L’intervento del Sindaco Virginio Merola
BOLOGNA – Di seguito l‘intervento del Sindaco di Bologna, Virginio Merola, che ha concluso nel pomeriggio di ieri la seduta solenne del Consiglio comunale in occasione della Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato.
“Buongiorno e benvenuti a tutti,
un ringraziamento particolare anche da parte mia ad Andrea Stocchiero e Paolo Chesani che ci hanno aiutato a celebrare in modo solenne il primo Consiglio comunale dedicato alla Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato, indetta per domenica 15 gennaio. Tornerò su questo perché il mio non è un ringraziamento retorico ma fa parte del problema che dobbiamo affrontare. Oggi abbiamo sentito dati di conoscenza scientifica, documentati, e anche una testimonianza concreta di che cosa è possibile fare e di questo dovremo tener conto per il proseguimento della nostra attività in questo Consiglio comunale. Per la Giornata del Migrante e del Rifugiato voglio solo ricordarvi che stiamo ospitando nella “Manica lunga” di Palazzo d’Accursio una mostra fotografica organizzata dalla Ong Cefa dedicata ai confini europei e a come questi siano in molti casi ormai confini ostili per le persone migranti. E’ una mostra che vi invito a visitare.
Ringrazio la presidente del Consiglio comunale, Luisa Guidone, per questo incontro che arriva in un momento in cui si è riaccesa la discussione pubblica sul tema dei migranti in Italia anche per il pacchetto di provvedimenti che il ministro dell’Interno, Marco Minniti, illustrerà al Parlamento.
Credo tuttavia di dover iniziare questa mia riflessione partendo da quelle immagini che credo tutti abbiamo visto e che fanno di questa giornata un’occasione di solidarietà convinta di tutto il Consiglio comunale e delle persone presenti: i migranti in fila a Belgrado avvolti in coperte e sotto la neve. Persone in fila per ricevere un pasto che poi consumano chinati a terra come abbiamo visto sui nostri telegiornali. Ci sono migliaia di persone bloccate da mesi in Serbia, vivono nei depositi vicino alla stazione ferroviaria della capitale, rischiano l’assideramento per le temperature rigide di queste settimane. Vivono in uno stato di perenne attesa e sperano che le frontiere vengano riaperte ma sono comunque determinati a non tornare in Pakistan, in Siria, in Iraq e negli altri Paesi da cui provengono. Se parliamo di questi Paesi, non possiamo limitarci a dire ‘devono tornare a casa loro’, dobbiamo capire come. Le foto e i racconti dei migranti stessi e degli operatori umanitari che li assistono sono la risposta più secca all’ipocrisia, una delle tante ipocrisie, consigliere Bugani, di chi dice che la rotta balcanica è chiusa.
Voglio iniziare da qui perché quello che sta accadendo in questi Paesi, Serbia, Bulgaria, Grecia, l’Ungheria, che usufruisce di sostanziosi contributi europei e che sta praticando la decisione di accettare ‘solo’ l’ingresso di venti persone al giorno, mi pare l’evidenza più lampante cui siamo di fronte, di un grande fallimento delle politiche migratorie europee. In questo scenario di egoismi nazionali, di muri reali, l’Europa balbetta e non trova una soluzione condivisa. Sono stati dati tanti soldi alla Turchia e non si capisce perché, dopo aver convenuto di fare il ‘Migration compact’ proposto dal governo Renzi, altrettanti fondi non sono stati utilizzati per lavorare nei Paesi di partenza dei migranti in Africa, e questa proposta viene portata avanti con coerenza solo dall’Italia ma non trova il necessario appoggio da parte dell’Europa. La regolamentazione del diritto d’asilo continua a non essere modificata mentre si moltiplicano le prese d’atto che la Convenzione di Dublino, firmata da un governo di centrodestra dove c’era la Lega, vada modificata. Anche la proposta di alcuni mesi fa di modificare questo regolamento ha mantenuto un’altra ipocrisia: l’obbligo del migrante di chiedere asilo nel primo Paese di accesso. E’ un procedimento negativo che ha portato sei Stati membri – Italia compresa – su 28, a ricevere l’80% delle richieste, mettendo in estrema difficoltà il sistema di accoglienza.
