BOLOGNA – Il sindaco Matteo Lepore è intervenuto ieri in Consiglio comunale in ricordo di Marco Biagi nel ventesimo anniversario della sua uccisione.
“Grazie, Presidente. Oggi, dopo alcune giornate nelle quali a livello istituzionale e a livello personale abbiamo ricordato il professor Marco Biagi, ci ritroviamo in questo Consiglio comunale.
Per il ventennale dalla morte, d’intesa con la famiglia si è deciso così di ricordare una delle figure più importanti della storia recente della nostra città.
Come ho avuto modo di dire in diversi interventi che abbiamo svolto sia presso la casa della famiglia Biagi, sia nelle iniziative pubbliche e nei Comuni dell’area metropolitana, questi vent’anni hanno un significato evidente: purtroppo evidente per gli affetti familiari, gli amici, le persone che hanno conosciuto, frequentato e amato il professor Biagi, che in queste giornate ci hanno dimostrato ancora quanto la sua mancanza si faccia sentire.
Voglio ricordare la biciclettata che da vent’anni raccoglie tantissime associazioni, forze dell’ordine, amici dalla stazione fino alla casa in via Valdonica, a partire da quell’orario, le 19.50, fino ad arrivare, in pochi minuti di bicicletta, in quel percorso che era solito portare avanti da solo o con il figlio che in particolare l’altro giorno l’ha voluto ricordare insieme a tantissime persone.
Quindi il ricordo personale, ma anche il ricordo istituzionale, culturale e politico di una città che non deve lasciare indietro nessuna persona. Bologna deve ricordare le persone, non le deve abbandonare. Anzi. Credo che il nostro impegno qui oggi e nel futuro debba essere quello di inserire ciò che è accaduto ad una figura così importante della nostra città all’interno di quel progetto della memoria che vogliamo costruire insieme e portare avanti.
Il Polo della memoria che vogliamo realizzare, che anche in questi giorni sarà al centro di alcune iniziative di approfondimento, rappresenterà per Bologna un luogo dove evidenzieremo il ruolo che la nostra città ha avuto nel corso del Novecento, un secolo molto importante, che dal dopoguerra in avanti ha visto la nostra città ferita in tante occasioni e da quelle ferite noi abbiamo costruito una fortissima identità. La nostra capacità di opporci alla negazione della libertà, di opporci alla distanza fra lo Stato e le comunità locali. In tantissime occasioni tragiche, che purtroppo hanno visto protagonista Bologna e la nostra comunità, abbiamo toccato con mano quanto la lontananza dalla Stato abbia lasciato delle ombre enormi, delle forme di ingiustizia atroci, che sono arrivate fino a negare la vita stessa alle persone. A volte a tante, a volte a singole persone. E io credo, anche nel caso del professor Biagi, noi dobbiamo ricordare quanto allora lo Stato lasciò sola una figura così importante per il dibattito pubblico, il dibattito politico. Un dibattito che sembra lontano anni luce.
Oggi siamo molto occupati, come è giusto che sia, dagli avvenimenti bellici, dal Covid, dell’emergenza sanitaria, abbiamo forse ancora più bisogno rispetto ad allora di un dibattito franco, importante sui temi del lavoro. Non a caso in questo nostro mandato sin dall’inizio abbiamo voluto evidenziare quanto ci sia bisogno di riforme vere, compiute, nel nostro Parlamento e a livello europeo per affermare i diritti dei più deboli, i diritti di chi lavora, per ridurre il lavoro nero, il precariato, il caporalato. Abbiamo dato un nome non a caso ad un accordo che abbiamo sottoscritto con tantissime parti sociali sulla logistica, chiamandolo il “Patto per logistica etica”. Abbiamo scelto questa definizione perché ci immaginiamo che sia importante riprendere una seria discussione su questo fronte, e crediamo che il lato giusto della discussione, il punto di vista di Bologna debba essere quello dei più deboli, delle persone che nel mercato del lavoro si sentono più toccate e indifese, e soprattutto non riescono a comprendere come il mercato del lavoro oggi funzioni, come il lavoro, che per molte generazioni è stato sinonimo di speranza e di aspettativa, oggi invece per tanti sia invece una paura, una costrizione, sia considerata una cosa che non è conosciuta e non si sa nemmeno dove cercare.
