BOLOGNA – Di seguito, l’intervento d’inizio seduta della consigliera Isabella Angiuli (Partito Democratico).
“Colombia: siamo di fronte alla violazione dei diritti umani legalmente e costituzionalmente riconosciuti
Lo scorso 28 aprile, in seguito all’annuncio di una riforma tributaria da parte del Presidente colombiano Iván Duque, migliaia di colombiani si sono riversati in massa nelle strade delle principali città del Paese. L’indignazione che ha portato la popolazione a scendere in piazza nel mezzo di una pandemia, che in Colombia miete 500 vittime al giorno, ha prevalso sulla paura del contagio da coronavirus.
Il Paese sta attraversando una profonda crisi sanitaria che ha visto il collasso degli ospedali, unità di terapia intensiva sature al 90% e la mancanza di ossigeno nelle strutture, nonché le difficoltà economiche che sono emerse dopo periodi di chiusure e restrizioni, le quali hanno determinato una caduta del 6.8% del PIL e l’aumento del tasso di disoccupazione al 14%. In un contesto di disagio per le classi meno abbienti del Paese, la riforma fiscale proposta da Duque è stato il detonatore che ha fatto esplodere una vera e propria bomba sociale.
A fronte delle proteste della popolazione si è assistito ad una preoccupante, e violenta risposta delle autorità, in particolare da parte dell’ESMAD, il nucleo antisommossa delle forze dell’ordine colombiane, che ha attirato l’attenzione internazionale per la violenza dimostrata nel corso di alcune manifestazioni.
I fenomeni di repressione più gravi si sono verificati a Cali, dove già nei primi giorni di protesta si sono registrate vittime dei proiettili della polizia come denunciato sia dall’Onu che da alcune Ong a tutela dei diritti umani, come Human Rights Watch.
Il 2 maggio, in seguito al perdurare delle manifestazioni, il Presidente Ivan Duque ha ritirato la proposta di riforma tributaria e il Ministro Carrasquilla, che l’aveva elaborata, si è dimesso. Tuttavia, ciò non è bastato a sedare le proteste e l’indignazione della popolazione, che ha continuato a manifestare contro la cattiva gestione dell’emergenza da parte del governo.
Il malcontento popolare è profondo e radicato, era già emerso durante le proteste di novembre 2019, e si è aggravato con la crisi pandemica.
Da tempo, il popolo colombiano richiede il cambiamento del modello economico del Paese e una riforma della polizia, nata nel contesto del conflitto armato interno che ha caratterizzato il Paese per decenni. La popolazione vuole lasciarsi alle spalle la Colombia ferita dalla guerra interna e chiede di instaurare un modello politico nuovo, libero dai traumi del conflitto.
Durante le manifestazioni proseguite per tutto questo mese di maggio 2021 Amnesty International e Temblores ONG attiva dall’inizio ha documentato circa 3405 atti di aggressione tra cui oltre 1445 arresti ingiustificati (la polizia arriva nelle case private e porta via dei giovani da casa con accuse false), oltre 43 omicidi, 22 casi di violenza sessuale, 47 di feriti agli occhi a causa di gas lacrimogeni, 175 casi di sparatorie. Ciononostante il Comitato nazionale dello sciopero della Colombia ha proseguito nell’azione di rivendicazione, convocando altre due nuove giornate di proteste nazionali per il 26 e 28 maggio. E’ stato il presidente dell’organizzazione sindacale Central Unitaria de Trabajadores (Cut), Francisco Maltés, ad annunciarlo nei giorni scorsi e poco prima di partecipare al terzo incontro di dialogo con il governo per superare l’ondata di proteste che si registra nel Paese da settimane.
“La prossima settimana, e da oggi, lo sciopero continuerà. E faremo grandi manifestazioni il 26 e 28 maggio, quando sarà il primo mese di mobilitazioni in Colombia”, aveva detto Maltés, citato da radio Caracol. Il dirigente sindacale il 20 maggio scorso aveva anche sottolineato che “il Comitato nazionale per lo sciopero si presenta con il massimo entusiasmo, e ci auguriamo che il governo permetta di raggiungere un accordo sulle garanzie per l’esercizio della protesta, così da poter avviare la negoziazione” sulle richieste dei manifestanti.
