Ferrara

A Ferrara ‘L’errore di Cartesio’, ovvero il dualismo tra corpo e mente

Giovedì 19 gennaio alle 16.30 conferenza di Stefano Caracciolo per il ciclo ‘Anatomie della mente’ nella sala Agnelli della biblioteca Ariostea

FERRARA – Sarà dedicata a Cartesio e al ‘dualismo corpo/mente dall’antichità ad oggi’ la nuova conferenza a cura di Stefano Caracciolo, docente di Psicologia Clinica dell’Università di Ferrara, prevista per giovedì 19 gennaio alle 16.30 nella sala Agnelli della biblioteca Ariostea. L’incontro è inserito nel ciclo ‘Anatomie della Mente’ giunto quest’anno alla decima edizione e organizzato in collaborazione con la Sezione di Psicologia Generale e Clinica della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Ferrara.

LA SCHEDA a cura degli organizzatori
Nella notte della vigilia di San Martino, il 10 novembre 1619, inizia l’anno che Renè Descartes definì, con una nota scritta di suo pugno ai margini di ‘Olympica’, un trattatello di 12 pagine in forma di discorso, “l’anno della scoperta meravigliosa”. Anno in cui, poco più che ventenne, il giovane laureato in legge, per anni allievo del Collegio dei Gesuiti di La Fléche, pone i fondamenti per un nuovo sistema filosofico che si propone – nientemeno! – di soppiantare quello di Aristotele allora in grande auge. E ci riesce. Attraverso opere mirabili come il Discorso sul Metodo, i Principia Philosophiae, Il Mondo, L’Uomo, cambia il modo di pensare la realtà e pone le fondamenta per la nascita del metodo scientifico. Scrive di Fisica, Ottica, Matematica, Medicina ma commette un errore, di cui ancora oggi ci portiamo in qualche misura un retaggio: divide il Corpo dalla Mente.
Perché lo fa? Quali radici psicobiografiche, nelle sue esperienze di vita, fanno da precursore alla formulazione dei suoi principi filosofici? Quanto ha inciso la perdita precoce della madre, morta di un secondo parto quando il piccolo Renè aveva appena 14 mesi? Quanto ha pesato la sua cagionevole salute, per cui fu molto malato fino all’età di 13 anni, quando in Collegio venne più volte salassato? E per quali motivi nel 1618, ormai divenuto adulto, in agiate condizioni grazie alle ricchezze di famiglia, iniziò la vita militare in un pellegrinaggio per gli eserciti di Europa all’inizio della Guerra dei Trenta Anni, cambiando spesso esercito e bandiera? Per poi congedarsi volontariamente, da un giorno all’altro, e iniziare una vita raminga e vagabonda da studioso spesso appartato e isolato in varie città del Nord Europa, conoscendo l’amore di una donna, una cameriera, una sola volta, avendone una figlia, poi morta in tenera età, fino a morire di polmonite a soli 54 anni, alcuni dicono avvelenato, a Stoccolma presso la Regina Cristina di Svezia?
Tutto, certo, comincia nel 1596 alla sua nascita, ma la sua parabola di vita e di creatività filosofica trova un culmine in quella notte di novembre in cui inizia la sua scoperta meravigliosa, ispirato da tre sogni consecutivi nella stessa notte. Tre sogni che egli stesso interpreta, e che furono sottoposti, tre secoli più tardi, anche alla interpretazione di Sigmund Freud. Dai tre sogni e dalla loro interpretazione nasce l’ispirazione per una serie di assiomi quasi matematici sulla concezione del mondo, impropriamente riassunti nell’affermazione ‘cogito, ergo sum’, pietra miliare su cui Cartesio fonda, come assiomi euclidei, tutte le sue successive acquisizioni filosofiche, fra cui la divisione fra res cogitans, il mondo della mente e dello spirito, sottoposto alle leggi di Dio e res extensa, il mondo degli oggetti reali sottoposto a leggi scientifiche, umane e quindi esplorabili. Ma questo lo conduce a separare gli aspetti corporei dell’organismo umano da quelli mentali, preoccupato e intimorito dal pericolo di essere inquisito e condannato per eresia dalla Inquisizione, come già accaduto a Galileo Galilei. Sono quindi le sue difficoltà a gestire le sue emozioni, la paura della punizione a spingerlo in questa direzione, pur potendosi considerare fra i fondatori della psicologia moderna grazie al mirabile trattato sulle Passioni, dove riesce a fondere la antica teoria degli umori con il ricco arcobaleno delle emozioni più intense, quelle stesse emozioni da cui il piccolo Renè cercò di fuggire per tutta la sua breve vita.

