RIMINI – “Due quattordicenni su cinque dopo l’estate entreranno alle superiori con competenze da quinta elementare, mentre due maturandi su 5 hanno competenze adeguate alla prima o al massimo alla seconda superiore. È la fotografia che emerge analizzando i risultati delle ultime prove organizzate dall’Invalsi e resi pubblici ieri dal Ministro dell’Istruzione: numeri e percentuali che servono a mettere nero su bianco una situazione che era già sotto gli occhi di tutti e cioè che la pandemia ha avuto forti ripercussioni, oltre che sulla dimensione della socialità, anche sotto il profilo dell’apprendimento. E che la didattica a distanza, per quanto sia stata preziosa nelle fasi più drammatiche della pandemia, non potrà mai sostituirsi alla presenza, alle lezioni frontali.
I dati che il MIUR restituisce si differenziano per ordine di scuola: a fronte di un calo preoccupante delle competenze in italiano e in matematica per le medie e superiori, si evidenzia una tenuta del dato delle scuole primarie. Un dato che non ha un valore solo consolatorio, ma è molto di più: la maggiore presenza in classe rispetto ai colleghi più grandi, nonostante la sospensione di marzo e quelle saltuarie delle classi in caso di quarantena, è stata significativa. Per le scuole c’è invece un peggioramento importante in italiano e matematica, con il 45% dei ragazzi che non risulta avere una preparazione adeguata in matematica e il 39% in italiano, in entrambi i casi il 5% in più rispetto al 2018 e 2019. Il dato diventa drammatico quando si leggono i dati della rilevazione sulle scuole secondarie di secondo grado, con un peggioramento di circa il 10% sia per italiano (44% non raggiungono risultati adeguati) sia per la matematica (55%, più di un ragazzo su due). Si salva solo l’inglese, con il livello di apprendimento che si mantiene stabile tra i ragazzi delle superiori e risulta in crescita tra gli studenti delle medie.
In questo quadro consola solo parzialmente il fatto che comparando i territori, l’Emilia Romagna non figuri tra la lista delle ‘peggiori’, dove invece compaiono il Sud e le Isole che rappresentano la zona geografica dove il maggior numero di studenti non arriva al minimo delle competenze. Il tema infatti è che, più del ‘dove’ si vive, a fare la differenza nell’apprendimento è il ‘come’ si vive. A pagare il conto più salato – e ciò purtroppo non sorprende – sono stati i ragazzi con un background più fragile, quelli che vivono in situazioni di svantaggio e che non hanno una famiglia in grado di supportarli. In tutte le materie si registra una perdita di apprendimento con percentuali quasi doppie tra gli studenti che arrivano da un contesto svantaggiato, rispetto a chi ha maggiori possibilità. A riprova di quello che tutti sappiamo: quando la scuola non può aprire le sue porte, è più facile per i ragazzi più fragili perdersi (non a caso in questi mesi si è aggravato anche il fenomeno della dispersione scolastica). E la scuola come istituzione pubblica fallisce il suo compito principale: dare a tutti uguali opportunità di crescita e sviluppo sociale.
Credo che questa ‘pagella’ dell’Invalsi, arrivata in questa fase di programmazione del prossimo anno scolastico, possa essere un ulteriore stimolo a mettere la scuola al centro del rilancio del Paese. Garantire la scuola in presenza, così come investire su personale e infrastrutture, deve essere una priorità e passa necessariamente dal completamento della campagna vaccinale per il personale docente e per gli studenti. È un atto di responsabilità per garantire un futuro più solido ai nostri ragazzi”.