“Da quasi un mese sono stati sbloccati i licenziamenti dal governo (che va dal PD alla Lega passando dal M5S) e già stiamo assistendo a primi effetti. Questo è un tema centrale che non può essere escluso dalla campagna elettorale in atto. Perché lo sblocco dei licenziamenti avrà un impatto forte sui territori.
Siamo all’inizio e il numero dei licenziamenti è già consistente.
Solo per ricordare qualche caso:
il gruppo speculativo tedesco proprietario della Gianetti Ruote di Ceriano Laghetti che in 72 ore si è liberato di 152 dipendenti;
la Gnk di Campi Bisenzio, che ha licenziato 422 dipendenti, mandati a casa con e-mail o messaggi whatsapp, una modalità che ricorda i rapporti di lavoro ottocenteschi quando si poteva licenziare con un cenno del capo;
c’è poi la Abb, una multinazionale svedese che produce impianti elettronici e che ha annunciato la chiusura della fabbrica nel vicentino, a Marostica, dove 60 persone perderanno il lavoro e la produzione sarà spostata in Bulgaria.
Anche alla Whirlpool di Napoli si licenzia per andare a produrre da un’altra parte (a casa 350 lavoratori).
La raccomandazione di utilizzare gli ammortizzatori sociali in luogo dei licenziamenti, sottoscritta da Cgil-Cisl-Uil con Confindustria – come si immaginava – non è servita a nulla. Ma era chiaro ed evidente, a cosa serve una raccomandazione priva di cogenza?
C’è il timore che queste modalità di licenziamento e le motivazioni (concorrenza con le aziende che hanno delocalizzato, aumento del costo delle materie prime) possano diventare un esempio e che venga seguito da tutte quelle aziende che sono state acquistate da fondi internazionali e che grazie all’eliminazione dei vincoli di legge potrebbero decidere di investire in altri ambiti.
Centinaia sono le vertenze aperte in tutta l’Italia. I dati del MISE ci dicono che sono aperti 99 tavoli di crisi con 55.817 posti di lavoro a rischio.
In questo contesto, è sotto attacco anche il reddito di cittadinanza, che pur non essendo un vero reddito di cittadinanza è comunque una misura che dà un po’ di ossigeno a chi è senza lavoro. Eppure solo il mese scorso andava per la maggiore la narrazione dei poveri imprenditori che non riescono a trovare forza lavoro sottopagata per colpa del reddito di cittadinanza. Questo assegno – seppur presenti molti limiti – per molte persone ha rappresentato un aiuto concreto e fondamentale durante la pandemia.
Durante una commissione ci sono stati forniti i dati rispetto alla nostra regione: Nel 2020, i percettori dell’assegno sono aumentati del 34,5%. A Bologna sono aumentati del 35,7%. Dati che dimostrano che il reddito andrebbe rafforzato, o meglio ancora andrebbe rivisto perché com’è adesso sembra più un sussidio di disoccupazione che un vero reddito di cittadinanza.
L’attacco che stanno subendo le lavoratrici e i lavoratori interessa tutto il territorio nazionale e si inserisce in una politica neoliberista di respiro internazionale, ma come dicevo prima avrà una ricaduta su tutti i territori per cui mi aspetto che ci sia una risposta politica anche a livello locale.
Seguendo il dibattito politico sembra quasi che a Bologna non si voglia riconoscere il problema e invece si tratta di questioni di importanza vitale – che nel prossimo periodo saranno centrali anche nella campagna elettorale per le amministrative”.
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