Piacenza

Giornata dell’Unità nazionale e delle Forze Armate, il discorso del sindaco e presidente della Provincia Patrizia Barbieri

PIACENZA – Il discorso del sindaco e presidente della Provincia Patrizia Barbieri:

“Nella ricorrenza che celebra l’Unità nazionale del Paese e le nostre Forze Armate, la comunità piacentina si sente partecipe dei profondi sentimenti di riconoscenza e coesione che oggi vengono espressi – pur nel contenimento imposto dal rispetto delle normative anti Covid – in tutte le piazze d’Italia.

Nell’anniversario dell’entrata in vigore dell’armistizio che segnò la fine della Grande Guerra, rendiamo il nostro tributo alla memoria di coloro che hanno dato la vita per quel tricolore che, come ebbe a dire il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, “non è una semplice insegna di Stato, ma rappresenta il vessillo della libertà conquistata da un popolo che si riconosce unito, che trova la sua identità nei principi di fratellanza, uguaglianza e giustizia, nei valori della propria storia e civiltà”. In questo lungo e difficile cammino, altissimo è stato il contributo delle donne e degli uomini che, nell’indossare la divisa delle nostre Forze Armate, ne hanno costantemente onorato gli ideali, facendosi interpreti dell’etica e della coerenza di chi, a quegli stessi fondamenti, ha prestato giuramento di fedeltà, a servizio della collettività e del bene comune.

A ciascuno, oggi, diciamo grazie: al coraggio dei nostri Caduti in ogni epoca e al sacrificio immane delle loro famiglie, così come ai nostri militari impegnati ogni giorno nel presidio del territorio, sempre pronti a intervenire laddove c’è bisogno di aiuto, con quel meraviglioso e autentico senso di appartenenza di cui abbiamo avuto più che mai testimonianza negli ultimi due anni. A tutti coloro che, nella strenua opera di difesa e ricostruzione in regioni minate da conflitti e terrorismo, proteggono la sicurezza e i diritti inalienabili delle persone, rendendoci orgogliosi di essere rappresentati nel mondo da questo straordinario esempio di umanità e abnegazione.

Negli ultimi anni – prima dell’irrompere della pandemia nella nostra quotidianità – grazie all’entusiasmo e allo spirito di condivisione che anima le nostre Forze Armate, abbiamo potuto vivere il 4 novembre nella sua dimensione di festa, recependone appieno l’importanza anche per la società civile. Senza mai dimenticare, tuttavia, che questo è innanzitutto il momento del ricordo, della gratitudine, della consapevolezza. E allora non poteva esserci, a sottolineare il valore e l’universalità dei simboli, occasione più significativa, in questo 2021, del centenario della traslazione del Milite Ignoto all’Altare della Patria, dove la fiamma perenne e la veglia d’onore ci richiamano, nella loro semplicità solenne, a un lutto che ci appartiene e sentiamo nostro, nell’abbraccio di una Nazione intera.

E’ trascorso un secolo, da quel giorno d’autunno in cui la salma di un soldato senza nome – perché potesse racchiuderli e rappresentarli tutti, senza distinzione – venne tumulata a imperitura memoria nel cuore della Capitale, dopo un lungo viaggio in treno iniziato in Friuli, nei cui campi di battaglia, tra gli altipiani del Carso e le Dolomiti, si erano cercati i poveri resti dei militari italiani tra cui ritrovare, senza conoscerne l’età o la provenienza, il figlio perduto di tutte le madri. Fu una di loro, Maria Bergamas, che su quel fronte aveva perso il suo Antonio, a scegliere una tra le 11 salme che, per garantire ulteriormente l’anonimato, erano state sistemate le une accanto alle altre: vi depose il suo velo nero come un’ultima carezza che sfiorava, in un semplice e toccante gesto d’amore, il volto di 650 mila Caduti, quasi un terzo dei quali non furono mai identificati.

La locomotiva a vapore che trasportava il feretro, partita da Aquileia il 28 ottobre, in una settimana attraversò 5 regioni e 120 stazioni per raggiungere Roma, rallentando ad ogni passaggio nelle città perché la gente potesse tributare un applauso, dedicare una preghiera o un istante di eloquente silenzio, in ginocchio, al cospetto di quella bara. Ogni italiano poteva seguire, nell’incedere di quel viaggio, le orme degli scarponi consunti, il profilo di un familiare, l’universo racchiuso in una piastrina identificativa.

A cento anni di distanza anche Piacenza, nell’adesione unanime e commossa al progetto sostenuto dal Gruppo delle Medaglie d’Oro al Valor Militare d’Italia, in collaborazione con Anci e con il supporto del Consiglio nazionale permanente delle Associazioni d’Arma, conferisce oggi al Milite Ignoto la cittadinanza onoraria, emblema di un Paese che si stringe per celebrare non il singolo, non l’eroe decorato, ma ognuno dei Caduti per cui ha pianto, ognuno dei dispersi cui non si è potuto concedere il conforto e la dignità di una sepoltura.

Ora che il Milite Ignoto è cittadino d’Italia, è come se tutti fossero tornati a casa. E nell’intensità del ricordo, nella gratitudine del presente, riaffermiamo “Viva le Forze Armate, viva l’Italia unita”.”

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Roberto Di Biase

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