Di seguito l’intervento conclusivo del sindaco di Bologna e Città metropolitana Matteo Lepore.
“Grazie, Presidente. Buongiorno a tutti, in particolare ai ragazzi che ci ascoltano, oltre alla presidente Chiara Sirk, che saluto con grande piacere, presidente del comitato di Bologna dell’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, e il Professor Stefano Zecchi che abbiamo ascoltato, e ovviamente tutti i Consiglieri, i parlamentari che sono qui presenti e le altre autorità civili e militari.
Oggi ci troviamo, come gli altri anni, in un Consiglio solenne per ricordare e fare memoria, come siamo soliti nella nostra città, in particolare riguardo ai fatti e alla vita delle persone che tra il ‘43 e il ‘45 furono colpiti da questa immane tragedia. Parliamo di oltre 300 mila esuli istriani, fiumani e dalmati e dei loro familiari. Come veniva ricordato, sono passati vent’anni esatti da quando il Parlamento italiano istituì il Giorno del ricordo “per conservare – dice il testo – e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”. Una legge che, come ci ha ricordato il Presidente Sergio Mattarella, ha contribuito a sanare una ferita profonda nella memoria e nella coscienza nazionale, rimuovendo la cortina di indifferenza verso quel carico di sofferenza, dolore e sangue per molti anni rimosso dalla memoria collettiva.
Un giorno nel quale non solo facciamo memoria, ma ribadiamo il nostro impegno, come città e come comunità, guardando in faccia la storia e soprattutto incontrandoci con le persone che quella storia l’hanno subita, con tutte le sue asperità e contraddizioni, restando come sempre in guardia dalle semplificazioni retoriche che spesso in questi nostri incontri rischiano di prendere il sopravvento. Noi pensiamo, e ce lo ripetiamo in tutti questi appuntamenti, che sia importante continuare a perseverare con una pratica di momenti istituzionali e anche informali, momenti politici e momenti familiari, momenti culturali diffusi in tutta la città di Bologna e nella sua area metropolitana. Lo sarà sempre di più nel futuro, quando anche i testimoni diretti di quelle tragedie, come appunto la storia delle foibe, non ci saranno più. Ed ancora è importante coltivare questo seme della memoria coinvolgendo i più giovani, i ragazzi delle scuole, chi arriva nella nostra città, perché è soprattutto nei confronti delle nuove generazioni che noi abbiamo il compito più grande: quello di continuare a raccontare senza strumentalizzazioni, ma passando un testimone affinché i cittadini del domani possano essere il vero argine alla violenza, all’odio, alla sopraffazione e alle giustificazioni che a volte le ideologie vogliono portare ai propri errori.
Attraverso la Manica lunga, per venire qui in Consiglio, troverete diverse immagini. Mi hanno colpito, ritraggono testimoni diretti di questa pagina dolorosa del Novecento. Tante storie nella storia che Lucia Castelli, fotografa e curatrice della mostra, ha rimesso in luce con grande umanità. Un importante lavoro di ricerca e ascolto, quello di Lucia, che ha intervistato sia gli esuli che chi decise di rimanere oltre il confine. A legare tutte queste testimonianze il filo di una profonda sofferenza subita in quegli anni e mai risanata. Ricostruire frammenti di vita per portare avanti una memoria collettiva e condivisa, questo credo sia uno dei modi più utili di fare memoria. Ma non può essere l’unica cosa che noi mettiamo in campo. Per questo noi a Bologna abbiamo deciso di lavorare ad un polo complessivo della memoria, nel quale già l’anno scorso ho annunciato che ospiteremo i progetti dell’associazione che, in particolare attorno agli esuli, lavora da tanti anni. Approfondire e comprendere la storia nelle sue parti è, infatti, un impegno civico e identitario di Bologna. Quanti attraverso Bologna, attraverso la stazione, il quartiere della Bolognina e tutto il nostro Comune devono vedere e toccare con mano quello che è il nostro impegno per i diritti umani, per la cultura, per la scuola, per la formazione e per la cittadinanza europea.
Credo che, a partire dalle tragiche macerie della guerra, oggi più che mai abbiamo bisogno di non dividerci fra chi considera i nuovi venti di nazionalismo come necessari per avere più giustizia, ma, anzi, dobbiamo unirci attorno a un’idea d’Europa che abbatte muri, divisioni, che persegue linguaggi di odio e di discriminazione, che causarono appunto in quegli anni quelle vittime, quegli odi e quei conflitti. Credo che la ricerca storica, così come la ricerca attorno ai temi della pace, una pace costruttiva, giusta, al percorso della nonviolenza, certo non potrà cancellare le responsabilità di allora. La storia è storia e quello che è successo rimarrà per sempre scolpito. Ma, anzi, la ricerca di una convivenza fra noi oggi può sicuramente aprire lo spazio all’esistenza di chi in questo Paese vive e chi da domani avrà il compito di sostituirci nei nostri ruoli che oggi ricopriamo. Per questo noi non possiamo rimanere indifferenti, per questo dobbiamo come comunità bolognese ricordare e abbracciare le persone che sono arrivate a vivere dopo quegli anni nella nostra città, una città solo apparentemente distante da quel confine, ma che in realtà al proprio interno ospita come cittadini tante famiglie e tante persone che portano sulla propria esistenza l’esperienza che oggi ricordiamo. Lo dice bene ancora una volta il Presidente Mattarella: oggi il vero avversario da battere, più forte e più insidioso è quello dell’indifferenza, del disinteresse, della noncuranza, che si nutrono spesso della mancata conoscenza della storia e dei suoi eventi. Questi ci insegnano che l’odio, la vendetta e la discriminazione, a qualunque titolo esercitati, generano solo altro odio e altra violenza. Dunque, contro queste parole e a favore di una politica che supera queste parole, guidati come sempre dalla cultura della solidarietà, cifra costante della nostra comunità, attraverso l’educazione, attraverso la conoscenza del nostro passato, degli errori del Novecento e del nuovo secolo, che sembra non aver imparato nulla, noi oggi continueremo a tenere viva la memoria, pilastro della nostra democrazia in questo Giorno del ricordo, che ci è così caro”.
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