Modena

“Finalmente cittadine”, i 75 anni di voto alle donne

Il 31 marzo 1946 le modenesi votarono per la prima volta alle Amministrative. L’anniversario celebrato in Consiglio, giovedì 1 aprile, con la storia delle prime tre elette

MODENA – Beatrice “Bice” Ligabue, commerciante; Ilva Vaccari, impiegata; Clelia Manelli, maestra. Sono le prime tre donne elette nel Consiglio comunale di Modena nella tornata amministrativa del 31 marzo 1946, la prima elezione nella quale le donne poterono votare e farsi eleggere. Tutte e tre protagoniste delle lotte antifasciste e della Resistenza, tutte e tre attiviste per i diritti delle donne e tra le fondatrici dell’Udi di Modena, Ligabue, Vaccari e Manelli, simbolo di tutte le donne che combatterono per ottenere il diritto di dire la loro e di contare anche in politica, sono state ricordate oggi, giovedì 1 aprile, in Consiglio comunale, nell’intervento “Tre storie che hanno fatto la storia”, da Caterina Liotti, storica del Centro documentazione donna di Modena. L’occasione era il 75° anniversario delle prime elezioni italiane a suffragio universale, le elezioni amministrative che si svolsero in oltre cinquemila Comuni tra il 10 marzo e il 7 aprile 1946, eleggendo circa duemila donne su un totale di oltre 106 mila eletti.

“Quella mattina del 31 marzo 1946 a Modena le donne si svegliarono finalmente da cittadine – ha commentato l’assessora alle Pari opportunità Grazia Baracchi nel suo intervento – e quella data ha segnato l’inizio di un percorso di parità di genere che ancora oggi è in corso, rallentato dalla pandemia che ha fatto emergere grandi difficoltà ma che, per certi versi, è stata l’occasione per nuove riflessioni e progetti. Anche oggi, come allora, le leggi sono fondamentali per garantire diritti e dovere e per segnare dei passi avanti, ma da sole non bastano: è necessario continuare a lavorare sul piano culturale”.

Lo stesso concetto è stato sottolineato dal sindaco Gian Carlo Muzzarelli che nel suo intervento ha ricordato “gli innegabili passi avanti compiuti in meno di un secolo. Ma dobbiamo continuare ad allargare il perimetro della democrazia – ha aggiunto – e questo lo si può fare con la buona politica, le leggi e tanta cultura, indispensabili per contrastare ingiustizie, disuguaglianze e stereotipi di ritorno”. A confermare la necessità di “partire dalla politica, mettendo le donne al centro di una nuova agenda di riforme”, il sindaco ha richiamato anche il Recovery Fund europeo che, “non a caso, inserisce la parità di genere tra le priorità, a fianco dei giovani e delle differenze territoriali”.

Nel suo saluto introduttivo, il presidente del Consiglio Fabio Poggi aveva ricordato i nomi di tutte le candidate alle elezioni amministrative modenesi del 1946, erano 19 sui 202 candidati complessivi. È un modo, ha detto Poggi, “per ricordare l’inizio di una storia che deve continuare”.

In quelle elezioni, ha spiegato Caterina Liotti, Modena e la sua provincia elessero il 40 donne. Prima di Modena, in Italia venivano solo Reggio Emilia, con 55 donne elette, Bologna con 75 e Milano con 77. Sono numeri significativi, soprattutto se si pensa che il legislatore che aveva concesso il diritto di voto attivo alle donne, si era “dimenticato” di quello passivo. L’eleggibilità delle donne fu decretata solo il 10 marzo 1946, a pochissimi giorni dalle elezioni, creando difficoltà nelle candidature e nella campagna elettorale ed esasperando le incognite che già pesavano sulle “capacità politiche” delle donne, a seguito di millenni di storia, ha detto Liotti, “nei quali la legge le aveva escluse, in quanto donne, dai diritti politici di cittadinanza, considerandole troppo emotive, passionali e poco razionali per natura”.

Era diffusa la preoccupazione che le donne temessero la responsabilità del voto e si astenessero, “cosa che, invece, non si verificò. I partiti impostarono la propaganda rivolgendosi esplicitamente alle elettrici e le associazioni femminili, Udi e Cif, si fecero carico del lavoro di educazione al voto, spiegando come era fatta la scheda, i simboli dei partiti e anche raccomandando di andare a votare senza rossetto. La scheda elettorale, infatti, andava inumidita con le labbra per essere chiusa e la traccia di rossetto avrebbe potuto invalidare il voto”. Gli eletti e le elette del 1946 avevano il compito di risollevare e ricostruire una città e una società distrutte dalla guerra. Le donne “per poter segnare con il pensiero femminile la vita della città attuano nuove pratiche politiche, tra le quali l’unità delle donne di diversi partiti sulle priorità. Pratiche politiche emancipatorie, fondate sul diritto delle madri lavoratrici che durante la Ricostruzione hanno trasformato le pratiche femminili della cura e dell’assistenza in esperienza politica e sociale, ponendo le basi di quello sarebbe diventato un welfare universalistico e solidale”.

La celebrazione dell’anniversario ha concluso il programma “8 marzo tutto l’anno”, promosso dal Comune e dal Tavolo comunale delle associazioni per le pari opportunità e la non discriminazione in occasione della Giornata internazionale della donna. E per rivivere quel periodo con le voci dell’epoca, al termine degli interventi, Francesca Figini del Teatro dei Venti, ha letto brani tratti da interviste a Ligabue, Manelli e Vaccari.

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Pubblicato da
Roberto Di Biase

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