Giorno della Memoria, l’intervento della presidente Maria Caterina Manca in apertura della seduta solenne del Consiglio comunale

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BOLOGNA – Oggi si è tenuta la seduta solenne del Consiglio comunale dedicata al Giorno della Memoria. Di seguito l’intervento di apertura della presidente Maria Caterina Manca.

“Buongiorno a tutte e a tutti. Benvenuti a questa seduta dedicata al Giorno della memoria. Saluto il signor Sindaco, i rappresentanti della Giunta, i colleghi e le colleghe, consigliere e consiglieri, le autorità civili e militari e religiose, che ringrazio di essere presenti qui numerose. Infine, ovviamente ultimo, ma non per ultimo, saluto i rappresentanti delle Associazioni della memoria, i cittadini e le cittadine che ci ascoltano, e rivolgo un saluto e un ringraziamento particolare ai nostri relatori di oggi, il vicepresidente dell’Aned, sezione di Bologna, che è qui accanto a me, Fabrizio Tosi, e il presidente della Comunità ebraica di Bologna, Daniele De Paz.

La vostra presenza oggi – mi rivolgo ai relatori – ricorda quanto sia prezioso il lavoro di chi si dedica a mantenere viva questa memoria e a diffonderla nella società. A loro, a loro tutti va la nostra gratitudine, così come a tutte le realtà che fanno parte del tavolo interistituzionale che per ciò si adopera e che ho l’onore di coordinare, su delega del Sindaco. Approfitto per ricordarli, per ricordare e ringraziare tutti coloro che fanno parte del tavolo interistituzionale, quindi la Comunità ebraica, il Museo ebraico, l’Aned, l’Anpi, inoltre le istituzioni, oltre quindi al Comune di Bologna, l’Università, la Regione, l’ufficio scolastico regionale e l’Istituto storico Parri.

Il 27 gennaio 1945, esattamente ottant’anni fa, l’Armata Rossa entrava nel campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, liberando i pochi superstiti e mostrando al mondo gli orrori del genocidio perpetrato dai nazisti. Quel giorno, che segnò simbolicamente la fine di una delle pagine più buie della storia dell’umanità, ci obbliga ogni anno, come oggi, a fermarci, a ricordare e a riflettere. Questa giornata, dunque, non è solo un doveroso omaggio a chi ha perso la vita nei lager, ma è un’occasione per riaffermare i valori fondamentali che devono guidare le nostre azioni, come individui e come comunità.
Ricordare la Shoah significa molto, significa riconoscere che tragedie come quella, non sono solo parte di un passato distante, ma rappresentano un monito per il presente e per il futuro.

La memoria storica svolge un ruolo civile fondamentale quando non si limita ad essere un atto commemorativo, ma diventa lo strumento per riflettere su ciò che ci unisce, ci unisce come esseri umani; e sono questi il dialogo, la comprensione reciproca e la tolleranza, sono questi i pilastri su cui si costruisce una convivenza civile salda, sia tra i singoli che tra le nazioni.

Quest’anno il Giorno della memoria assume un valore particolare ancora più forte, certamente, perché il prossimo 5 maggio ricorreranno gli ottant’anni della liberazione dal lager di Mauthausen, uno dei luoghi simbolo del sistema di sterminio nazista, e questa ricorrenza non è solo un punto di arrivo, ma un’occasione per guardare avanti, per rinnovare il nostro impegno nel preservare e tramandare la memoria; e di qui l’importanza dei Viaggi della memoria. È questo che volevo sottolineare. I Viaggi della memoria, l’importanza per le nuove generazioni e l’importanza delle nuove generazioni che avranno il compito di essere custodi della memoria, di tramandarla a chi verrà dopo di loro.

La memoria non è un concetto astratto, è un atto concreto, un processo che richiede impegno quotidiano di tutti e di tutte. Solo formando le coscienze dei giovani possiamo sperare in un futuro migliore, un futuro in cui tragedie come l’Olocausto non abbiano mai più a ripetersi. A loro va la nostra gratitudine, come a tutte le realtà educative, culturali e associative che fanno della memoria storica un terreno fertile per il dialogo e la crescita civile.

Concludo invitando tutti noi a fare della memoria un impegno condiviso, un compito che va oltre le celebrazioni formali, perché solo così possiamo onorare davvero le vittime dei campi di sterminio e garantire che il loro sacrificio non sia stato vano”.