RAVENNA – Sono sempre di più i negozi e i pubblici esercizi costretti a limitare servizi e orari, o addirittura a chiudere a causa della diffusione del Covid che colpisce titolari e dipendenti: una rapida indagine di Confesercenti fra gli operatori conferma che il fenomeno si sta diffondendo rapidamente e che sarà prevedibilmente in crescita nelle prossime settimane. Tutto ciò provoca alle imprese l’ennesimo danno che – chiede Confesercenti – in qualche modo andrà ristorato.
“Già oggi – dice Monica Ciarapica, presidente provinciale di Confesercenti Ravenna – possiamo stimare un 10% di attività temporaneamente chiuse e un altro 30% in affanno”.
La chiusura riguarda soprattutto le piccole e piccolissime attività a conduzione famigliare, senza o con pochissimi dipendenti: in questo caso, basta che sia colpito il titolare e l’attività si ferma. Ma neppure le aziende con diversi dipendenti sono al riparo dalle difficoltà: meno personale significa dover riorganizzare e aumentare i turni dei lavoratori che rimangono in servizio, ridurre gli orari di apertura, essere costretti a garantire meno servizi alla clientela; succede anche che a essere infettati siano contemporaneamente il titolare e i dipendenti: in questo caso, il blocco è inevitabile.
“Non dimentichiamoci – osserva Ciarapica – che non tutte le competenze sono facilmente sostituibili: un cameriere, un pizzaiolo, un addetto di un laboratorio di macelleria, un commesso di un negozio di abbigliamento non si possono improvvisare e il titolare non può seguire tutto”.
“Purtroppo – continua Monica Ciarapica -, con la pandemia in rapido avanzamento è facile prevedere che questi numeri nelle prossime settimane si aggraveranno. Su questo tutti gli specialisti sono concordi: la riapertura delle scuole e la riprese piena delle attività e degli spostamenti dopo la pausa natalizia moltiplicheranno i casi. Il governo non ha varato nessun provvedimento di chiusura, ma una parte del commercio rischia un lockdown di fatto, e non si tratta di pochi giorni: date le note difficoltà legate ai tamponi, la chiusura può andare dai 7/10 giorni ai 20, con una perdita per le imprese non indifferente”.
Mentre i dipendenti che non lavorano hanno la normale “copertura malattia” garantita dall’Inps, il titolare che deve bloccare o ridurre l’attività non ha alcuna garanzia dal punto di vista economico.
“A tutti i danni provocati da quasi due anni di pandemia – conclude Ciarapica – si aggiunge anche questo: non è dovuto ad alcun provvedimento formale di chiusura, ma deve essere in qualche modo preso in considerazione. Per questo proponiamo l’immediata istituzione di una ‘indennità di chiusura o di ridotta attività’ basata sulle certificazioni di positività rilasciate in questi casi”.
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