Il primo, che descrive la medicina a Bologna ai tempi di Dante, presenta richiami orizzontali a destra del margine inferiore, talvolta decorati, e una scrittura gotica libraria di Giovanni da Parma, copista del codice. L’esemplare è caratterizzato da un apparato decorativo di origine bolognese e costituisce parte di un unicum che comprendeva anche l’attuale ms. Malatestiana D XXIII 1; entrambi i tomi appartennero a Giovanni di Marco da Rimini, medico di Malatesta Novello, e alla mano di questo erudito sono attribuibili numerosi marginalia autografi disseminati nei due volumi.
Il secondo manoscritto, Ovidio, presenta una scrittura minuscola di due mani e illustrazioni delle Metamorfosi. Al suo interno infatti sono raccolte alcune opere di Ovidio. Al foglio 122r si leggono alcune note grammaticali e una nota di vendita parzialmente erasa databili intorno al XVesimo secolo. Inoltre, il frontespizio a penna testimonia che il codice fu donato alla Malatestiana dal medico Niccolò II Masini tra il 1587 ed il 1601. Sui margini sono presenti numerose note organizzate, degli stessi copisti, relative ai personaggi mitologici e altre di mani di lettori successivi.
“Il dibattito su quali opere abbia effettivamente letto Dante e quali egli conoscesse solo per altrui citazioni o epitomi – commenta la Direttrice scientifica della Biblioteca Malatestiana Giliola Barbero – è ancora aperto. In particolare, a differenza di altri letterati altrettanto grandi come Francesco Petrarca e Giovanni Boccaccio, mancano all’appello i codici che egli consultò. Infatti non conoscendo la sua scrittura, è risultato fino ad oggi impossibile individuare note marginali di sua mano, anche se spesso aprendo manoscritti come quello Malatestiano delle Metamorfosi, che sta per essere inviato a Roma, così vicino alle passioni classiche dantesche, i nostri occhi scorrono insistentemente le pagine con la segreta speranza di trovarvi finalmente una qualche traccia di lettura del poeta. È possibile che da questa mostra possa emergere qualche nuova importante acquisizione”.
La mostra intende offrire lo status quaestionis integrato con nuove ricerche mirate. L’esposizione sarà composta dalle opere presumibilmente lette e citate o rappresentative dei suoi percorsi intellettuali e poetici, secondo i nuovi accertamenti, ordinate cronologicamente secondo le opere dantesche, in base anche ai possibili spostamenti dell’Alighieri prima e dopo l’esilio.
Il percorso è stato pensato in sei sezioni, comprendenti manoscritti, incunaboli e opere a stampa. La prima sarà dedicata alla Bibbia e alla tradizione cristiana; la seconda alla Tradizione classica ovvero agli autori classici citati, letti e utilizzati da Dante. In questa parte largo spazio sarà dedicato anche alle opere composte prima dell’esilio (Vita Nuova e Rime), comprese quelle di dubbia attribuzione (Fiore e Detto d’amore), saranno esposte quindi opere di Virgilio, Stazio, Lucano, Orazio, Ovidio, Cicerone, Seneca, Orosio, Livio, Plinio e Frontino. La terza sarà dedicata alla Tradizione romanza e sarà dedicata al romanzo, alla prosa e e alla lirica antico- francese, provenzale, antico-italiana. La quarta sezione sarà riservata alla Retorica e trattatistica medievale. La quinta sezione è interamente riservata alla Filosofia e teologia: Boezio, Alberto Magno, Tommaso d’Aquino, Aristotelismo medievale, Platonismo medievale. Una sesta sezione, autonoma, sarà dedicata all’Italia artistica di Dante, ovvero alle opere d’arte o ai luoghi citati nelle opere.
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