In mezzo c’è la formazione di Giuseppe, che conquista la lingua letteraria dei «sgnauri»: i legami con Campana e Morandi, le cartoline di Apollinaire al fronte, i dialoghi romani con Cardarelli… Poi, negli anni Trenta, Raimondi smette di scrivere e scruta l’ordine fascista dalla sua bottega di stufe in Santo Stefano, rifugiandosi in Pascal, Leopardi, Rimbaud, Baudelaire, o negli scienziati del Seicento. I libri, da segno di emancipazione, si fanno muro, come durante gli sfollamenti tra Alfonsine e Molinella. Ma anche nelle stagioni più buie, il Giuseppe è illuminato da una fantasia istintivamente pittorica. Raimondi insiste su due colori: da una parte la «monodia dei rossi» d’arenaria, ma anche del «sangue secco» di antiche faide cittadine; dall’altra parte il verde, che all’inizio connota i biliardi dei vaporosi caffè-acquari, e alla fine una memorabile fuga dalle bombe sotto il granturco.

Giuseppe Raimondi nacque nel 1898 a Bologna, città in cui spese quasi tutta la vita lavorando nel negozio di stufe (fumisteria) di famiglia. Attivo collaboratore di intellettuali e artisti del calibro di Cardarelli e Morandi, Raimondi fondò il periodico letterario «La Raccolta» (1918-1919), fu segretario di redazione de «La Ronda» (1919) ed è autore di numerosissime opere che spaziano dal romanzo al racconto, dalla memorialistica alla critica d’arte. Vinse il Premio Viareggio nel 1954 (per Notizie dall’Emilia) e l’Archiginnasio d’Oro nel 1978. Morì a Bologna nel 1985.

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Pubblicato da
Roberto Di Biase

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