In questa situazione le città si trovano ad affrontare le tante sfide dell’accoglienza e credo qui dentro tutti sappiano quanto questo tema mi stia a cuore nell’unica chiave che ritengo realistica e utile: quella dell’autonomia e della responsabilità per i Comuni. Come Sindaco di Bologna ho spesso segnalato che la situazione andava modificata: l’accordo che l’Anci ha raggiunto col Governo prevede un riparto equo all’interno del sistema SPRAR e stabilisce che i Comuni che aderiscono su base volontaria, e spero che questo non diventi l’ennesima ipocrisia italiana perché sono duemila su ottomila, a oggi, i Comuni che accolgono, possano godere di una clausola di salvaguardia che non li obbliga ad accogliere oltre le loro possibilità. E’ una strada da percorrere, perché sono definite le percentuali e le proporzioni numeriche compatibili con la popolazione, sono esclusi i Comuni piccoli, c’è un’attenzione sulle Città Metropolitane per il carico che hanno già oggettivamente. E quindi questa è una strada da percorrere per creare quell’accoglienza diffusa che può essere una risposta efficiente per evitare che i Prefetti agiscano motu proprio in assenza di disponibilità. E’ importante che il Governo abbia iniziato ad assegnare ai Comuni il bonus di 500 euro per ogni migrante accolto, un sostegno economico ai territori che fanno la loro parte. Per la città di Bologna che accoglie in media più di 1.000 migranti sui circa 2.000 del territorio metropolitano, significa circa 500 mila euro. In questo piano nazionale per il consolidamento del sistema Sprar prevede il superamento progressivo dei Cas e la trasformazione di questi in sistema Sprar. Come città di Bologna avremo anche il compito di coordinare i sindaci del territorio per verificare la loro volontarietà all’accoglienza. Riprendo l’intervento del consigliere Bernardini perché credo che uno dei passi successivi sarà arrivare ad una conferenza dei sindaci della città metropolitana su come dare applicazione piena all’accordo.
Nelle ultime settimane si sono riaccesi i fari sul tema dei Centri di identificazione e espulsione, i CIE. Conoscete la mia posizione e continuo a ritenere che una delle azioni più importanti che abbiamo fatto come amministrazione nel mandato precedente sia stata quella di aver contribuito alla chiusura di questi luoghi disumani e aver trasformato il CIE in HUB per migranti. Un’azione di civiltà che è stata anche determinante perché in Emilia-Romagna l’accoglienza potesse essere gestita in un modo decisamente più ordinato rispetto ad altre parti d’Italia. L’esistenza dell’HUB è ritenuta strategica anche a livello nazionale, ne ho parlato la scorsa settimana col ministro dell’Interno Marco Minniti quando sono andato a Roma assieme all’assessore Luca Rizzo Nervo. L’incontro ha chiarito che anche il progetto del Ministro non vuole ripristinare i CIE per come sono stati conosciuti. I CIE sono stati inefficaci, questa parola è risuonata, e contrari ai valori umanitari che devono caratterizzare una politica democratica soprattutto quando affronta il tema cruciale della sicurezza. Io vorrei sgombrare il campo da un equivoco, parlare oggi, nella Giornata del Migrante e del Rifugiato, di come si devono trasformare i nuovi CIE non è carino. Nei CIE è intenzione del Governo nazionale non mettere le vittime di tratta, le badanti che hanno perso il permesso di soggiorno perché sono rimaste disoccupate, ma lavorare soprattutto sul versante sicurezza e credo che sia un tema che ci riguarda tutti, in relazione al fatto di farli diventare centri di rimpatrio degli irregolari pregiudicati e potenzialmente pericolosi per la legalità.
