Lo ha spiegato alla sua maniera Gino Strada, martedì 14 novembre a Modena, davanti a una platea di oltre 500 studenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado.
L’iniziativa promossa dalla Fondazione Logos con il patrocinio del Comune di Modena è stata introdotta dai saluti del vicesindaco assessore alla Scuola Gianpietro Cavazza.
Provenivano dalle scuole secondarie di primo grado Calvino e Mattarella, dalle superiori Ipsia e Itis Corni, Istituto Fermi, Liceo Tassoni di Modena, oltre che dagli istituti Spallanzani ed Elsa Morante della provincia, i 500 ragazzi accompagnati dai loro insegnanti a Forum Monzani per ascoltare il fondatore di Emergency.
“Tutti, anche coloro che vivono nei Paesi devastati dalla guerra e in quelli del Terzo Mondo – ha affermato Strada – hanno diritto ad essere curati gratuitamente con le attrezzature e le medicine più appropriate, mentre per la nostra società la medicina deve rendere anche in termini economici. I nostri malati sono solo i nostri malati, non sono clienti”.
Garantire questo diritto è la mission di Emergency che realizza ospedali con alti standard qualitativi, pensati per essere luoghi accoglienti in cui i giardini, la pulizia, la bellezza degli ambienti sono “parte della cura, cosa che non sempre avviene negli ospedali italiani”, ha aggiunto Gino Strada che nel corso della mattinata non si è mai sottratto alle domande dei ragazzi.
È stato difficile fare tanti sacrifici? “Non ho fatto tanti sacrifici, forse ho una vita non sempre comoda – ha risposto – ma se devo fare un bilancio ho ricevuto più di quanto abbia dato.
Il più grande successo di Emergency? “Tutti i pazienti curati e salvati. Restano impresse le loro facce”.
Cosa si prova nell’aver creato un’organizzazione così? “Sorpresa, quando siamo partiti non immaginavamo dove saremmo arrivati”.
Non le viene mai voglia di mollare? “Certo. A volte mi è capitato, ma poi il mattino dopo avevo già cambiato idea e stiamo già pensando al prossimo obiettivo: realizzare un ospedale in Uguanda, un paese tuttora devastato dalla guerra”.
Come si fa a essere neutrali in guerra? “Si fa il medico, niente altro. Abbiamo le nostre idee, ma non siamo lì per giudicare ma per curare e quando arriva un corpo devastato dalle ferite, ancor più se si tratta di un bambino, si cura innanzitutto il bambino. Andare avanti è una necessità non più una scelta”.
A ribadire il concetto anche un film documentario mostrato ai ragazzi “Open Heart” di Kief Davidson candidato per l’Oscar al miglior cortometraggio nel 2013. È la storia di otto bambini sudanesi che lasciano le loro famiglie per dirigersi in Sudan, in un centro di cardiochirurgia ad alto rischio situato a Khartoum, costruito e gestito da Emergency, l’unico posto in tutta l’Africa che offre cure cardiochirurgiche gratuite.
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