MODENA – Diciassette anni di crescita intervallata solo dalle crisi internazionali legate alla vicenda dei subprime del 2008 e alla pandemia, uno sviluppo trainato da tre settori in particolare (mezzi di trasporto, meccanica e ceramica). È il lusinghiero esito di un’analisi tracciata dall’Ufficio Studi di CNA Modena dell’export provinciale su dati della Camera di Commercio locale, più di tre lustri di sviluppo che hanno consentito a Modena di rimanere stabilmente (oscillando dall’ottava alla nona piazza) tra le prime dieci città italiane per export, a differenza di altre realtà come Reggio Emilia, che ha perso progressivamente posizioni dopo il secondo posto raggiunto nel 2006.
Stiamo parlando di una crescita monetaria dell’83,7%, del 41,8% in termini reali, con appunto solo due “buchi”, peraltro conseguenze di fattori internazionali, con un’impennata nell’ultimo biennio legata alla ripresa post covid.
A fare la parte del leone sono i due settori principi dell’economia del territorio, i mezzi di trasporto e la meccanica, che dal 52,7% dell’export modenese nel 2011 sono passati al 56,4% dell’anno scorso. Da registrare il sorpasso, datato 2021, dei mezzi di trasporto, mentre rimane sostanzialmente stabile il contributo dato alle esportazioni da agroalimentare, ceramica e biomedicale. Quest’ultimo, malgrado un valore economico non elevatissimo, assume una grande importanza per l’Area Nord, dove si trova la stragrande maggioranza delle imprese di questo settore.
Unico distretto produttivo in grave arretramento, quello del tessile abbigliamento, che si è sostanzialmente dimezzato, perdendo un quarto del suo export a valori deflazionati. Su questo calo ha inciso sicuramente l’ingresso della Cina nel Wto, che però ha avuto un impatto positivo su altri settori (rispetto al 2006 la Cina ha quadruplicato le sue importazioni “modenesi” arrivando ad assorbire il 3,7% del nostro export e diventando la sesta nazione importatrice di nostri prodotti).
Meno pesanti sembrano essere stati, almeno sino ad oggi le conseguenze della guerra russo-ucraina, considerato che il mercato russo non è mai andato oltre il 2,6% del nostro export.
Rispetto ai paesi di destinazione, si è ridotto il peso della Ue, che dal 52,5% è sceso al 47,8% a favore dell’Asia (cresciuta dal 10,8% al 12,8%, proprio grazie all’effetto Cina) e, soprattutto, degli Usa, che in un decennio hanno di fatto raddoppiato le importazioni modenesi passando da una quota di mercato del 10,6% al 14,6%. Del resto, gli Stati Uniti si confermano la nazione più importante per il nostro export, davanti, nell’ordine, a Germania, Francia, Regno Unito, Spagna, Cina, Giappone, Belgio, Svizzera e Paesi Bassi.
“Quelli dell’export modenese – commenta Francesco Stagi, segretario di CNA Modena – sono numeri sensazionali rispetto ai quali occorre operare in due direzioni. Innanzitutto, diversificare l’offerta, nel senso di agevolare l’internazionalizzazione anche delle piccole imprese con misure adatte alle loro caratteristiche, cosa che non sempre è avvenuta in questi anni. Anche se va considerato che per fare dell’export una strategia commerciale importante occorrono investimenti e dimensioni minime imprescindibili. In secondo luogo, bisogna difendere quel patrimonio di capacità – tecniche e gestionali – che sino ad oggi ha spinto i committenti stranieri a cercare sul nostro territorio quelle risposte che si sono rivelate vincenti, come la personalizzazione dei prodotti e dei servizi. Non è un caso che siano proprio i due settori che più rispondono a questo approccio, la meccanica e le auto, a raccogliere i migliori risultati sui mercati esteri”.