Concittadine e concittadini,
Buongiorno e buon 25 aprile.
Dopo anni difficili in cui la pandemia ci ha tenuto distanti, oggi vedo sventolare le bandiere, indossare i fazzoletti tricolore e sento intonare con gioia i canti della Resistenza.
Finalmente il 25 aprile è tornato nella piazza e tra la gente.
Anche se in cuor nostro non ce ne siamo mai andati, a tutti voi vi dico bentornati.
Bentornati nel giorno della vostra, della nostra festa: gioiosa e orgogliosa, vero, ma che richiama alla memoria un passato scritto col sangue nella sofferenza.
Sembra assurdo unire in un’immagine due parole così distanti: festa e sofferenza.
Eppure nel giorno del 25 aprile marciano unite: con il tricolore celebriamo a festa la fine di una sofferenza che ha insanguinato le strade d’Europa.
È la festa della Libertà che vince sulla tirannia; dell’uguaglianza che cancella tutte le disuguaglianze; dei diritti che abbattono i soprusi.
La Liberazione è la festa dei figli d’Italia e d’Europa, tornati a vivere dopo anni dominati dall’incubo.
Prima di noi, altri italiani ed europei hanno conosciuto il significato profondo di quella sofferenza: noi siamo i loro figli e nipoti, ne portiamo il ricordo come un’impronta genetica della civiltà.
La sofferenza che hanno vissuto ci tormenta, ma al tempo stesso dà forza.
Dico questo perché il giorno che celebriamo, il 25 aprile, non va considerato come un episodio abbandonato alla storia, come fosse un monumento che abbellisce le piazze ma ignorato al nostro passaggio.
Quel tempo diventa lontano se non saremo in grado di tenere uniti i loro sentimenti ai nostri, quella loro sofferenza al nostro mondo.
Oggi, noi, in questo tempo che pare lontano e così diverso, viviamo rincorrendo i nostri sogni e progettando il domani: c’è chi alza la saracinesca al mattino e chi va a scuola; chi indossa giacca e cravatta e chi la tuta da operaio.
La vita ha il diritto di essere vissuta da ognuno come meglio immagina. Questo è vero e anche giusto.
Ma se gli italiani e gli europei di allora potessero parlarci, se potessero farlo guardandoci negli occhi, direbbero che la loro vita e la nostra vita sono e resteranno per sempre unite nel dolore e nella storia.
In virtù di questo, vorrei ricordare le parole di un grande italiano ed europeo che da questo mondo se n’è andato troppo, troppo presto.
Un sognatore irriducibile che immaginava un’Europa unita nella storia e vissuta da fratelli europei, affinché ciò che è accaduto non possa mai più ripetersi.
Quell’uomo è David Sassoli, che nel giorno del suo insediamento alla presidenza del Parlamento Europeo parlando al mondo di noi europei, affermava:
“L’Unione europea non è un incidente della Storia. Io sono figlio di un uomo che a 20 anni ha combattuto contro altri europei, e di una mamma che, anche lei ventenne, ha lasciato la propria casa e ha trovato rifugio presso altre famiglie.
Io so che questa è la storia anche di tante vostre famiglie… e so anche che se mettessimo in comune le nostre storie e ce le raccontassimo davanti ad un bicchiere di birra o di vino, non diremmo mai che siamo figli o nipoti di un incidente della Storia.
Ma diremmo che la nostra storia è scritta sul dolore, sul sangue dei giovani britannici sterminati sulle spiagge della Normandia, sul desiderio di libertà di Sophie e Hans Scholl, sull’ansia di giustizia degli eroi del Ghetto di Varsavia, sulle primavere represse con i carri armati nei nostri paesi dell’Est, sul desiderio di fraternità che ritroviamo ogni qual volta la coscienza morale impone di non rinunciare alla propria umanità, e l’obbedienza non può considerarsi virtù.
Non siamo un incidente della Storia, ma i figli e i nipoti di coloro che sono riusciti a trovare l’antidoto a quella degenerazione nazionalista che ha avvelenato la nostra storia.
Se siamo europei è anche perché siamo innamorati dei nostri Paesi. Ma il nazionalismo che diventa ideologia e idolatria produce virus che stimolano istinti di superiorità e producono conflitti distruttivi”.
Sono parole che dobbiamo scolpire nella memoria e tramandare di giorno in giorno ai nostri figli.
Dobbiamo farlo con più convinzione perché nel mondo di oggi qualcosa si è rotto, e quando qualcosa si rompe la vita e l’esistenza pacifica delle persone vengono minacciate.
L’incertezza verso un futuro che appare ignoto e cupo, la paura che provocano i nuovi venti di guerra, la sofferenza scaturita da immagini truci e di devastazione destabilizzano la nostra vita e quella di giovani ucraine e ucraini che lottano per la loro libertà.
Nell’est Europa un aggressore ha invaso un Paese sovrano minandone la stabilità.
Non c’è giustificazione alcuna verso chi, con le armi, intende imporre il proprio potere sulle persone.
