FILTRO è l’ambito di interesse individuato da Gemma Fantacci: le opere selezionate sono accomunate dalle parole chiave avatar, identità, corpo, digitale vs analogico, IRL vs mondi virtuali ognuna delle quali declinata ed affrontata in modo diverso. Il FILTRO è inteso nella sua doppia accezione di dispositivo che permette l’attuazione di modifiche, reali o virtuali, ad un oggetto o corpo, anch’esso reale o digitale, e infine di lente, o schermo, attraverso cui facciamo esperienza di una versione alterata della realtà e del panorama mediale che ci circonda. Il concetto di filtro si riallaccia anche alla nozione faucoultiana di dispositivo, dunque ai meccanismi di potere e controllo esercitati sul singolo nella società contemporanea.
Il 25 maggio sarà possibile vedere i video di tutti gli artisti che hanno preso parte al progetto: partendo dal lavoro Ain’t Free di Giorgie Roxby Smith in cui second life è il territorio in cui l’avatar dell’artista si muove alla ricerca di una continua soddisfazione del proprio ego, si passa poi a Storm and Stress di Carson Lynn in cui l’artista ribalta le dinamiche del video game per promuovere un atteggiamento meditativo e non più bellicoso. Underw[h]e(a)re di Luca Miranda esplora le dinamiche di rappresentazione dei videogiochi intrufolandosi tra i vestiti dei personaggi di un videogioco, azione simile compie Cassie McQuater che con Chun-Li fa uso del videogioco per poter esplorare la figura femminile nelle rappresentazioni videoludiche e di sancire quindi un nuovo riconoscimento di questi personaggi. Infine si avranno il progetto di Stacie Ant, Uncanny Valley, in cui la quotidianità viene messa a confronto con l’idealizzazione e oggettificazione della rappresentazione virtuale di se stessi, aspetto esplorato anche nell’ultimo video della rassegna Untouched di Martina Menegon in cui il corpo dell’artista viene smaterializzato e ricomposto digitalmente.
Durante la serata di presentazione di FILTRO i video si susseguiranno così da poter offrire una ricognizione sull’arte digitale ed esplorare quindi le diverse possibilità espressive di artisti internazionali intorno al tema della rappresentazione di sé. FILTRO porta all’individuazione delle diverse storture a cui il corpo è sottoposto e di conseguenza all’elaborazione di pratiche di riappropriazione che rompono la lunga catena di oggettivizzazione a cui è via via sempre più sottoposto.
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