Per quanto riguarda le garanzie sulle proteste, i leader dei manifestanti chiedono all’Esecutivo di consentire una visita in Colombia della Commissione interamericana per i diritti umani, “in modo che in tutte le parti del Paese, questa commissione possa verificare le gravi violazioni dei diritti umani di alcuni membri della forza pubblica”.
E purtroppo un’agenzia dell’Ansa rilanciando le notizie che giungono dall’emittente Radio Caracol riportava ancora nel pomeriggio di ieri, 29 maggio, che almeno dieci persone sono morte durante le due giornate di protesta nella città colombiana di Cali, capoluogo del dipartimento del Valle del Cauca.
Per la Colombia si stanno mobilitando diversi attori politici e istituzionali, con i facilitatori della Chiesa cattolica e delle Nazioni Unite nei dialoghi tra il Governo e il Comitato nazionale dello sciopero, per proporre possibili soluzioni alla crisi sociale del Paese.
Le istituzioni per i diritti umani e le Ong sottolineano, tra l’altro, l’urgenza di istituire una commissione parlamentare di inchiesta sull’omicidio del cooperante italiano Onu, Mario Paciolla, chiesto da molte voci della società civile italiana, come Comunità Giovanni XXIII, Osservatorio Selvas, Cipsi e Focsiv.
Infine, circa 20 parlamentari italiani hanno trasmesso nei giorni scorsi una lettera al Presidente Duque e di ciò hanno informato anche l’ambasciatrice colombiana in Italia per manifestare le loro serie preoccupazioni in merito alla situazione del paese. Secondo le segnalazioni dei cittadini colombiani residenti in Italia, di Amnesty International, di alcune ONG e di Rappresentanti dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, ci si troverebbe di fronte a reiterati episodi di repressione delle proteste con la forza, militarizzazione delle città. I parlamentari italiani condividono le parole del portavoce europea Peter Sanos e dell’Unione Europea che già il 4 maggio scorso esprimeva forte condanna verso la violenza e gli abusi di forza pubblica contrari al diritto di manifestare riconosciuto e tutelato anche dall’art 37 della Costituzione Colombiana.
L’Italia non può rimanere in silenzio e ha il dovere morale e civile di continuare a richiedere di riprendere il dialogo e il processo di pacificazione del Paese. È tempo di riportare la vera politica nelle relazioni internazionali di prendere una posizione chiara su quanto sta accadendo in Colombia. Il Parlamento si può far sentire con maggior incisività, chiedendo anche la sospensione dell’esame del Trattato di libero commercio tra Ue e Colombia. E il Governo come chiedono in molti si impegni, in dialogo con le organizzazioni sociali colombiane, per un concreto monitoraggio internazionale sul compimento degli Accordi di Pace siglati nel 2016, in particolare su riforma rurale integrale e diritto alla terra, sostituzione delle coltivazioni illecite e messa al bando delle fumigazioni.
Condividendo pertanto le preoccupazioni espresse dai cittadini colombiani residenti in Italia e tenuto conto della sensibilità che da sempre il nostro Comune ha verso la salvaguardia dei diritti umani, raccogliendo altresì l’auspicio del Sindaco Merola affinché il Governo Colombiano consenta lo svolgimento di manifestazioni pacifiche e sanzioni pubblicamente i comportamenti di violenza e repressione dei diritti umani perpetrati dalla forza pubblica, ritengo urgente presentare un ordine del giorno con il quale ci appelliamo a tutte le istituzioni italiane perché facciano sentire la loro voce presso il Governo colombiano chiedendo di porre fine alla repressione degli scioperi con la violenza e istituire commissioni di inchiesta nazionali sull’uso della forza eccessivo e non necessario contro i manifestanti”.