Bologna

Il Consiglio comunale di Bologna ricorda le vittime della strage di Nizza e del disastro ferroviario di Andria

BOLOGNA – In apertura della seduta odierna, il Consiglio comunale di Bologna ha ricordato le vittime della strage di Nizza e del disastro ferroviario di Andria (Bari). Dopo gli interventi di commemorazione, da parte della presidente Luisa Guidone e del vicepresidente Marco Piazza, l’aula ha osservato un minuto di silenzio.

Intervento della Presidente del Consiglio comunale di Bologna, Luisa Guidone, in ricordo delle vittime della strage di Nizza (14 luglio 2016)

“Signor Sindaco, componenti della giunta, colleghe consigliere, colleghi consiglieri, cittadine e cittadini, in apertura della seduta odierna di questo Consiglio comunale rivolgiamo la nostra attenzione ai civili inermi che nell’ultima settimana sono stati vittime di episodi di violenza stragista in Francia e di tragici incidenti nel nostro paese.

La strage del 14 luglio avvenuta a Nizza, rivendicata dall’Isis, non è un episodio isolato, bensì si inserisce in un contesto di numerosi avvenimenti europei e mondiali, come quello di Dacca, nei quali hanno perduto la vita anche numerosi cittadini italiani.

Ciò che succede Oltralpe non può essere ignorato nel nostro Paese, e non solo perché sarebbe sbagliato in ogni caso porgere lo sguardo altrove, ma anche perché, se è vero che i contesti economici sociali e culturali presentano delle diversità, è altrettanto vero che questo non ci pone affatto in una posizione di sicurezza acquisita: nel momento in cui uomini e donne che vivono nella nostra Europa da molto tempo, che hanno frequentato le nostre scuole, genitori di bambini amici dei nostri figli, inseriti nel mondo del lavoro e nel contesto sociale delle nostre città, sentono il richiamo delle sirene dell’estremismo religioso stragista, è doveroso porsi delle domande e chiedersi se la questione è relegabile ad una politica securitaria da affrontare con gli strumenti che le sono propri, oppure se, arrivati a quel punto non è ormai troppo tardi, quegli strumenti risultano ormai insufficienti e se, quindi, la sfida europea e globale difronte alla quale siamo posti non debba essere affrontata anche attraverso l’elaborazione di ben altro tipo di risposte, che arrivano anche da luoghi come questo.

Il terrorista autore della strage di Nizza è stato definito da esperti ‘mente debole dal narcisismo esagerato’ con alle spalle una vita di fallimenti e di violenza: un uomo che avrebbe subito un processo di islamizzazione finalizzato interiormente a coprire insuccessi e frustrazioni. Questa ricostruzione psicologica non deve distogliere l’attenzione dal fenomeno facendolo apparire come isolato, ma, al contrario può fornire un utile spunto per comprende la fenomenologia di una militanza terroristica.

Ci sarebbe dunque da una parte un tema globale geopolitico che fa della religione allo stesso tempo una bandiera ed una spada sempre pronta alla battaglia, ma sussisterebbe altresì un tema di isolamento culturale, di solitudine interiore, di distanza valoriale e di esclusione sociale che riguarda cittadini europei e che espone le menti più fragili al richiamo di un fanatismo che fa comunità ed offre riscatto sociale e ragioni ideologiche a copertura di esplosioni concordate di rabbia repressa.

Tanto passa attraverso le condizioni economiche, ma altrettanto passa attraverso il controllo sociale, l’equità sociale ed il senso di comunità che è fatto di acquisizione di diritti ma, in egual misura, di assunzione di doveri: il senso del dovere verso se stessi, la propria famiglia e l’intera società pone immediatamente le persone in un ruolo di responsabilità e dunque le inserisce a pieno titolo negli ingranaggi della società: un processo di integrazione prima di tutto valoriale basato sul rispetto, quindi, di valori universali che consentono di superare qualsiasi forma di esclusione.

In uno stato laico occidentale la sfida ultima è quella di trasmettere ai propri cittadini gli strumenti per differenziare la religione dal fanatismo religioso e dunque l’islam dall’islamismo come ideologia fanatica capace di penetrare nel profondo delle menti delle persone con rapidità impressionante.

Questi fronti sono aperti, ed oggi ci ritroviamo, per l’ennesima volta a stringerci intorno alla morte di chi si trovava, senza alcuna responsabilità, su un lungo mare, come in Italia ce ne sono tanti, in un giorno di festa”.

Intervento del Vice Presidente del Consiglio comunale Marco Piazza, in ricordo delle vittime della strage ferroviaria di Andria (12 luglio 2016)

“Alle ore 11.06 di martedì 12 luglio due treni che procedevano in direzione opposta sulla linea che collega i paesi di Corato e Andria si sono scontrati.

