BOLOGNA – Di seguito, l’intervento d’inizio seduta della consigliera Luigia De Martino (Partito Democratico):
“Il rinvio del processo Cavallini dopo 41 anni di richieste di verità e giustizia.
Il 2 agosto non è solo l’anniversario di una strage che conta 85 vittime civili e più di 200 feriti, ma è il giorno in cui insieme, ogni anno, facciamo della memoria un atto di militanza. Lo facciamo consapevoli che è grazie alla resistenza civica di questa città, delle sue cittadine e dei suoi cittadini, dell’associazione tra i familiari delle vittime su tutti, che depistaggi e insabbiamenti non hanno fermato la pretesa di verità e giustizia per quanto accaduto e per le quali, dopo 41 anni, ci stiamo ancora battendo.
Dal 1° settembre, come sapete, sono riprese le udienze del processo ai mandanti della strage, processo in cui il Comune di Bologna, costituito come parte civile, è concretamente in prima linea. Solo poche settimane fa il nostro sindaco, Matteo Lepore, chiamato a testimoniare come parte civile, ha spiegato con parole chiare e nette come la città abbia subito un danno inestimabile a seguito della strage. Una ferita che può essere rimarginata solo dalla piena verità e dalla piena giustizia. Quelle che aspettiamo da 41 anni, perché nello Stato c’è chi non ha voluto fare chiarezza e anzi ha tramato nella direzione opposta.
Proprio per questo, come ricordato con parole altrettanto chiare, vere e nette dall’associazione familiari delle vittime nel manifesto dell’anniversario della strage di quest’anno, ‘svelare mandanti e depistatori nascosti nelle strutture dello stato non può che rafforzare la nostra democrazia e restituire dignità a tutto il paese’.
Perché quello che è successo a Bologna riguarda la nostra città, la nostra comunità ferita e umiliata dai vertici della loggia massonica P2, dalla mano dei terroristi fascisti, da chi avrebbe dovuto proteggerla – i vertici dei servizi segreti, pezzi del nostro Stato – e riguarda, quindi, l’intero paese.
Per queste ragioni, il processo Cavallini, già condannato in primo grado per concorso nell’esecuzione della strage, era stato inserito, ad agosto di quest’anno, tra le udienze in trattazione della Corte d’appello di Bologna e calendarizzato per il 12 gennaio 2022. Decisione derivante dalla necessità di dare priorità alla trattazione di processi che riguardano reati di straordinaria gravità, che coinvolgono vittime di terrorismo e che tutelano la dignità e la sicurezza di una intera comunità.
Quando parliamo del Processo Cavallini, parliamo infatti di un processo chiave perché chiave è la posizione assunta da Cavallini, colpevole anche della morte di Mario Amato e Francesco Straullu, il pm e il poliziotto che stavano conducendo indagini sulla destra e i suoi rapporti con i servizi segreti, con coperture in Argentina e in Bolivia, con legami evidenti con Ordine nuovo. Una figura che, come affermato dalla Corte d’assise, era “pienamente consapevole dei disegni eversivi che coinvolgevano il terrorismo e le istituzioni deviate”.
Per queste ragioni non posso che esprimere profondo rammarico per la recente decisione di rinviare il processo di un altro anno e tre mesi, arrivando all’aprile 2023.
Certo, le ragioni che hanno portato a questo rinvio non possono non essere comprese. La mancanza di un organico sufficiente, la lista infinita di processi ancora in attesa sono ovviamente problemi gravi che la politica non può ignorare.
Oggi però sento di dover esprimere grande vicinanza a tutti coloro che da 41 anni invocano il diritto alla verità.
La nostra città fa da sempre della memoria un vero atto di militanza. Dalle 85 pietre d’inciampo che grazie a una rete di associazioni troviamo oggi lungo il percorso del corteo, al quartiere della memoria che nascerà in Bolognina, al lavoro quotidiano e coraggioso dell’associazione dei familiari delle vittime, al sostegno che l’Amministrazione non ha fatto e mai farà mancare a una intera comunità di donne e uomini che da anni aspettano di chiudere questo capitolo e di dimostrare al paese che non c’è ingiustizia al mondo che possa restare impunita. Che una memoria e un agire, civico e militante, sono la cura migliore quando le istituzioni si allontanano dalla loro ragione d’essere: la tutela di libertà e giustizia per tutte e tutti”.