“Gentili consigliere, gentili consiglieri,
oggi voglio prendere parola anche io, in questa sede, su un caso di cui si sta discutendo da troppo poco, e che dovrebbe riguardare tutti noi come cittadini e cittadine europei, come persone che credono nella democrazia, nella giustizia e nei diritti umani.
Si tratta del caso di Ilaria Salis, nostra connazionale, che è detenuta nel carcere di massima sicurezza di Budapest in Ungheria dall’11 febbraio 2023, quasi un anno, in condizioni degradanti e in violazione dei più basilari diritti di difesa.
Poche immagini per rendere evidente quanto si stia consumando in Ungheria. Come racconta Alice Facchini su ValigiaBlu “la donna è stata rinchiusa per otto giorni in una cella di isolamento del carcere di massima sicurezza di Budapest, con i vestiti sporchi, senza carta igienica, sapone e assorbenti, nonostante avesse il ciclo. Sono passati 35 giorni prima che l’ambasciata le consegnasse un pacco con gli asciugamani. In una lettera che ha fatto arrivare in Italia attraverso i suoi avvocati all’inizio di ottobre, Salis ha scritto di aver vissuto per mesi in “condizioni disumane”, raccontando che nella sua cella c’erano topi, scarafaggi e cimici dei letti, che le avevano provocato una reazione allergica: nonostante ciò, il personale del carcere non le ha fornito né creme né farmaci. Per sei mesi di detenzione preventiva le sono stati impediti i contatti con la famiglia e l’avvocato Eugenio Losco ha spiegato che Salis non ha ‘mai potuto leggere gli atti, che non le sono stati mai tradotti’, e che non ha nemmeno mai visto “le immagini su cui sostanzialmente si fonda l’accusa”. Per non parlare delle immagini delle udienze che hanno fatto il giro del mondo in cui Salis è incatenata mani e piedi tra due poliziotti incappucciati e in tuta mimetica.
L’accusa è di aver partecipato all’aggressione di alcuni militanti neonazisti nel corso di contrapposte manifestazioni nella capitale ungherese che avrebbero provocato lesioni ai militanti con una prognosi di 5-8 giorni di guarigione. Perché una pena così grave?
Intanto vale ricordare che in Ungheria Salis – che si dichiara non colpevole – può essere processata senza che i diretti interessati abbiano mai sporto querela per le lesioni subite.
Ma quanto è più preoccupante in termini di diritto al giusto processo è che pare che Salis sia stata sentita da un giudice in ungherese che le avrebbe proposto due opzioni: dichiararsi colpevole e accettare un patteggiamento per undici anni di carcere, o rischiarne dai sedici ai ventiquattro.
Le pene sono così severe perché vengono considerate due aggravanti: la prima è che il capo di imputazione è “lesioni che potevano pregiudicare la vita”, nonostante la stessa accusa sia appunto per lesioni guarite in pochi giorni. Come segnala Patrizio Gonnella di Antigone pene così alte il codice italiano Rocco di epoca fascista le aveva previste solamente nel caso di lesioni consistenti in malattie inguaribili, perdita di un senso o di un arto. La seconda aggravante è che Salis avrebbe commesso il reato come membro dell’organizzazione Hammerbande, un gruppo tedesco di estrema sinistra che avrebbe pianificato le aggressioni contro i militanti di estrema destra. Legame che non risulta però provato dall’accusa.
Abbiamo quindi un trattamento detentivo e una richiesta di trattamento penale spropositato e apparentemente infondato, che non tiene conto delle circostanze in cui si sono verificati i fatti, della mancanza di prove concrete e della presunzione di innocenza che dovrebbe valere per ogni imputato.
Molto probabilmente siamo di fronte ad una persecuzione politica, che mira a colpire una persona che ha sempre dimostrato il suo impegno civile e sociale, la sua sensibilità verso le ingiustizie e la sua solidarietà verso i più deboli. Ilaria Salis è una insegnante lombarda, docente di scuola elementare, ed è anche un’attivista antifascista.
Non possiamo accettare che il destino di Ilaria Salis sia segnato da un processo ingiusto e da una detenzione inumana, che le negano ogni dignità e ogni speranza. Non possiamo restare indifferenti di fronte alla violazione dei suoi diritti fondamentali, che sono anche i nostri.
Per questo mi unisco all’appello della famiglia, di tantissime cittadine e cittadini, della Senatrice Ilaria Cucchi, perché Ilaria Salis possa rientrare al più presto in Italia ed abbia accesso ad un giusto processo e ad una detenzione dignitosa. Chiedo alle autorità italiane e alle istituzioni europee di intervenire con urgenza e con fermezza per garantire il rispetto delle norme internazionali e dei trattati che regolano la cooperazione giudiziaria e penitenziaria tra gli Stati membri dell’Unione Europea.
Già la nostra Presidente del Consiglio Comunale Maria Caterina Manca, che ringrazio, ha aderito all’appello per un processo equo per Ilaria Salis lanciato dai Presidenti dei Consigli comunali di ventiquattro città italiane tra cui Roma, Milano, Firenze, Genova, Palermo, Torino, Napoli, Venezia.
Quindi chiedo a voi, Consigliere e Consiglieri, alla nostra città tutta di sostenere questa battaglia, di firmare le petizioni per un processo giusto, di mantenere alta l’attenzione sul caso: esprimiamo coralmente la nostra richiesta di giustizia.
Non lasciamo sola Ilaria Salis, facciamole sentire la nostra indignazione, la nostra preoccupazione, la nostra solidarietà. Pretendiamo giustizia e il diritto a un processo equo per Ilaria Salis”.
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