FERRARA – Ricordare: è questo l’obiettivo del fitto calendario di eventi per celebrare il ricordo delle vittime delle foibe e l’esodo di istriani, fiumani e dalmati dalle loro terre d’origine nel secondo dopoguerra. Ieri mattina, alla Sala della Musica di Ferrara si è tenuta l’iniziativa “Tra le fenditure della storia un tributo alle vittime delle foibe” alla presenza della Prefettura, del Comune, della Consulta Provinciale degli Studenti delle scuole superiori e degli Istituti scolastici Dosso Dossi, Aleotti ed Einaudi, con la partecipazione anche dei rappresentanti dell’istituto Vergani, del liceo scientifico Roiti e del liceo Ariosto.
Ad aprire la mattinata, l’Assessore ai rapporti con l’Università del Comune di Ferrara, Alessandro Balboni, che ha portato i saluti del sindaco Alan Fabbri e dell’amministrazione comunale, e ha ricordato una delle pagine più buie della storia del Novecento. “L’intitolazione del giardino della scuola Poledrelli a Norma Cossetto di quest’anno e la realizzazione del monumento ai martiri delle foibe di due anni fa sono momenti fondamentali nel ricordo di questa tragedia, ma non possono essere, da sole, sufficienti. Per questo abbiamo deciso, in occasione delle ricorrenze, di organizzare un fitto calendario di appuntamenti per poter sensibilizzare sia la cittadinanza che i più giovani. Infatti l’evento fatto questa mattina con gli studenti delle scuole superiori in collaborazione con l’amministrazione comunale, è stata un’occasione molto importante per far conoscere l’esperienza degli esuli di sopravvissuti a quei fatti tragici e per far conoscere queste pagine di storia purtroppo ancora sconosciute ai più”.
A seguito di un intervento della professoressa Adriana Giacci, testimone di seconda generazione, gli studenti hanno accolto calorosamente Luciana Miani, esule istriana scampata alle foibe. Nata a Piemonte d’Istria, ha ripercorso i momenti più bui della sua infanzia, tra applausi e lacrime di commozione. Ha raccontato della paura costante che l’ha accompagnata a 9 anni, del terrore di sentir bussare alla porta di casa con l’ordine di portare via qualcuno della sua famiglia, come quel caro amico di sua zia che fu costretto ad andarsene per non essere catturato o come suo padre che, dopo aver provato a calarsi dalla finestra con una coperta, fu incarcerato per un mese.
Luciana Miani ha raccontato del loro fare affidamento sui cani, che quando sentivano un passo diverso da quello dei paesani iniziavano ad abbaiare dando, a chi ne aveva bisogno, il tempo necessario a nascondersi.
“Volete essere croati o italiani?”, quella era la domanda a cui dovevano rispondere e da cui sarebbe dipeso il loro futuro. Al centro smistamento di Udine venne dato a lei e alla sua famiglia l’ordine di partire, inizialmente per Catania poi, in seguito a un contrordine, per Ferrara. Arrivarono in via de’ Romei, in un campo profughi, stipati in 56 in una sola stanza.
Luciana, a 9 anni, venne iscritta in terza elementare. Sapeva scalare gli alberi, cercare i nidi e giocare a palline, ma l’italiano non lo capiva: “Sono arrivata in una scuola che per me era straniera, ma dal profondo del cuore vi dico che per me è una gioia essere italiana”.
Tra i ricordi di Luciana c’è chi si è salvato, chi è stato picchiato fino alla morte e chi non è scampato alle foibe. La sua testimonianza serve proprio per non dimenticare, così come lei non dimentica quando sono arrivati per prendere suo padre: “Mi hanno messo la mitraglietta sul comò, avevo tanta paura e mi sono nascosta sotto le coperte”. Oggi Luciana Miani non si nasconde e, a 84 anni, fa sentire la sua voce, affinché le future generazioni non commettano gli errori del passato e ricordino questa triste pagina di storia.
PROSSIMO APPUNTAMENTO
Mercoledì 14 febbraio alle 17, nella sede dell’Istituto di Storia Contemporanea (vicolo Santo Spirito 11), avrà invece luogo la proiezione del documentario “Il sorriso della Patria”. L’iniziativa, curata da Isco.Fe ha l’obiettivo di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale. Il film è nato dalle ricerche dello storico Enrico Miletto e prodotto dall’Istituto storico piemontese “Giorgio Agosti” con la collaborazione dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, per la regia e il montaggio di Giulia Musso. L’opera riunisce brani da diversi cinegiornali dell’epoca insieme a documenti dell’Istituto Luce, dandone una lettura oggettiva nel contesto storico e sociale del secondo dopoguerra.