PARMA – Oggi, ventiquattro anni fa, moriva Don Luigi Di Liegro fondatore della Caritas diocesana di Roma, ne fu direttore dal 1980 fino alla morte il 12 ottobre 1997.
Don Luigi era indubbiamente il prete dei poveri, ma era il suo carattere politico a dare scandalo, il suo pensiero era quello di ricostruire il tessuto sociale ed analizzarlo “per capire dove aveva fallito”.
Era dai suoi scritti che emergeva il difficile rapporto con il Vaticano: “bisogna aiutare una persona prima che diventi senzatetto, dopo, è già un fallimento per la comunità, significa che si è rotta la rete di solidarietà ed è lì che deve subentrare la carità.
“Non si può amare a distanza restando fuori dalla mischia, senza sporcarsi le mani, ma soprattutto non si può amare senza condividere”.
Nel 1974, l’anno del referendum sul divorzio, don Luigi è tra i promotori del convegno sui “Mali di Roma” che vuole indicare il bisogno di un cambio di paradigma dell’associazionismo non solo cattolico e durante i lavori emerge il profilo – oggi purtroppo ancora attuale a Roma come a Parma – di città indifferenti e ciniche piene di case senza gente e di gente senza casa.
Quel convegno segnò le premesse per la nascita della Caritas.Nel 1990 scoppia il caso della “feccia immigrata” alla Pantanella ed è lui nuovamente in prima linea a chiedere il riconoscimento politico per gli immigrati.
Don Luigi seppe interpretare, con quella vicenda, il segno di una migrazione solo agli inizi per la quale bisognava attrezzarsi tanto da un punto di vista amministrativo, quanto organizzativo e culturale.
Finì con uno sgombero per il rispetto del decoro urbano, il 1990 è l’anno dei Mondiali di Calcio ma i riflettori sulla questione immigrati ormai si sono accesi.
Il suo impegno creerà molti nemici e raffiche di calunnie ma sarà prosciolto da ogni avviso di garanzia.
Non era ancora il tempo della complessità amministrativa dei casi di Mimmo Lucano e Simone Strozzi, non era ancora il tempo della criminalizzazione dell’aiuto umanitario dove, banalmente, l’utilizzo di fondi assegnati a determinate povertà, utilizzati per altre povertà diventano reati penali e non, in assenza di interesse privato, reati amministrativi.
Quando aprì nel 1988 un centro per malati di Aids ai Parioli, ci furono blocchi stradali, comitati di cittadini che organizzavano raccolte firme e assemblee, il Cardinal Siri tuonava che l’Aids era un castigo di Dio e medici della zona affermavano che il contagio si sarebbe diffuso nell’aria.
La sua tenacia vinse nel mostrare l’umanità dei malati capaci di scuotere le anime di tanti benpensanti cristiani della domenica e dei politici laici devoti.
Don Luigi chiese espressamente agli ordini religiosi di mettere a disposizione degli “ultimi” una parte delle loro strutture, le strutture sottoutilizzate o inutilizzate, una fetta di quel patrimonio che a Roma, come a Parma, era ed è enorme.
Fece lo stesso invito al Comune di Roma ma siccome sia l’amministrazione comunale che la Chiesa di Roma e gli ordini religiosi non sapevano di quante risorse disponessero, chiese di fare un censimento del patrimonio di loro competenza, questo per poter assegnare a scopi sociali e di emergenza abitativa ciò che era possibile utilizzare.
Il povero, secondo don Luigi, non era solo un problema del cristiano, il punto non è mai la beneficenza ma la giustizia e i diritti, il punto, cari concittadini, è sempre politico.
(a cura di Marco Maria Freddi)