Il ministro mi ha confermato che si lavorerà in modo incisivo per dare forza agli accordi di rimpatrio con i Paesi d’origine. Su questo c’è il banco di prova; dopo quello che è accaduto in Libia, un intervento militare sprovveduto, col senno di poi tutti possiamo dirlo, l’intervento dei nostri Paesi ha destabilizzato completamente la Libia, credo sia molto importante riprendere un rapporto con la Libia, la Tunisia e gli altri paesi per raggiungere un accordo per regolare i rimpatri. Ho posto una questione che mi sta particolarmente a cuore sin dai tempi del vero CIE, la domanda delle domande alla quale pare ci sia un problema di risposte dai vari ministeri: la compiuta identificazione in carcere dei migranti irregolari detenuti che vanno poi espulsi. Con un certo imbarazzo vi dico che questa cosa non ha ancora avuto una risposta. Minniti si è impegnato a chiarirmi e a chiarirci le idee. Ho apprezzato anche la volontà di dimezzare i tempi di riconoscimento della domanda di asilo e protezione. E’ molto importante anche per i richiedenti asilo e i rifugiati. Le istanze sono raddoppiate in questi due anni, siamo passati dalle quasi 64mila del 2014 alle 123.600 dell’anno scorso. Come già accennava Bernardini credo che un’altra delle idee anticipate dal ministro, quella dei lavori socialmente utili per chi è in attesa di risposta, sia molto interessante e vada sperimentata trovando regole chiare e debba essere adeguatamente inserita nel nostro sistema di lavoro per evitare contrapposizioni ed equivoci.
Vorrei arrivare a chiudere il mio ragionamento riprendendo quello che dicevo all’inizio. Abbiamo bisogno che queste basi di conoscenza che abbiamo qui, che noi conosciamo ma che i cittadini non conoscono, o non vogliono conoscere o non vogliono sentire, si trovi il modo di farle circolare, non per dare lezioni. Quello che abbiamo sentito ci serve per diffondere elementi di conoscenza e se noi non riusciamo, io, la mia giunta, i consiglieri comunali, ad assumere questo ruolo in modo concreto, credo che facciamo venir meno una cosa importante che è la discussione culturale nella nostra città. Per farlo non possiamo fare della discussione culturale qualcosa di presuntuoso, in cui diciamo alla gente ‘leggetevi i dati, ricordatevi che prima eravate migranti’. Dobbiamo cercare insieme di essere in contatto, di essere popolari. Stiamo assistendo a un fenomeno nuovo grazie alla rete. Stiamo assistendo al fenomeno che anche se una cosa è vera non viene creduta, non vuole essere creduta. Si vota per non crederla. Che si elegga un Presidente degli Stati Uniti anche sulla base dell’affermazione che il cambiamento climatico è un falso e che sono balle inventate da Obama, ci pone un problema.
Credo che noi, oltre a ospitare dei ragazzi, come è avvenuto oggi, che protestano contravvenendo alle regole, dovremo vedere di coinvolgere questi ragazzi ma anche tanti altri per riflettere e attirare l’interesse di qualcuno nei nostri rioni di periferia su questa diffusione di conoscenza. Oggi stiamo assistendo al fatto che si danno risposte illusorie, impraticabili, ma che prendono voti. Noi oggi assistiamo al fatto che ci sono molte nuove forze politiche che guadagnano consenso proponendo di chiudere il loro Paese, il cosiddetto sovranismo, un misto di protezionismo, muri, cittadini di serie A e di serie B, prima te, dopo gli altri.