Si tratta di uno degli incidenti ferroviari più gravi avvenuti in Italia con il drammatico bilancio di 23 morti e 50 feriti. Rapidi i soccorsi prestati dai Vigili del Fuoco che hanno agito con la grande umanità e professionalità che caratterizza il loro corpo.

Davanti a queste stragi ci sentiamo deboli e indifesi. Un treno, un mezzo che tutti noi utilizziamo per i motivi più vari: lavoro, turismo, studio. Avremmo potuto esserci tutti su quel treno. Siamo portati a cercare una ragione, che possa spiegare il dolore e lo sconcerto pur sapendo che nessuna motivazione potrà colmare lo sgomento. In questo caso non si tratta di un attentato, non un progetto criminoso. Non c’è quell’odio di qualcuno verso altri esseri umani che ultimamente stanno insanguinando il nostro pianeta con tragedie assurde.

No, in questo caso queste motivazioni non ci sono. E allora perché è successo?

La mente torna all’incidente del 2005 a Crevalcore, qui vicino a Bologna. Anche in quel caso un binario unico, anche in quel caso uno scontro tra treni. Allora i morti furono 17 e 80 i feriti, le responsabilità accertate erano bilanciate tra errore umano e problema tecnico. La messa in sicurezza di quel tratto ferroviario fu accelerata e terminò nel 2008, solo dopo aver pagato un ingente tributo di sangue. Solo troppo tardi.

I magistrati sono al lavoro per accertare le cause della strage di Andria e alcuni avvisi di garanzia sono già stati inviati. Restiamo in attesa di conoscere le vere responsabilità che saranno quasi certamente un concorso di più elementi ma potrebbero essere solo l’ultimo anello di una catena di errori, la possibile conseguenza di un quadro più ampio che si sta delineando, in cui i responsabili sono a monte dei capo treno e degli operatori ferroviari. È già emerso infatti che quella è l’unica tratta ferroviaria a binario unico in Italia a essere ancora totalmente priva di controlli di sicurezza automatizzati. Operava in virtù di una deroga. È emerso che erano pronti i fondi europei per il raddoppio della linea, ma i tempi si erano dilatati oltre ogni previsione, come purtroppo troppo spesso avviene nel nostro paese.

Sulle reali cause del disastro di Andria in senso ampio, i tecnici e la politica avranno il dovere di ragionare, prendere decisioni nette e rendere conto a tutti noi che restiamo senza parole.

Quello che però già sappiamo ma che ci viene fortemente ricordato anche nel nostro essere amministratori, è che dal punto di vista della sicurezza nessuna infrastruttura può essere di serie B. Nessun risparmio può giustificare compromessi o potenziali falle di sicurezza, soprattutto quando è in gioco la vita delle persone che si affidano ad un mezzo pubblico. L’errore umano oggi può e deve essere ridotto al minimo. Tanto più in questo caso in cui si parla di un treno, mezzo più che mai attuale e strategico per un futuro sostenibile, e che qui in Italia ha quasi 180 anni di storia, progressi ed evoluzioni tecnologiche. Che rende davvero molto difficile parlare di fatalità. Lo ha detto chiaro il vescovo di Andria monsignor Luigi Mansi durante i funerali a cui hanno partecipato 5000 persone: ‘le nostre coscienze sono state addormentate da prassi che ci sembrano normali, ma non lo sono: quelle prassi dell’economia in cui non si pensa alla vita delle persone ma alla convenienza e all’interesse, ai calcoli ottusi e senza scrupoli e con piccole e grandi inadempienze del proprio dovere’.

Raffale Cantone, presidente dell’anticorruzione, fa un’altra considerazione importantissima che chiama in causa ancora una volta tutti gli amministratori della cosa pubblica. Dice Cantone: ‘L’incidente di Andria è certamente anche conseguenza di un problema atavico del nostro Paese, che è la difficoltà di fare le infrastrutture, malgrado gli sforzi messi in campo. Ed una delle ragioni di questa difficoltà è certamente da individuare nella corruzione’.

La sicurezza è importantissima quindi, ma lo è altrettanto la legalità. La tragedia di Andria deve spronarci tutti quanti a ribadire con forza il rifiuto e la massima vigilanza nei confronti di ogni forma di corruzione e distorsione dei lavori pubblici.

Con questo proposito oggi come Consiglio comunale vogliamo testimoniare la nostra vicinanza alle vittime. A quelle che non ci sono più, alle famiglie che restano distrutte e ai feriti che nessun risarcimento

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Pubblicato da
Roberto Di Biase

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