Il professor Biagi allora ebbe per molti oggi – allora pochi – il merito di approfondire questa questione con grande coraggio, entrando dentro questa materia, cercando di capire quali potevano essere le soluzioni. Per la mia generazione un insegnamento fra tutti, fin da quando siamo entrati a scuola ci è stato trasferito: “non avremo mai un lavoro stabile”. Sembrava quasi un comandamento. Tutti i docenti e i professori che ho incontrato, a scuola e poi all’università mi hanno detto “il tuo bagaglio formativo sarà fondamentale per trovare la tua strada”. È chiaro che questa frase non è necessariamente uno stimolo ad essere persone migliori, a investire sulla propria formazione. A volte per molti è sembrata una condanna. “Non avrai la stessa fortuna e la stessa sorte dei tuoi genitori e di chi è venuto prima di te”.
Io credo che alle nuove generazioni noi non dobbiamo semplicemente dare una pacca sulla spalla, non dobbiamo noi, soprattutto nelle istituzioni, nelle accademie, chi studia il mercato del lavoro e il diritto non deve fornire semplicemente una raccomandazione, ma deve fornire delle riforme vere, compiute, che siano in grado di mettere insieme le opportunità, la formazione ma in particolare anche la protezione, quella sicurezza che serve a districarsi nel futuro. Certo, si possono avere ricette differenti. Il bello della democrazia è che si discute, che si dibatte. Oggi io avverto una grande mancanza di dibattito pubblico attorno a questi temi. Allora si discuteva in modo anche molto duro, conflittuale e purtroppo si arrivò a un atto violento, politico che ha visto il terrorismo di nuovo fare fuoco nella nostra città.
Io credo che noi vent’anni dopo dobbiamo riconoscere al professor Biagi di aver svolto un ruolo importante per la nostra comunità, per il nostro Paese, di avere messo a disposizione il suo coraggio, la sua capacità intellettuale, i suoi studi comparativi, la sua voglia di affrontare temi scomodi a servizio delle istituzioni. Ora come allora abbiamo bisogno di figure che affianchino la politica e che permettano alla politica di prendere buone decisioni. Ma credo che ora come allora abbiamo bisogno soprattutto di una politica coraggiosa, che non si nasconda dietro ad alcune figure assumendosi delle responsabilità. E a volte purtroppo il dibattito si accende e arriva in zone buie, quando la politica e le istituzioni si fanno da parte e lasciano sole le persone, le persone che invece portano avanti delle idee. Ecco, le idee contano, contano le persone, contano le donne e contano gli uomini. Contano così tanto che noi le dobbiamo proteggere.
La libertà accademica, la libertà intellettuale e culturale è fondamentale, di più ancora in una città che è fondata sull’università e sui principi di libertà e di diritti umani. Negare la vita per le idee è uno dei delitti più atroci che si possa commettere. Farlo nella nostra città poteva chiudere per sempre una stagione. Invece noi la vogliamo tenere aperta quella stagione, tenere aperta la stagione delle riforme, delle idee e la voglia di cambiare in meglio le condizioni di vita delle persone, in una terra come l’Emilia-Romagna dove siamo stati in grado, attraverso buone relazioni industriali, buone relazioni sindacali, buona capacità di costruire accordi, di fare un salto in avanti nella frontiera dei diritti e delle opportunità.
Ecco perché io penso che dentro il nostro progetto per la memoria, di cosa è Bologna e dove vuole andare nel futuro, la figura di Marco Biagi sia importante, sia importante perché è una figura che nelle nostre città, nei nostri Comuni sta dando nome a strade e a piazze. Abbiamo inaugurato a Casalecchio, proprio alcuni giorni, fa una piazza accanto alla Casa della conoscenza. Credo sia stata una scelta molto importante, prima ancora dei cittadini e delle persone che l’hanno proposta e poi dell’Amministrazione comunale di Casalecchio, che voglio ringraziare, perché ci sono differenze fra i luoghi e fra le comunità. A Bologna, in Emilia-Romagna, quando parliamo di rigenerazione urbana, per primi noi Sindaci ci immaginiamo di realizzare una biblioteca, prima ancora che una speculazione edilizia, e accanto a queste biblioteche, prima di altro noi ci immaginiamo piazze da intitolare, e scegliamo di intitolare e dedicare queste piazze alle figure che di più possono dare forza alla nostra identità democratica.
Questa è la storia e il grande insegnamento che noi abbiamo ricevuto dal dopoguerra in avanti. Fra queste persone, in questo Consiglio comunale più volte abbiamo ricordato con parole importanti anche e soprattutto il professor Biagi nei nostri Consigli solenni. Ora i Consigli solenni hanno lasciato spazio invece all’intitolazione di piazze, di strade e mi auguro che ancora questo possa avvenire negli anni a venire. Credo sia un desiderio di chi voglia ricordare una persona, ma credo debba essere innanzitutto un desiderio delle nostre istituzioni, così leali e fedeli alla nostra Costituzione, alla nostra democrazia e al rispetto di una memoria che ci appartiene”.