MODENA – Si terrà domani, nell’Aula Magna “Giuseppe Dossetti” del Dipartimento di Giurisprudenza di Unimore, il convegno: Balthasar, Mörsdorf, Corecco: continuità ed eredità nell’ordinamento giuridico ecclesiale. Il momento di studio, organizzato dal Prof. Vincenzo Pacillo del Dipartimento di Giurisprudenza, è sostenuto della Facoltà teologica dell’Emilia Romagna e dell’Associazione “Amici di Eugenio Corecco”, con sede a Breganzona, in Svizzera.
La prima sessione del convegno (9.45 – 11-15) sarà presieduta dal Prof. Enrico Vitali dell’Università degli Studi di Milano e vedrà gli interventi del Prof. Gian Piero Milano dell’Università di Roma Tor Vergata e del Prof. Romeo Astorri dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Dopo un breve coffee break, i lavori riprenderanno alle ore 11.45 con le relazioni del Prof. Vincenzo Pacillo e della Prof.ssa Chiara Minelli dell’Università degli Studi di Brescia. A presiedere la sessione il Prof. Giorgio Feliciani della Facoltà di Diritto canonico S. Pio X, Venezia.
L’ultima parte del convegno, quella pomeridiana, prenderà il via alle ore 15.00 e vedrà, oltre alla relazione del Prof. Stefano Violi, della Facoltà Teologica dell’Emilia-Romagna, le comunicazioni della Dott.ssa Veronica Palladini, Dottore in Giurisprudenza, e della Dott.ssa Paola Buselli Mondin – Avvocato della Rota Romana.
Le conclusioni della giornata di studio sono affidate al Prof. Pierluigi Consorti dell’Università di Pisa.
Eugenio Corecco è stato uno dei principali canonisti del XX secolo. Ticinese, nato ad Airolo (Ticino), licenziato in teologia all’Università Gregoriana di Roma, si avviò allo studio del diritto canonico sotto la guida del Prof. Klaus Mörsdorf di Monaco di Baviera. Diventerà uno dei suoi assistenti, professore a sua volta all’Università di Friburgo /CH ed il rappresentante forse più noto della “scuola di Monaco”, che rivendica con forza la necessità del fondamento teologico del diritto canonico.
Corecco in particolare sosteneva l’impossibilità di applicare al diritto canonico la metodologia propria delle scienze giuridiche laiche, e che il diritto canonico, in quanto derivante dalla natura soprannaturale della Chiesa, dovesse essere ritenuto un sistema giuridico derivante dalla fede e non dalla ragione.
Quando Eugenio Corecco, nel 1976, espose queste teorie a Pamplona – nel corso di un convegno internazionale di studi – probabilmente non si rese immediatamente conto di aver capovolto dalla testa ai piedi – come titolò quindici anni dopo la Frankfurter Allgemeine Zeitung – la scienza canonistica e la stessa definizione di diritto canonico. Quella separazione tra teologia e diritto canonico, che la tradizione dottrinale fa risalire a Graziano e che trovava nel Codice piano-benedettino una sorta di punto di non ritorno, tornava ad essere messa in discussione: e veniva così contestata anche la scuola canonistica italiana, che – proprio grazie al tecnicismo ed alla scelta di studiare ed interpretare il diritto della Chiesa secondo i dettami della scienza giuridica laica – aveva ottenuto di poter tornare ad inserire tale diritto entro i piani di studio delle facoltà di giurisprudenza inserite nel sistema statale.
D’altra parte, l’idea che il diritto canonico potesse essere studiato con la metodologia propria di ogni altra esperienza giuridica secolare aveva trovato – già prima del congresso di Pamplona – autorevoli oppositori, i quali avevano finito per richiamare – in modo più o meno esplicito – l’esigenza di riavvicinare la speculazione canonistica a quella teologica. In Italia è necessario rammentare l’opera Pio Fedele, il quale – oltre ad aver negato la possibilità di accogliere una dimensione privatistica all’interno dell’ordinamento canonico – aveva sottolineato la fallacia delle interpretazioni dirette a ridurre l’esperienza giuridica della Chiesa a quella degli ordinamenti laici, enfatizzando il ruolo della misericordia e del peccato all’interno del sistema e ricordando come l’istituto dell’equità canonica debba essere considerato come una finestra spalancata sul diritto naturale e su una serie di principi fondamentali che – pur avendo carattere metagiuridico – finiscono per entrare nel processo di interpretazione e di applicazione della norma nel caso concreto.
Nel 1982 Corecco è chiamato da Giovanni Paolo II nella commissione, che lo deve affiancare nell’esame del nuovo Codice di diritto canonico, prima della promulgazione. Sarà poi nominato consultore della commissione pontificia per l’interpretazione autentica del codice. La sua ormai consolidata fama di canonista lo porta a tenere incontri e conferenze in tutto il mondo. Tra Giovanni Paolo II ed Eugenio Corecco nasce una profonda amicizia personale. Nel 1986 il papa lo sceglie come vescovo di Lugano. Nei nove anni di episcopato affronta con determinazione i problemi diocesani, crea la Facoltà di Teologia, ma soprattutto si impegna nella grande opera della rifondazione della fede, spendendosi di persona senza risparmio, in particolare per i seminaristi e per i giovani.
Negli anni del post-Concilio, Eugenio Corecco è tra i promotori dell’edizione italiana della rivista internazionale Communio, progettata da Hans Urs von Balthasar, P. Henri De Lubac e Joseph Ratzinger.
La figura di Eugenio Corecco risulta nodale per gli attuali sudi di diritti religiosi: la sua peculiare visione del rapporto tra teologia e diritto rimane ancor oggi basilare per comprendere nel profondo le particolarità che contraddistinguono gli ordinamenti giuridici fondati sulle credenze di fede.
Per riflettere sulla sua opera a poco più di vent’anni dalla sua morte converranno a Modena alcuni tra i principali studiosi di Diritto canonico: Enrico Vitali, Giorgio Feliciani, Gian Piero Milano, Romeo Astorri, Pier Luigi Consorti, Chiara Minelli, Stefano Violi (studioso modenese) e Paola Buselli Mondin.