Parma è a fianco del popolo ucraino e farà tutto ciò che è in suo potere per accogliere e proteggere i cittadini ucraini scappati dalla guerra e giunti sin qui, nella speranza che questa guerra possa avere termine il prima possibile.
Nell’instabilità del mondo si annida minacciosa la paura, e dentro ai sentimenti di terrore proliferano spesso rassegnazione, rabbia, disprezzo e ostilità.
Allora vi chiedo: non sono forse questi i sentimenti che conducono il mondo a un punto di non ritorno? Non sono forse questi i sentimenti che dividono tra loro le esistenze degli uomini lacerando i diritti acquisiti?
Noi grazie al sacrificio delle nostre madri e padri, delle nostre nonne e nonni, non abbiamo mai conosciuto l’orrore della guerra: siamo fortunati ad essere nati in tempo di pace. La pace è così connaturata nelle vite di ognuno che la consideriamo la regola ma mai l’eccezione.
Diamo per scontato qualcosa che in realtà è nato sotto le bombe, il sangue e la sofferenza.
Per giorni mi sono chiesto che valore potesse avere il 25 aprile nel tempo della confusione globale, il nostro tempo.
Possiamo celebrare il 25 aprile guardando indietro nel passato ed evocare l’orgoglio e il coraggio che ha rappresentato. È un modo giusto per commemorarlo.
Ma da figlie, figli e nipoti del 25 aprile possiamo fare qualcosa di più: possiamo dirci che il giorno della Liberazione può avere un valore anche nel nostro presente.
Deve avere un valore nel nostro presente.
Quel valore è dato dalle parole di Liliana Segre quando afferma che “L’indifferenza porta alla violenza, perché l’indifferenza è già violenza”; ed è dato anche dal ricordo di Piero Calamandrei quando sosteneva che “Ognuno di noi può portare un contributo alla salvezza del mondo, oppure essere complice di una ricaduta”.
Il 25 aprile e il suo valore vivono nel presente se saremo noi, con le nostre azioni, a coltivarne l’esistenza e le virtù.
Concittadine, concittadini.
Questo è il mio ultimo 25 aprile e il mio ultimo discorso da sindaco, ed è il giorno che più di ogni altro mi ha fatto sentire parte di una fiera comunità: la nostra comunità parmigiana.
Cade 100 anni dopo le gloriose barricate antifasciste in Oltretorrente, il valoroso quartiere che la storia di Parma e d’Italia ricordano per aver respinto l’odioso apparato fascista.
Cento anni di storia ricordati sotto un luminoso giorno d’aprile del 2022.
“Balbo t’è pasè l’Atlantic mo miga la Perma” sono le parole scolpite nel cuore di ognuno di noi. Intramontabili.
All’inizio del mio mandato, ho preso personalmente la cornice che contiene la medaglia d’oro e il documento che attesta il Valor Militare alla nostra città, e l’ho posizionato nell’ufficio del sindaco, a fianco alla foto del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Quella Medaglia d’Oro forgiata col sangue di giovani parmigiani è ancora lì, nell’ufficio del sindaco. E vorrei che chi verrà dopo di me la lasciasse dove si trova ora, nella stanza del Primo Cittadino di Parma, cosicché tutte le istituzioni d’Italia e del mondo che faranno visita alla città possano ammirarla e chinando il capo in segno di rispetto dire: questa è una città antifascista. Questa è una città che ha combattuto per la Libertà dei suoi cittadini e per l’Italia democratica.
Sono orgoglioso di dirmi antifascista. Orgoglioso come lo siete voi.
Servire Parma è stato un onore e ringrazio i Parmigiani per avermi dato questa opportunità, è stato un privilegio impossibile da spiegare a parole.
Le vite scorrono, i giorni passano, gli anni volano, ma la città resta: vorrei che chiunque verrà dopo di me, davanti a questa luminosa e fiera piazza, come me possa orgogliosamente dire:
essere antifascisti non è soltanto una promessa che abbiamo fatto ai nostri nonni, ma è un modo di essere, un modo di soffrire, un modo di vivere.
Buon 25 aprile a tutti voi, e grazie Parma.
Alle 17.30 al ParmaUniverCity Info Point con Paolo Villa docente del Dipartimento di Discipline Umanistiche,…
PARMA - Si comunica che la III Commissione consiliare “Urbanistica, Attività produttive e Protezione civile”…
Martedì 8 ottobre 2024 alle 17 appuntamento per bambini in via Ferrariola 12, a Ferrara.…
Alle 15 presso la Polisportiva San Faustino interverranno il comandante della Polizia locale, la questora…
Il titolare del negozio in zona borgo Panigale è stato deferito alla Procura della Repubblica…
Martedì 8 ottobre la speciale illuminazione del monumento di largo Garibaldi in occasione della Giornata…
L'Opinionista © 2008 - 2024 - Emilia Romagna News 24 supplemento a L'Opinionista Giornale Online
reg. tribunale Pescara n.08/2008 - iscrizione al ROC n°17982 - P.iva 01873660680
Contatti - Archivio news - Privacy Policy - Cookie Policy
SOCIAL: Facebook - Twitter