Torno a fare un appello al senso di responsabilità di tutti, perchè ci si confronti con dati veri e conoscenze reali. Come oggi abbiamo sentito dai nostri relatori. A non lasciarsi andare a ragionamenti sommari e a reazioni di pancia. Dobbiamo tutti avere la consapevolezza che questa città va tenuta unita e che questa città vive assieme da tempo, da anni, a tutti i suoi cittadini, ai vecchi e ai nuovi. Questo è il nostro impegno: costruire cittadinanza per tutti richiamando allo stesso tempo alla responsabilità per ognuno, la solidarietà pretende anche una reciprocità di comportamenti. La nostra libertà è fatta anche di doveri ma noi abbiamo un dovere in più, visto che siamo stati eletti dai cittadini: noi dobbiamo, magari da qui alla prossima celebrazione, darci delle sedute consiliari assieme alla giunta nei rioni della città per dare una risposta a questo: come facciamo a non alimentare la percezione di insicurezza presente fra i cittadini in relazione ai migranti? Già se condividiamo questa domanda è un bel passo avanti. Io credo che dobbiamo innovare, considerando come stiamo cercando di fare, a cominciare dalle politiche per la casa a finire a quelle sociali e scolastiche, le nostre politiche cittadine attorno a questo tema. Evitare che l’aumento della povertà, lo stato di incertezza, l’aumento della disoccupazione, il rinnovato bisogno di servizi sociali, diventi un conflitto tra bisogni dei residenti e quelli dei migranti. Questo è il nostro compito, non discutere continuamente fra di noi sull’approccio di chi ha la colpa di questo fenomeno migratorio. Finiamo così non volendo per tornare tutti assieme all’ipocrisia: ognuno è cosciente di aver detto quello che pensa e tiene la propria posizione. Io rinnovo l’invito a me stesso e a questo Consiglio comunale a come dobbiamo discutere su come utilizziamo le risorse, dove le aumentiamo, come spendiamo in modo efficace e con quali priorità i nostri interventi nelle politiche sociali, nelle politiche abitative e nelle politiche del lavoro. Qui c’è il tema. Se necessario ricorrendo anche a prese di posizione di forti, non basta spiegare al popolo che sta sbagliando e non si può fare dalle mansarde e si può fare andando lì e spiegare che è possibile una strada di solidarietà e convivenza con misure efficaci. Altrimenti questi Consigli comunali diventano una meritoria testimonianza di solidarietà su quello che sta avvenendo ma ognuno rimane nelle proprie convinzioni. Su questo mi riprometto, dopo il testo del decreto e dopo le altre misure annunciate, di avere sessioni specifiche per discutere con voi questi temi andando come Consiglio comunale nei rioni. Il tema è tutto qui: c’è chi pensa che lo scontro in atto nel nostro Paese sia uno scontro tra nuovi populismi e riformisti in difficoltà. Io che sono molto ottimista nella vita, penso sia uno scontro tra l’ipotesi, e non sto guardando Bugani perché penso che lui non sia questo, il M5S non è questo, penso che stiamo consegnando l’Europa e il nostro Paese a una destra che non riusciamo neanche a immaginare, ben al di là dei populismi. Questo penso, è la mia libera opinione, penso che dobbiamo parlarci chiaro e fare proposte nel senso di come affrontare questa situazione. Lo dobbiamo in particolare ai nostri cittadini, ai nostri migranti, anche con l’orgoglio che la situazione l’abbiamo affrontata nel modo migliore nelle situazioni date. In altre parti del Paese non c’è questo ordinato modo di affrontare la situazione. Quello che ho sentito sulle cooperative spurie non appartiene a questa realtà. Quindi la situazione, da questo punto di vista, è sotto controllo, a differenza di ciò che succede a livello internazionale e nazionale, a cui guardiamo con attenzione. La tenuta in città c’è ma abbiamo dei segnali che è mio dovere sottolineare, e che ho cercato di fare nella maniera più equilibrata possibile. Termino ancora una volta ringraziando perché abbiamo bisogno di conoscenza e di esempi pratici e concreti di un modo diverso e alternativo di affrontare questa situazione”.