E per ribadire il suo no, come è nel suo stile, Gratteri ha elencato una serie di fatti circostanziati, “senza timore di passare per retrogrado o fuori moda dinnanzi a questa sorta di fanatismo che giudica come intellettuale illuminato e all’avanguardia chi è favore della liberalizzazione”.
Il primo fatto, di natura scientifica, “è che studi dimostrano che la corteggia cerebrale di un soggetto che usa in modo sistematico marijuana si riduce a 2 millimetri dai 6 di un soggetto sano: e questo significa che le droghe leggere mettono a rischio la crescita del vostro cervello e della sua capacità cognitiva, consegnandoci una generazione di giovani bolliti fin dalle medie”. Poi, entrando nel merito del disegno di legge, il magistrato ha smontato l’affermazione di chi – “e ci sono anche persone molto influenti e importanti, compresi miei amici” – sostiene che legalizzando si allontanerebbero i giovani dagli spacciatori e dalle mafie: “Questo non è assolutamente vero, perché la legge prevede la vendita in farmacia solo a chi ha 18 anni e certificazione medica di assuefazione, quindi i ragazzini delle medie o dei liceo continuerebbero a rivolgersi agli spacciatori”.
Sbagliato anche sostenere che con la liberalizzazione le forze dell’ordine potrebbero occuparsi di cose più importanti – “come se qualcosa che minaccia il cervello dei nostri figli non lo fosse …” – perché “chi spaccia non vende solo droghe leggere, ma come un buon negozio di generi alimentari, vende di tutto, anche eroina, cocaina ed ecstasy, quindi terrebbe comunque impegnati polizia e carabinieri”.
Infine, non è vero che “le carceri oggi siano per un terzo occupate da detenuti arrestati per fare uso di droghe perché il Testo unico sulle sostanze stupefacenti del 1990 – ed è sorprendente che autorevoli ex magistrati e professori universitari lo dimentichino – non prevede l’arresto di chi viene trovato in possesso di modiche quantità per uso personale: il terzo di detenuti tossicodipendenti è dunque in carcere perché ha commesso altri reati, anche terribili, non perché si faceva uno spinello…”.
Il come sempre accorato intervento di Nicola Gratteri ha chiuso una mattinata apertasi con il saluto del prefetto di Reggio Emilia Raffaele Ruberto, “venuto come tanti di voi per ascoltare chi, come Gratteri e Nicaso, sta svolgendo un enorme e prezioso lavoro sul territorio a favore della legalità, che significa non commettere illeciti”. “Nulla ci è regalato e quanto ci è regalato lo dobbiamo difendere per non rischiare di compromettere questo che un è grande Paese, di cui l’Emilia rappresenta la punta di diamante”, ha detto il prefetto rivolto ai giovani e invitandoli a “coltivare la cultura della legalità, che è rispetto quotidiano delle regole, anche nelle piccole cose: il bullismo è un fatto gravissimo, chi viola le regole va denunciato e chi denuncia deve essere sostenuto da tutti gli altri perché i compromessi si ritorcono su di noi, e voi dovete avere il coraggio di essere netti e puliti per affrontare la vita con speranza e ottimismo”.
Antonio Nicaso, scrittore e storico delle organizzazioni criminali, nonché direttore scientifico del Festival “Noicontrolemafie” di Reggio Emilia, è quindi entrato nel vivo del tema della giornata (“VII comandamento non rubare: scuola, Stato & cittadini contro mafia e corruzione”) ricordando che “i ladri hanno sempre avuto cittadinanza ovunque nel corso della storia, l’anomalia italiana è che purtroppo i nostri ladri sono stati legittimati dalla classe dirigente del Paese e la nostra criminalità organizzata non è legata a un ambiente o a un territorio, non è legata al Sud o alla mentalità dei meridionali perché sennò sarebbe rimasta confinata in Sicilia o Calabria: invece è riuscita ad attecchire in altre parti d’Italia e del mondo proprio perché la mafia, più che un modo di essere, è un modo di fare e, dunque, è un modello esportabile”.
Mafie che oggi, per ramificarsi al Nord o all’estero, “non usano la violenza, ma la corruzione, che è elemento costitutivo delle mafie: e noi possiamo avere anche i migliori anticorpi culturali, come quelli che avete in questa terra nata dalla Resistenza e dalla Liberazione – ha aggiunto – Ma gli anticorpi economici vengono sempre meno perché certe operazioni economiche sfuggono a idee di etica e morale, ma rispondono alla legge di costi e benefici”. “Questo, ora che purtroppo l’economia governa sempre più la politica, è ancora più grave”, ha concluso Nicaso invitando i giovani “a essere informati, a interessarvi e anche a fare politica per difendere il vostro territorio, a pensare che la politica non è qualcosa di schifoso, ma un’attività fondamentale per la vostra comunità e il vostro Paese”.
La scrittrice ed educatrice del metodo “don Puglisi” Rosaria Cascio ha infine portato la propria coinvolgente esperienza “di chi insegna e vive con i giovani ogni giorno e ogni giorno viene messo in difficoltà da voi giovani nel rispettare la pedagogia dell’esempio; nell’essere, come ci ha insegnato padre Puglisi, chiari, coerenti e credibili perché quando moriremo, ci ricordava il giudice ragazzino Rosario Livatino, non ci si chiederà se siamo stati credenti, ma se siamo stati credibili”. “E’ facile dirvi ‘il vostro futuro ve lo dovete costruire voi’, ma noi adulti che Paese vi stiamo consegnando?”, ha aggiunto Rosaria Cascio, giudicando “belle le vostre proteste nelle scuole, non solo perché vi svegliano dal vostro torpore, ma perché oggi paradossalmente protestate perché volete una scuola migliore” e “un errore la riduzione delle ore di geografia e di diritto, perché materie importanti nel farvi capire chi siete e il mondo in cui vivete”.
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