Il pedagogista: “Meglio aiutare i genitori a educare che accanirsi sui difetti dei figli”. Il tema sarà affrontato nel convegno “Dalla parte dei genitori”, in programma il 13 aprile a Piacenza
PIACENZA – Daniele Silvestri, con il suo brano “Argentovivo”, ha acceso le luci del dell’opinione pubblica su chi ha sempre voglia di dirti come dovresti essere per non essere sbagliato. E’ facile rivedere nel testo i tanti casi di diagnosi – molto spesso infondate – che etichettano gli alunni della scuola di oggi. Basta pensare al significativo aumento delle certificazioni nelle scuole dell’infanzia di Milano, giusto per riportare un caso recente che rende l’idea del problema.
“Sono passati quarantadue anni da quando, nel 1977, l’Italia decise di chiudere le classi differenziali e di svuotare le scuole speciali (Legge 517/77)”, ricorda Daniele Novara, uno tra i più autorevoli pedagogisti italiani. “Con questa Legge – che arrivò ancora prima della chiusura dei manicomi – abbiamo abolito quelle classi differenziali dove venivano concentrati i bambini con disabilità, in genere con ritardo cognitivo, introducendo l’insegnante di sostegno, da affiancare agli alunni in difficoltà”.
A fronte di questa eccellenza, però, negli ultimi 15 anni è stata utilizzata la Legge 104 (sulla tutela alla disabilità) per passare da un’attenzione di fatto concentrata su down e neurolesi alla nascita a una morbosa inclinazione alla diagnosi verso tutti i bambini con difficoltà comportamentali o emotive. Creando, quindi, un raddoppio del tutto ingiustificato di certificazioni scolastiche di disabilità grave su base neurodiagnostica, utilizzando il DSM V e l’ICD 10. Ed ecco una sensazione di epidemia di disturbi neuropsichiatrici tra bambini e ragazzi. Anche i DSA (alunni con dislessia, disgrafia ecc…) rientrano in queste classificazioni neuropsichiatriche. “Finisce così che in alcune classi un bambino su tre se, non due su cinque, abbiano una neuro-certificazione a stigmatizzarlo”, rileva Novara. “Se a questi aggiungiamo gli alunni BES (bisogno educativi speciali), finisce che, in alcune classi, i bambini con un’etichetta arrivino ad essere più della metà”.
Di fatto, è stato così abolito il cosiddetto “bambino difficile” che rappresentava una sfida per gli insegnanti e i compagni: il disturbo neuropsichiatrico ha sostituito la naturale gestione degli alunni problematici. “Anche i vivaci stanno scomparendo. Anche loro vengono sottoposti a controlli e sono spesso etichettati sotto la sigla di ADHD (che significa ipercinetismo, nel linguaggio comune). In realtà, sono quasi sempre diagnosi sui comportamenti e sulle emozioni, raramente su veri deficit fisiologici. Il rischio delle etichettature è molto, molto forte”, aggiunge il pedagogista, “così come quello dei falsi positivi neurodiagnostici”.
SCREENING NEUROPSICHIATRICI SENZA TUTELA DEI PICCOLI – “Nell’ultimo anno della materna e in seconda elementare, vengono spesso eseguiti screening ai bambini di natura neuropsichiatrica. Questi esami non hanno né regolamentazione né norme che tutelino gli alunni e finiscono per creare indebita apprensione nei genitori. Da queste visite, spesso fatte da centri privati, si generano inevitabili richieste di altri controlli che provocano ulteriore ansia e tensione. E, addirittura, a volte sfociano in certificazioni inutili e premature. In realtà, il problema vero – oggetto del mio libro “Non è colpa dei bambini (ed. Bur Rizzoli)” – è la naturale e fisiologica immaturità dei piccoli che non va confusa con un disturbo neuropsichiatrico. La differenza infantile è un valore da tutelare, la base per una vita sana e sicura. Viceversa, i bambini finiscono in un corto circuito emotivo da cui uscire è difficile. Un esempio: la rabbia infantile. Aspetto che, tra tutti, è quello più sottoposto a equivoco diagnostico. Ma il bambino arrabbiato è sostanzialmente normale dal punto di vista psicoevolutivo. Confondere la rabbia con disturbi patologici è pericoloso”.
DIAGNOSI DI AUTISMO TROPPO FACILI – Senza dimenticare “la caccia allo spettro autistico, con diagnosi incerte e generiche che creano depressione nei genitori perché veicolate con la falsa affermazione che di autismo non si guarisce. L’accentuazione della diagnosi viene spesso fatta per ottenere con più facilità l’insegnante di sostegno, danneggiando così i bambini che si ritrovano false etichette appiccicate”, spiega Novara. “Ribadisco un concetto che ripetiamo sempre al Cpp, (Centro Psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti). Un problema educativo c’è: la fragilità dei genitori. Un aspetto che sta creando difficoltà sfruttate da centri privati che si propongono in termini salvifici ma che, in realtà, fanno fare solo percorsi dispendiosi, stressanti e inutili a genitori e bambini. E, a volte, finiscono per peggiorare la condizione del piccolo. Va ricordato che il genitore è il titolare dell’educazione del figlio: va aiutato in questo cammino. E’ lui, il genitore, che ha l’ultima parola sulle diagnosi verso la propria creatura”. I genitori diventano la vera risorsa dei figli se aiutati adeguatamente nell’organizzazione educativa. E’ la competenza dei genitori che va rafforzata, come facciamo con le Scuole Genitori e con gli sportelli pedagogici.
Da qui, un invito ai genitori da parte di Novara: “Resistete a questa ondata di etichettature neuropsichiatriche che partono solo da normali differenze infantili. Meglio avere più attenzione educativa a: tutela del sonno infantile; gestione delle regole; sospensione di urla e punizioni; mantenimento del proprio ruolo educativo adulto senza mettersi alla pari o voler fare gli amiconi, evitare gli eccessi di promiscuità (bambini nel lettone dopo i 3 anni, bacio in bocca, utilizzo comune del bagno dopo una certa età…); uso limitato dei video schermi. Riconosciamo nell’irriducibilità infantile la meraviglia della plasticità mentale che crea le basi della crescita umana”. Di tutto questo si parlerà nel grande convegno nazionale del CPP, in programma il 13 aprile a Piacenza, che non a caso si intitola “Dalla parte dei genitori”.