BOLOGNA – Di seguito l’intervento d’inizio seduta della consigliera Elena Leti (Partito Democratico).
“Decreto Semplificazioni e Codice Appalti
Il decreto legge su semplificazioni e governance per il Piano Italiano di Ripresa e Resilienza contiene delle riforme ritenute fondamentali per la partenza del Recovery.
Al suo interno troviamo delle specifiche che modificano il codice contratti in particolare in materia di appalti pubblici. Il Codice Appalti o codice dei contratti pubblici, è una normativa un testo unico in grado di disciplinare i rapporti tra pubblica amministrazione e le società incaricate a svolgere determinate opere pubbliche. L’appalto è il contratto con il quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro.
Le norme devono garantire il rispetto della trasparenza, della concorrenza e della meritocrazia tra i vari operatori coinvolti. Le questioni sono molto complesse e articolate e gli illeciti in questo settore rappresentano forse uno dei problemi che maggiormente pesano sul nostro Paese. Il fenomeno degli appalti truccati e del coinvolgimento di attività criminali, infatti sono molto diffusi e difficili da combattere. Per questo motivo il Codice Appalti è in continua evoluzione in quanto il legislatore deve trovare delle modalità più efficaci per disciplinare un settore così complesso.
Ovviamente questa complessità si traduce in una burocrazia pedante e farraginosa che allunga e complica la realizzazione di qualsiasi opera.
La questione apparentemente di natura tecnica riguarda tutti gli appalti pubblici e quindi coinvolge molte delle opere che verranno realizzate anche nella nostra città.
All’interno del decreto semplificazioni troviamo delle specifiche sugli appalti pubblici che hanno la finalità di semplificare e alleggerire appunto le procedure. Tali modifiche alle precedenti disposizioni hanno suscitato però molte perplessità sia all’interno del Governo che tra i vari stakeholder del settore.
Provo a spiegare banalizzando la materia, sulle tre le questioni più controverse.
La prima riguarda i criteri di aggiudicazione, ovvero come avviene la selezione della migliore offerta in base al quale la stazione appaltante affida l’esecuzione dei lavori.
L’aggiudicazione può avvenire attraverso due modalità, il massimo ribasso oppure l’offerta più conveniente.
Il massimo ribasso, espressione che si utilizza per indicare quel genere di gara in cui l’unica discriminante per la scelta del fornitore è il prezzo e di solito si sceglie il più basso, sappiamo essere una modalità più veloce ma molto pericolosa. Spesso le proposte economiche troppo basse, non garantiscono le prestazioni minime richieste. Un esempio la presentazione del DURC che è un certificato obbligatorio che tra le sue funzioni certifica la regolarità dal punto di vista contributivo e assistenziale, per capirci Inps e Inail relativamente ai dipendenti che lavorano nell’impresa.
In una gara invece basata sull’offerta economicamente più vantaggiosa si utilizza un mix tra discriminante prezzo e discriminante qualità. Una procedura più lunga ma che garantisce attraverso dei parametri di valutazione una maggiore garanzia rispetto alle imprese che partecipano alla gara d’appalto, maggiore qualità del prodotto finale, quindi della corretta realizzazione dell’opera e la tutela di coloro che lavorano.
La seconda questione, che troviamo all’interno del decreto semplificazione riguarda i subappalti. Ovvero la percentuale che una impresa può subappaltare a delle altre aziende. Il decreto semplificazioni( a differenza della norma attuale inferiore) stabilisce che fino al 31 ottobre 2021 il subappalto non può superare il 50% dell’importo complessivo del contratto di lavoro servizi o fornitura. Dal 1 novembre 2021 viene rimosso ogni limite quantitativo di subappalto. Ovvero tu impresa vinci una gara d’appalto e puoi subappaltare tutto. Tra le giustificazioni di questa scelta viene menzionata la corte Europea che chiede questo. In realtà l’Europa ha richiesto che questo principio venga adottato solo per importi che superano i 5 milioni di Euro , che corrispondono ad una cifra che nel nostro paese riguarda solo un 10% delle intere opere che si realizzano. Il 90% degli appalti riguarda cifre inferiori.
Anche questa scelta è molto pericolosa , tutti conosciamo la stretta relazione che intercorre tra criminalità organizzata e subappalti, e come questi ultimi utilizzano questo meccanismo per ripulire gran parte del denaro che proviene da introiti illeciti.
Personalmente ritengo sia corretto accedere al subappalto, giustificato dall’alto grado di specializzazione e qualifiche richieste per la realizzazione di alcune opere che altrimenti un unica impresa non sarebbe in grado di corrispondere. Ma l’accesso al subappalto deve essere equilibrato e soprattutto sottoposto ad un rigoroso controllo.
Terza questione che troviamo all’interno del decreto semplificazione riguarda l’appalto integrato dove è previsto un unico affidamento per la progettazione e l’esecuzione dell’opera. Anche questa è una scelta comprensibile e si giustifica dal nutrito numero di stazioni appaltanti presenti sul nostro territorio. Questo significa però che le imprese più piccole difficilmente potranno partecipare ed essere competitive.
Chiudo dicendo occorre porre molta attenzione. La semplificazione non può essere alternativa al rigore”.