Con il ciclo ‘Anatomie della mente’ Stefano Caracciolo, ordinario di Psicologia Clinica all’Università di Ferrara, propone di esplorare paesaggi straordinari come la Storia, la Follia, la Musica, la Malattia, l’Anima, il Cinema, la Poesia, la Morte e la Vita attraverso la lente della psicologia. Un ciclo di conferenze nel quale la psicologia si presenta come moderno strumento di lettura per cercare di trovare punti di riferimento nella realtà contemporanea. Sei nuove tappe di un percorso di viaggio all’insegna della narrazione di molte storie di grande interesse scientifico e culturale.

Ed è lo stesso Caracciolo ad anticiparci l’argomento della conferenza…

Nella notte della vigilia di San Martino, il 10 novembre 1619, inizia l’anno che Renè Descartes definì, con una nota scritta di suo pugno ai margini di ‘Olympica’, un trattatello di 12 pagine in forma di discorso, “l’anno della scoperta meravigliosa”. Anno in cui, poco più che ventenne, il giovane laureato in legge, per anni allievo del Collegio dei Gesuiti di La Fléche, pone i fondamenti per un nuovo sistema filosofico che si propone – nientemeno! – di soppiantare quello di Aristotele allora in grande auge. E ci riesce. Attraverso opere mirabili come il Discorso sul Metodo, i Principia Philosophiae, Il Mondo, L’Uomo, cambia il modo di pensare la realtà e pone le fondamenta per la nascita del metodo scientifico. Scrive di Fisica, Ottica, Matematica, Medicina ma commette un errore, di cui ancora oggi ci portiamo in qualche misura un retaggio: divide il Corpo dalla Mente.

Perché lo fa? Quali radici psicobiografiche, nelle sue esperienze di vita, fanno da precursore alla formulazione dei suoi principi filosofici? Quanto ha inciso la perdita precoce della madre, morta di un secondo parto quando il piccolo Renè aveva appena 14 mesi? Quanto ha pesato la sua cagionevole salute, per cui fu molto malato fino all’età di 13 anni, quando in Collegio venne più volte salassato? E per quali motivi nel 1618, ormai divenuto adulto, in agiate condizioni grazie alle ricchezze di famiglia, iniziò la vita militare in un pellegrinaggio per gli eserciti di Europa all’inizio della Guerra dei Trenta Anni, cambiando spesso esercito e bandiera? Per poi congedarsi volontariamente, da un giorno all’altro, e iniziare una vita raminga e vagabonda da studioso spesso appartato e isolato in varie città del Nord Europa, conoscendo l’amore di una donna, una cameriera, una sola volta, avendone una figlia, poi morta in tenera età, fino a morire di polmonite a soli 54 anni, alcuni dicono avvelenato, a Stoccolma presso la Regina Cristina di Svezia?

Tutto, certo, comincia nel 1596 alla sua nascita, ma la sua parabola di vita e di creatività filosofica trova un culmine in quella notte di novembre in cui inizia la sua scoperta meravigliosa, ispirato da tre sogni consecutivi nella stessa notte. Tre sogni che egli stesso interpreta, e che furono sottoposti, tre secoli più tardi, anche alla interpretazione di Sigmund Freud. Dai tre sogni e dalla loro interpretazione nasce l’ispirazione per una serie di assiomi quasi matematici sulla concezione del mondo, impropriamente riassunti nell’affermazione ‘cogito, ergo sum’, pietra miliare su cui Cartesio fonda, come assiomi euclidei, tutte le sue successive acquisizioni filosofiche, fra cui la divisione fra res cogitans, il mondo della mente e dello spirito, sottoposto alle leggi di Dio e res extensa, il mondo degli oggetti reali sottoposto a leggi scientifiche, umane e quindi esplorabili. Ma questo lo conduce a separare gli aspetti corporei dell’organismo umano da quelli mentali, preoccupato e intimorito dal pericolo di essere inquisito e condannato per eresia dalla Inquisizione, come già accaduto a Galileo Galilei. Sono quindi le sue difficoltà a gestire le sue emozioni, la paura della punizione a spingerlo in questa direzione, pur potendosi considerare fra i fondatori della psicologia moderna grazie al mirabile trattato sulle Passioni, dove riesce a fondere la antica teoria degli umori con il ricco arcobaleno delle emozioni più intense, quelle stesse emozioni da cui il piccolo Renè cercò di fuggire per tutta la sua breve vita.

(In foto: il Prof. Stefano Caracciolo)

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Pubblicato da
Roberto Di Biase

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